Attenzione:
la poesia che segue è da maneggiare con prudenza. È dinamite, è
nitroglicerina, ma soprattutto è anfetamina intrisa di sperma.
Allen
Ginsberg è probabilmente stato al ventesimo secolo ciò che Walt
Whitman era stato all'800. In un secolo gli Stati Uniti erano
cambiati profondamente. Non c'era più spazio per un cantore della
vita e della Libertà con la L maiuscola. Largo a un altro genio,
molto più preoccupato dallo scavare nei putridi meandri di
un'America in piena dissoluzione che nell'intonare inni alla Natura.
Sono
gli anni '50. Bombe atomiche sono esplose su Hiroshima e Nagasaki. Da
un momento all'altro un mondo diviso in blocchi sembra poter annegare
in una terza guerra mondiale. Per la prima volta l'olocausto generale
è possibile.
Miles
Davis, Charlie Parker, John Coltrane sono gli idoli della beat
generation, come i Beatles e Bob
Dylan lo saranno di quella degli hippies. Jack Kerouac ha già scritto Sulla
strada, che sarà pubblicato
solo nel '57, ma che chi gli sta vicino ha già letto.
Quando, un anno prima, Ginsberg pubblica la sua poesia più famosa, Howl, Urlo, probabilmente immagina che correrà qualche guaio. E infatti i guai arrivano. Il 25 marzo del '57 la dogana confisca 520 copie che arrivano negli Stati Uniti da una casa editrice di Londra. Lawrence Ferlinghetti è arrestato per aver pubblicato il libro. Alla fine Ferlinghetti e altri coimputati verranno dichiarati innocenti, grazie a numerose testimonianze di letterati che considerano la poesia un capolavoro.
Quando, un anno prima, Ginsberg pubblica la sua poesia più famosa, Howl, Urlo, probabilmente immagina che correrà qualche guaio. E infatti i guai arrivano. Il 25 marzo del '57 la dogana confisca 520 copie che arrivano negli Stati Uniti da una casa editrice di Londra. Lawrence Ferlinghetti è arrestato per aver pubblicato il libro. Alla fine Ferlinghetti e altri coimputati verranno dichiarati innocenti, grazie a numerose testimonianze di letterati che considerano la poesia un capolavoro.
Quando, ancora adolescente,
mi sono ritrovato a leggere quel testo rabbioso, denso, osceno,
criptico e magicamente spirituale, io
di tutto questo non ne sapevo nulla. Ma ho avuto immediatamente l'impressione di scoprire
l'esistenza di orizzonti insperati.
Diciamo la verità, di questa strana poesia non capivo granché; ma il ritmo, le parole e le immagini mi travolgevano come un fiume in piena, dando ai miei brufoli di acne la speranza di potersi annegare in qualche caldo e misterioso oceano al di là delle montagne.
Diciamo la verità, di questa strana poesia non capivo granché; ma il ritmo, le parole e le immagini mi travolgevano come un fiume in piena, dando ai miei brufoli di acne la speranza di potersi annegare in qualche caldo e misterioso oceano al di là delle montagne.
Ancora
oggi, rileggendo Howl,
sono sbigottito dalla veemenza e dalla musicalità del testo. Questa
poesia è ormai considerata come uno dei capolavori assoluti della
letteratura nordamericana, ma non c'è niente da fare, conserva tutta
la sua dirompente intrattabilità.
Non
so cos'altro dire. Amo questa poesia in modo viscerale, anche perché
mi pare impossibile amarla altrimenti. Se non l'hai mai letta, ti
consiglio di buttartici dentro e di lasciarti andare, di lasciarti
portare via anche se non capisci, ché tanto potrai sempre rileggerla
con calma più tardi. Se in casa hai Kind
of blue di Miles Davis, mettilo come
fondo sonoro. È stato registrato due anni dopo la pubblicazione di
Howl, è figlio della
stessa America.
Howl è diviso in tre parti. Io qui pubblico solo la prima, tanto
per darti voglia di andarti a cercare le altre due. Ho preso un paio
di traduzioni su internet e le ho rimodellate a mio piacimento là
dove mi sembravano approssimative. Ovviamente a fondo pagina metto il
testo originale.
Un consiglio: leggi Ginsberg a voce alta, funziona meglio.
Un consiglio: leggi Ginsberg a voce alta, funziona meglio.
URLO
Ho visto le migliori menti della mia generazione
distrutte dalla follia, affamate isteriche nude,
trascinarsi nei quartieri negri all'alba in cerca di
droga rabbiosa,
alternativi dalle teste d'angelo brucianti per l'antica celeste connessione con la dinamo stellata nel meccanismo della notte,
alternativi dalle teste d'angelo brucianti per l'antica celeste connessione con la dinamo stellata nel meccanismo della notte,
che in povertà e stracci e occhi vuoti sedevano fumando
nell'oscurità soprannaturale di soffitte con acqua fredda
galleggianti tra le cime delle città contemplando il jazz,
che si denudavano i cervelli al Cielo sotto l'Elevated e
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti
condominiali,
che attraversavano università con freddi occhi
splendenti allucinando l'Arkansas e la tragedia Blakiana fra gli
studiosi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie per pazzia &
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del teschio,
che si annidavano in mutande dentro stanze non sbarbate,
bruciando i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando il Terrore
attraverso il muro,
che venivano perquisiti nelle loro barbe pubiche
tornando da Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano
trementina nella Paradise Alley, morte, o notte dopo notte si
purgatorizzavano i busti
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti, alcol
e cazzo e palle infinite,
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e fulmine
nella mente scagliata verso i poli di Canada & Paterson, che
illumina tutto il mondo immobile del Tempo in mezzo,
solidità al Peyote di saloni, albe cimiteriali di
alberi verdi da retro cortile, ubriachezza di vino sui tetti, borghi
commerciali di giretto da fumati, semaforo lampeggiante al neon,
vibrazioni di sole e luna e alberi nelle ruggenti foschie invernali
di Brooklyn, urla fra pattumiere e luce mentale di re gentile,
che si incatenavano a metropolitane per l'interminabile
corsa da Battery al santo Bronx sotto simpamina finché il rumore di
ruote e bambini li faceva scendere tremanti con la bocca convulsa e
abbattuti il cervello inaridito svuotati di splendore nella
sconfortante luce di Zoo,
che annegavano tutta la notte nella luce sottomarina di
Blickford's emergevano e sedevano per un pomeriggio di birra
svaporata in un desolato Fugazzi's, ascoltando il frastuono d'inferno
dal jukebox a idrogeno,
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte di Brooklin,
battaglione disperso di conversazionalisti platonici che
saltavano fuori da scalinate di uscite di sicurezza da davanzali
dall'Empire State dalla luna,
farfugliando strillando vomitando sussurrando fatti e
ricordi e aneddoti e pugni nell'occhio e traumi di ospedali e carceri
e guerre,
interi intelletti rigurgitati in un richiamo totale per
sette giorni e notti con occhi brillanti, carne per la Sinagoga
buttata sul pavimento,
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una
scia di ambigue cartoline del municipio di Atlantic City,
soffrendo calori orientali e scricchiolamenti di ossa
tangerini e emicranie cinesi durante astinenze da droga in una
squallida stanza mobiliata di Newark,
che giravano e giravano a mezzanotte nello spiazzo della
ferrovia domandandosi dove andare, e andavano, senza lasciare cuori
spezzati,
che accendevano sigarette in carri merci carri merci
carri merci arrancanti nella neve verso fattorie solitarie in notti
da nonno,
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce
telepatia e cabala bebop perche il cosmo vibrava istintivamente ai
loro piedi in Kansas,
che si aggiravano solitari per le strade dell'Idaho
cercando angeli indiani visionari che fossero angeli indiani
visionari,
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora
risplendeva in estasi soprannaturale,
che saltavano in limousine con il cinese dell'Oklahoma
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino a mezzanotte,
che si aggiravano affamati e soli per Houston cercando
jazz o sesso o minestra, e seguivano il brillante spagnolo per
chiacchierare di America e di Eternità, un'impresa disperata, e così
si imbarcavano per l'Africa,
che scomparivano nei vulcani del Messico lasciandosi
dietro nient'altro che l'ombra dei jeans e la lava e cenere di
poesia sparpagliata nel caminetto Chicago,
che riapparivano sulla West Coast investigando sull'FBI
in barbe e pantaloncini e grandi occhi pacifisti sexy nella loro
pelle scura distribuendo volantini incomprensibili,
che si bucavano le braccia con le sigarette per
protestare contro la nebbia di tabacco narcotico del Capitalismo,
che distribuivano volantini Supercomunisti a Union Square
piangendo e spogliandosi mentre le sirene di Los Alamos li zittivano
col loro grido, e zittivano Wall, e anche il ferry di Staten Island
gridava,
che crollavano piangendo in palestre bianche nudi e
tremanti di fronte al meccanismo di altri scheletri,
che mordevano poliziotti sul collo e gridavano di gioia
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione,
che urlavano in ginocchio nella metropolitana e venivano
trascinati via dal tetto agitando genitali e manoscritti,
che si lasciavano inculare da motociclisti santi, e
gridavano dalla gioia,
che poi scambiavano pompini con quei serafini umani, i
marinai, carezze di amore atlantico e caraibico,
che scopavano la mattina la sera in roseti e nell'erba
di parchi pubblici e cimiteri spargendo il loro seme liberamente per
chiunque volesse venire,
che avevano interminabili singhiozzi provando a
ridacchiare ma finivano col gemere dietro un separè di un bagno
turco quando l'angelo biondo e nudo veniva a infilzarli con la spada,
che perdevano i loro giovani amanti per le tre vecchie
streghe del destino la strega guercia del dollaro eterosessuale la
strega guercia che ammicca dall'utero e la strega guercia che non fa
altro che starsene tutto il giorno piantata sul culo a tagliare i
fili d'oro intellettuali del telaio dell'artigiano,
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia
di birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una candela e
cadevano giù dal letto, e continuavano sul pavimento e nel soggiorno
e finivano collassati contro il muro con una visione di figa suprema
perfetta e sperma eludendo l'ultima sborrata di coscienza,
che addolcivano le fighe di un milione di ragazze
tremanti al tramonto, e avevano gli occhi rossi al mattina ma erano
preparati ad addolcire la figa dell'alba, chiappe balenanti nei
fienili e nude al lago,
che andavano a puttane in Colorado in una miriade di
auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi versi, mandrillo e
Adone di Denver — gioia alla memoria delle sue innumerevoli
trombate di ragazze in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, su
sedili traballanti di cinema, su cime di montagne in grotte o con
cameriere ossute in strade familiari sollevando sottane solitarie e
specialmente solipsismi segreti di cessi di stazioni di servizio e
pure in vicoli attorno a casa,
che sfumavano in vasti film sordidi, si spostavano nei
sogni, si svegliavano su un'improvvisa Manhattan, e si tiravano fuori
da sottoscala intossicati di Tokai senza cuore e orrori di sogni di
ferro da Terza Strada e vagavano verso uffici di disoccupazione,
che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di
sangue sulle banchine di neve aspettando che una porta dell'East
River si aprisse su una stanza piena di vapore e oppio,
che creavano grandi drammi suicidi in appartamenti a
picco sull'Hudson sotto il riflettore blu da coprifuoco della
luna e le loro teste saranno incoronate d'alloro nell'oblio,
che mangiavano stufato d'agnello dell'immaginazione o
digerivano granchi sul fondo fangoso dei fiumi di Bowery,
che piangevano alla romanza delle strade con i loro
carrelli pieni di cipolle e cattiva musica,
che sedevano dentro casse respirando nell'oscurità
sotto il ponte, e si alzavano per costruire clavicembali nelle loro
stanze,
che tossivano al sesto piano di Harlem incoronati di
fiamme sotto il cielo tubercoloso circondati da cassette d'arance di
teologia,
che scarabocchiavano tutta la notte in un rock and roll
su sublimi incantesimi che nel mattino giallo erano strofe di
spazzatura,
che cucinavano animali fradici polmoni cuore zampe coda
borsc e tortillas sognando il puro regno vegetale,
che si infilavano sotto camion della carne in cerca di
un uovo,
che lanciavano gli orologi giù dal tetto per esprimere
il proprio voto per un Eternità al di fuori del Tempo, e le sveglie
gli caddevano sulla testa ogni giorno per il decennio successivo,
che si tagliavano i polsi per tre volte di fila senza
successo, rinunciavano ed erano costretti ad aprire negozi di
antiquariato dove credevano di invecchiare e piangevano,
che venivano bruciati vivi nei loro innocenti completi
di flanella su Madison Avenue fra esplosioni di versi plumbei e il
fracasso corazzato dei reggimenti della moda e gli strilli alla
nitroglicerina delle checche della pubblicità e il gas tossico di
sinistri redattori intelligenti, o venivano investiti dai taxi
ubriachi della Realtà Assoluta,
che si buttavano giù dal Ponte di Brooklyn questo è
successo veramente e se ne andavano via ignoti e dimenticati nella
foschia spettrale della zuppa di vicoli e di camion dei pompieri di
Chinatown, nemmeno una birra gratis,
che cantavano dalle finestre disperati, cadevano dal
finestrino della metropolitana, si buttavano nel lurido Passaic,
scavalcavano negri, gridavano per tutta la strada, danzavano su
bicchieri di vino rotti a piedi scalzi frantumavano dischi
fonografici di jazz tedesco dei nostalgici anni '30 europei finivano
il whisky e vomitavano rantolando nel maledetto cesso, gemiti nelle
orecchie e l'esplosione di colossali sirene,
che sfrecciavano sulle autostrade del passato viaggiando
verso la fuoriserie-Golgota l'uno dell'altro verso la solitudine di
prigione verso la veglia o incarnazione jazz di Birmingham,
che guidavano attraverso il Paese settantadue ore per
scoprire se io avevo avuto una visione o tu avevi avuto una visione
o lui aveva avuto una visione per scoprire l'Eternità,
che andavano a Denver, che morivano a Denver, che
tornavano a Denver & aspettavano invano, che vegliavano a Denver
e meditavano da soli a Denver infine se ne andavano per scoprire il
Tempo, e adesso a Denver mancano i suoi eroi,
che cadevano in ginocchio in cattedrali senza speranza
pregando per la salvezza dell'altro e luce e seni, finché l'anima si
illuminava i capelli per un istante,
che si sfondavano il cervello in prigione aspettando
criminali impossibili con teste d'oro e il fascino della realtà nei
cuori che cantavano dolci blues ad Alcatraz,
che si ritiravano in Messico per coltivare un vizio, o
sulle Montagne Rocciose per intenerire Budda o a Tangeri per i
ragazzini o o alla Southern Pacific per la locomotiva nera o a
Harvard o a Narciso o a Woodlawn alle orge o alla tomba,
che esigevano test d'infermità mentale accusando la
radio di ipnotismo e restavano con la loro pazzia e le loro mani e la
giuria incerta,
che al CCNY lanciavano insalata di patate ai
conferenzieri sul Dadaismo e poi si presentavano sui gradini di
granito del manicomio con teste rasate e discorsi arlecchineschi di
suicidio, pretendendo un' immediata lobotomia,
e che ricevevano invece il vuoto solido dell'insulina
metrazolo elettricità idroterapia psicoterapia terapia occupazionale
ping-pong e amnesia,
che per protesta priva di umorismo capovolgevano
simbolicamente un unico tavolo da ping-pong, riposando brevemente in
catatonia,
ritornando anni dopo veramente calvi a parte una
parrucca di sangue, e lacrime e dita, al destino visibile da pazzo
delle corsie delle città manicomio dell'Est,
fetidi corridoi del Pilgrim State, di Rockland e di
Greystone, bisticciando con gli echi dell'anima, ballando il rock and
roll nella solitudine-panca dolmen-impero dell'amore a mezzanotte,
sogno di vita un incubo, corpi mutati in pietra pesanti come la luna,
con mamma finalmente ***, e l'ultimo fantastico libro scaraventato dalla finestra, e l'ultima porta chiusa alle 4 del mattino e l'ultimo telefono sbattuto contro il muro per risposta e l'ultima stanza arredata svuotata fino all'ultimo mobile mentale, una rosa gialla di carta arrotolata su una gruccia di fil di ferro nell'armadio, e persino quella immaginaria, niente altro che uno speranzoso pezzettino di allucinazione
con mamma finalmente ***, e l'ultimo fantastico libro scaraventato dalla finestra, e l'ultima porta chiusa alle 4 del mattino e l'ultimo telefono sbattuto contro il muro per risposta e l'ultima stanza arredata svuotata fino all'ultimo mobile mentale, una rosa gialla di carta arrotolata su una gruccia di fil di ferro nell'armadio, e persino quella immaginaria, niente altro che uno speranzoso pezzettino di allucinazione
ah, Carl, finché non sei al sicuro neanch'io sono al
sicuro, e ora sei proprio nel completo brodo animale del tempo
e chi dunque correva per le strade ghiacciate
ossessionato da un improvviso balenio dell'alchimia dell'uso
dell'ellisse il catalogo il metro e i piani vibranti,
che sognavano e facevano abissi umanizzati in Tempo &
Spazio grazie a immagini giustapposte, e intrappolavano l'arcangelo
dell'anima tra due immagini visive e univano i verbi elementali e
mettevano insieme il nome e l'insorgere della coscienza saltando alla
sensazione di Pater Omnipotens Aeterni Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa
umana e fermarcisi di fronte muti e intelligenti e tremanti di
vergogna, respinti ma confessando l'anima per adeguarsi al ritmo del
pensiero nella sua testa nuda e infinita,
il barbone matto e angelo battuto nel Tempo,
sconosciuto, eppure mettendo giù qui quanto potrebbe rimanere da
dire nel tempo dopo la morte,
e si alzavano reincarnati nei panni spettrali del jazz
all'ombra della tromba d'oro della banda e soffiavano la sofferenza
d'amore della nuda mente dell'America in un grido di sassofono eli
eli lamma lamma sabachtani che faceva tremare le città fino
all'ultima radio
con
il cuore assoluto della poesia della vita macellato dai loro stessi
corpi buono da mangiare per mille anni.
HOWL
I saw the best
minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical
naked,
dragging
themselves through the negro streets at dawn looking for an angry
fix,
angelheaded
hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry
dynamo in the machinery of night,
who poverty and
tatters and hollow-eyed and high sat up smoking in the supernatural
darkness of cold-water flats floating across the tops of cities
contemplating jazz,
who bared their
brains to Heaven under the El and saw Mohammedan angels staggering on
tenement roofs illuminated,
who passed
through universities with radiant cool eyes hallucinating Arkansas
and Blake-light tragedy among the scholars of war,
who were expelled
from the academies for crazy & publishing obscene odes on the
windows of the skull,
who cowered in
unshaven rooms in underwear, burning their money in wastebaskets and
listening to the Terror through the wall,
who got busted in
their pubic beards returning through Laredo with a belt of marijuana
for New York,
who ate fire in
paint hotels or drank turpentine in Paradise Alley, death, or
purgatoried their torsos night after night
with dreams, with
drugs, with waking nightmares, alcohol and cock and endless balls,
incomparable
blind streets of shuddering cloud and lightning in the mind leaping
toward poles of Canada & Paterson, illuminating all the
motionless world of Time between,
Peyote solidities
of halls, backyard green tree cemetery dawns, wine drunkenness over
the rooftops, storefront boroughs of teahead joyride neon blinking
traffic light, sun and moon and tree vibrations in the roaring winter
dusks of Brooklyn, ashcan rantings and kind king light of mind,
who chained
themselves to subways for the endless ride from Battery to holy Bronx
on benzedrine until the noise of wheels and children brought them
down shuddering mouth-wracked and battered bleak of brain all drained
of brilliance in the drear light of Zoo,
who sank all
night in submarine light of Bickford’s floated out and sat through
the stale beer afternoon in desolate Fugazzi’s, listening to the
crack of doom on the hydrogen jukebox,
who talked
continuously seventy hours from park to pad to bar to Bellevue to
museum to the Brooklyn Bridge,
a lost battalion
of platonic conversationalists jumping down the stoops off fire
escapes off windowsills off Empire State out of the moon,
yacketayakking
screaming vomiting whispering facts and memories and anecdotes and
eyeball kicks and shocks of hospitals and jails and wars,
whole intellects
disgorged in total recall for seven days and nights with brilliant
eyes, meat for the Synagogue cast on the pavement,
who vanished into
nowhere Zen New Jersey leaving a trail of ambiguous picture postcards
of Atlantic City Hall,
suffering Eastern
sweats and Tangerian bone-grindings and migraines of China under
junk-withdrawal in Newark’s bleak furnished room,
who wandered
around and around at midnight in the railroad yard wondering where to
go, and went, leaving no broken hearts,
who lit
cigarettes in boxcars boxcars boxcars racketing through snow toward
lonesome farms in grandfather night,
who studied
Plotinus Poe St. John of the Cross telepathy and bop kabbalah because
the cosmos instinctively vibrated at their feet in Kansas,
who loned it
through the streets of Idaho seeking visionary indian angels who were
visionary indian angels,
who thought they
were only mad when Baltimore gleamed in supernatural ecstasy,
who jumped in
limousines with the Chinaman of Oklahoma on the impulse of winter
midnight streetlight smalltown rain,
who lounged
hungry and lonesome through Houston seeking jazz or sex or soup, and
followed the brilliant Spaniard to converse about America and
Eternity, a hopeless task, and so took ship to Africa,
who disappeared
into the volcanoes of Mexico leaving behind nothing but the shadow of
dungarees and the lava and ash of poetry scattered in fireplace
Chicago,
who reappeared on
the West Coast investigating the FBI in beards and shorts with big
pacifist eyes sexy in their dark skin passing out incomprehensible
leaflets,
who burned
cigarette holes in their arms protesting the narcotic tobacco haze of
Capitalism,
who distributed
Supercommunist pamphlets in Union Square weeping and undressing while
the sirens of Los Alamos wailed them down, and wailed down Wall, and
the Staten Island ferry also wailed,
who broke down
crying in white gymnasiums naked and trembling before the machinery
of other skeletons,
who bit
detectives in the neck and shrieked with delight in policecars for
committing no crime but their own wild cooking pederasty and
intoxication,
who howled on
their knees in the subway and were dragged off the roof waving
genitals and manuscripts,
who let
themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and
screamed with joy,
who blew and were
blown by those human seraphim, the sailors, caresses of Atlantic and
Caribbean love,
who balled in the
morning in the evenings in rosegardens and the grass of public parks
and cemeteries scattering their semen freely to whomever come who
may,
who hiccuped
endlessly trying to giggle but wound up with a sob behind a partition
in a Turkish Bath when the blond & naked angel came to pierce
them with a sword,
who lost their
loveboys to the three old shrews of fate the one eyed shrew of the
heterosexual dollar the one eyed shrew that winks out of the womb and
the one eyed shrew that does nothing but sit on her ass and snip the
intellectual golden threads of the craftsman’s loom,
who copulated
ecstatic and insatiate with a bottle of beer a sweetheart a package
of cigarettes a candle and fell off the bed, and continued along the
floor and down the hall and ended fainting on the wall with a vision
of ultimate cunt and come eluding the last gyzym of consciousness,
who sweetened the
snatches of a million girls trembling in the sunset, and were red
eyed in the morning but prepared to sweeten the snatch of the
sunrise, flashing buttocks under barns and naked in the lake,
who went out
whoring through Colorado in myriad stolen night-cars, N.C., secret
hero of these poems, cocksman and Adonis of Denver—joy to the
memory of his innumerable lays of girls in empty lots & diner
backyards, moviehouses’ rickety rows, on mountaintops in caves or
with gaunt waitresses in familiar roadside lonely petticoat
upliftings & especially secret gas-station solipsisms of johns, &
hometown alleys too,
who faded out in
vast sordid movies, were shifted in dreams, woke on a sudden
Manhattan, and picked themselves up out of basements hung-over with
heartless Tokay and horrors of Third Avenue iron dreams &
stumbled to unemployment offices,
who walked all
night with their shoes full of blood on the snowbank docks waiting
for a door in the East River to open to a room full of steam-heat and
opium,
who created great
suicidal dramas on the apartment cliff-banks of the Hudson under the
wartime blur floodlight of the moon & their heads shall be
crowned with laurel in oblivion,
who ate the lamb
stew of the imagination or digested the crab at the muddy bottom of
the rivers of Bowery,
who wept at the
romance of the streets with their pushcarts full of onions and bad
music,
who sat in boxes
breathing in the darkness under the bridge, and rose up to build
harpsichords in their lofts,
who coughed on
the sixth floor of Harlem crowned with flame under the tubercular sky
surrounded by orange crates of theology,
who scribbled all
night rocking and rolling over lofty incantations which in the yellow
morning were stanzas of gibberish,
who cooked rotten
animals lung heart feet tail borsht & tortillas dreaming of the
pure vegetable kingdom,
who plunged
themselves under meat trucks looking for an egg,
who threw their
watches off the roof to cast their ballot for Eternity outside of
Time, & alarm clocks fell on their heads every day for the next
decade,
who cut their
wrists three times successively unsuccessfully, gave up and were
forced to open antique stores where they thought they were growing
old and cried,
who were burned
alive in their innocent flannel suits on Madison Avenue amid blasts
of leaden verse & the tanked-up clatter of the iron regiments of
fashion & the nitroglycerine shrieks of the fairies of
advertising & the mustard gas of sinister intelligent editors, or
were run down by the drunken taxicabs of Absolute Reality,
who jumped off
the Brooklyn Bridge this actually happened and walked away unknown
and forgotten into the ghostly daze of Chinatown soup alleyways &
firetrucks, not even one free beer,
who sang out of
their windows in despair, fell out of the subway window, jumped in
the filthy Passaic, leaped on negroes, cried all over the street,
danced on broken wineglasses barefoot smashed phonograph records of
nostalgic European 1930s German jazz finished the whiskey and threw
up groaning into the bloody toilet, moans in their ears and the blast
of colossal steamwhistles,
who barreled down
the highways of the past journeying to each other’s hotrod-Golgotha
jail-solitude watch or Birmingham jazz incarnation,
who drove
crosscountry seventytwo hours to find out if I had a vision or you
had a vision or he had a vision to find out Eternity,
who journeyed to
Denver, who died in Denver, who came back to Denver & waited in
vain, who watched over Denver & brooded & loned in Denver and
finally went away to find out the Time, & now Denver is lonesome
for her heroes,
who fell on their
knees in hopeless cathedrals praying for each other’s salvation and
light and breasts, until the soul illuminated its hair for a second,
who crashed
through their minds in jail waiting for impossible criminals with
golden heads and the charm of reality in their hearts who sang sweet
blues to Alcatraz,
who retired to
Mexico to cultivate a habit, or Rocky Mount to tender Buddha or
Tangiers to boys or Southern Pacific to the black locomotive or
Harvard to Narcissus to Woodlawn to the daisychain or grave,
who demanded
sanity trials accusing the radio of hypnotism & were left with
their insanity & their hands & a hung jury,
who threw potato
salad at CCNY lecturers on Dadaism and subsequently presented
themselves on the granite steps of the madhouse with shaven heads and
harlequin speech of suicide, demanding instantaneous lobotomy,
and who were
given instead the concrete void of insulin Metrazol electricity
hydrotherapy psychotherapy occupational therapy pingpong &
amnesia,
who in humorless
protest overturned only one symbolic pingpong table, resting briefly
in catatonia,
returning years
later truly bald except for a wig of blood, and tears and fingers, to
the visible madman doom of the wards of the madtowns of the East,
Pilgrim State’s
Rockland’s and Greystone’s foetid halls, bickering with the
echoes of the soul, rocking and rolling in the midnight
solitude-bench dolmen-realms of love, dream of life a nightmare,
bodies turned to stone as heavy as the moon,
with mother
finally ******, and the last fantastic book flung out of the tenement
window, and the last door closed at 4 A.M. and the last telephone
slammed at the wall in reply and the last furnished room emptied down
to the last piece of mental furniture, a yellow paper rose twisted on
a wire hanger in the closet, and even that imaginary, nothing but a
hopeful little bit of hallucination—
ah, Carl, while
you are not safe I am not safe, and now you’re really in the total
animal soup of time—
and who therefore
ran through the icy streets obsessed with a sudden flash of the
alchemy of the use of the ellipsis catalogue a variable measure and
the vibrating plane,
who dreamt and
made incarnate gaps in Time & Space through images juxtaposed,
and trapped the archangel of the soul between 2 visual images and
joined the elemental verbs and set the noun and dash of consciousness
together jumping with sensation of Pater Omnipotens Aeterna Deus
to recreate the
syntax and measure of poor human prose and stand before you
speechless and intelligent and shaking with shame, rejected yet
confessing out the soul to conform to the rhythm of thought in his
naked and endless head,
the madman bum
and angel beat in Time, unknown, yet putting down here what might be
left to say in time come after death,
and rose
reincarnate in the ghostly clothes of jazz in the goldhorn shadow of
the band and blew the suffering of America’s naked mind for love
into an eli eli lamma lamma sabacthani saxophone cry that shivered
the cities down to the last radio
with
the absolute heart of the poem of life butchered out of their own
bodies good to eat a thousand years.