sabato 25 ottobre 2014

Del verbo pensare

Carlo Sibilia, deputato


Uno va su internet e quasi automaticamente si trova davanti all'ultima scemenza scritta o detta da un parlamentare del gruppo M5s.
L'ultimo Carneade ad essersi assicurato il suo quarto d'ora di celebrità grazie a un'ignominia è tale Carlo Sibilia, di Avellino, che ha scritto che la "restituzione" da parte del suo partito di un milione e mezzo di euro allo Stato, ha rappresentato l'elemento più rivoluzionario dagli omicidi di Falcone e Borsellino.
Ovviamente subissato da una marea di "sce-mo, sce-mo, sce-mo!", il Deputato, benché molto poco onorevole, Sibilia, si è affrettato a precisare che non era sua intenzione dire ciò che aveva scritto, non era sua intenzione mancare di rispetto alla memoria dei due capi dell'Antimafia, nonché a chiedere ai suoi lettori di non volergliene per ciò che aveva scritto. In altri termini, la solita cantilena del non volevo, mi scuso, sono stato frainteso.
Ovviamente il per nulla onorevole Sibilia non si rende assolutamente conto di quanto possa essere imbarazzante per un cittadino sapere che sugli scranni del Parlamento siedono persone incapaci di mettere per iscritto ciò che pensano (ammesso e non concesso che di questo si tratti nel caso specifico). Sono grosso modo cinque o seimila anni che l'Homo sapiens ha inventato il modo di fissare su un supporto rigido (roccia, papiro, legno, ardesia, carta, o altro) ciò che gli frulla per il cervello. Da pochi decenni ha anche trovato il modo di fissarlo in maniera più eterea, attraverso l'impiego di macchine in grado di computare a partire da un sistema matematico binario. Ma è vero che tutto questo scrivere ha bisogno, per avere un senso, che chi scrive passi prima almeno qualche istante a pensare.
Il Vocabolario Etimologico Pianigiani (lo scrivo soprattutto all'intenzione del tutto fuorché onorevole Sibilia), precisa, nella sua ricca lingua d'inizio secolo, che il verbo pensare, "prov. cat. sp. e port. pensar, fr. penser", deriva dal latino pensare, "propr. pesare e fig. esaminare, apprezzare, intensivo di PÈNDERE pesare (che quindi confronta nella idea col ted. erwägen, da waga bilancia (v. Pesare). Propr. pesare e valutare le cose con l'intelletto; indi Stimare, Giudicare, Volger l'attenzione, Opinare, Deliberare, e più genericamente Meditare, Concepire e formare idee, Immaginare."
Quel che mi colpisce nello scritto del Pianigiani è che tutti i verbi che usa per definire pensare, tutti insieme, costituiscono un'eccellente base di ciò che un cittadino ha diritto di aspettarsi da un parlamentare. Ahimé, il Sibilia sembra aver appreso il verbo pensare un po' in fretta, talmente da giungere a confonderlo con il più colorito petare. Ma basta davvero petare scritti di odioso sentore mafioso e precisare in seguito che non era quello che si era voluto dire?
Purtroppo il club di petomani ai quali il deputato avellinese appartiene conta schiere di membri che trovano oggi nella rapidità cibernetica un modo particolarmente rapido di affermarsi.
In molti casi i membri del club trovano che il metodo migliore per far dimenticare la puzzetta appena prodotta sia 1) di affermare che non sono stati capiti, oppure 2) di dire cose tipo "mi scuso con tutti quelli che...". A onor del vero, il nostro Sibilia il verbo scusare non lo usa nemmeno, non si sa se perché non trovi di dover chiedere scusa a qualcuno, o perché quel verbo sia per lui di troppo difficile comprensione. Ma di solito non lo usano nemmeno i suoi colleghi di club, preferendogli la forma riflessiva scusarsi. La scelta non è casuale: mentre chiedere scusa a qualcuno implica la richiesta di una cosa che può essere accordata o no, scusarsi sottintende una placida autoassoluzione che permette di voltare pagina senza più pensarci su.
Ripeto (e accorgendomi della possibile ambiguità del termine, preciso che ripeto in questo caso è voce del verbo ripetere e non di ripetare), che Sibilia non si autoscusa nemmeno: preferisce precisare che lui Falcone e Borsellino li rispetta tanto che ha addirittura "personalmente chiesto di ricordarli in aula per tutto ciò che hanno fatto", bontà sua, manco i parlamentari si fossero scordati di farlo prima del suo arrivo.
Ma anche questa frase mi pare particolarmente ridicola: è un po' come se un ladro colto sul fatto con un televisore rubato sottobraccio pretendesse di metterci una pietra sopra perché il televisore che aveva prima l'aveva pagato.
Più il tempo passa, più mi pare che il problema principale con molti eletti del M5s sia proprio quella loro sistematica rinuncia al pensare, a favore di un continuo sbottare privo di qualsiasi previa riflessione. È vero che è lo stesso circo mediatico odierno che favorisce questo tipo di comportamento. Ma mi pare che proprio per questo chi si vuole responsabile e si reputa idoneo ad accollarsi responsabilità collettive dovrebbe fare molta più attenzione del cittadino comune a ciò che dice o scrive.
Già, ma forse non per nulla gli eletti del M5s hanno sempre insistito sul fatto di essere persone normali e di non amare l'epiteto onorevole. In questo dobbiamo riconoscere loro un inatteso guizzo di lucidità.

P.S. Meno di tre ore dopo aver pubblicato questo post mi accorgo che un inconfondibile fetore si sprigiona dal mio computer. Vuoi vedere che...? Ebbene sì: l'ineffabile Sibilia ne ha petata un'altra delle sue:
I paesi europei sono in forte difficoltà.
Unione incerta e disoccupazione alle stelle. Mezzo mondo è alle prese con analfabetizzazione, fame e malattie.
I politici spesso prendono a modello i governo (sic) del nord. Norvegia, USA e Canada.
Eppure dov'è che hanno iniziato a sparare i politici... (re-sic) proprio in un paese come il Canada. Opera di un pazzo o di qualcuno che ha ritrovato la ragione?
La mia solidarietà a chi ha perso la vita nell'attentato.
A chi vanno attribuite le colpe?