Ho
sempre amato Leonard Cohen, la sua voce grave, i suoi testi
esoterici, il suo aspetto da dandy. Nell'inverno '71-'72, o forse
quello dopo, ho passato una notte in una mansarda parigina senza
riscaldamento con una ragazza che si chiamava Sophie. Faceva così
freddo che quando abbiamo messo sul giradischi Songs
from a Room abbiamo schiacciato sul bottone repeat.
Faceva così freddo che dopo aver fatto l'amore non abbiamo voluto
venir fuori dalle coperte e Bird on the Wire, Suzanne e
le altre canzoni del lato A dell'album ci hanno accompagnato per tutta la notte.
Stranamente
questo ricordo è molto più vivo nella mia memoria di quanto non lo
sia quello del concerto di Cohen a cui ho assistito al festival
dell'isola di Wight. Ma mi dico che a lui non dispiacerebbe.
Nel
2001 ero di passaggio a New York, direzione Vermont. Sono entrato in
una Libreria Barnes & Noble alla ricerca di qualcosa da
leggere e ho trovato Stranger music, una raccolta di poesie e
testi di canzoni di Cohen. Sfogliandolo ho subito avuto l'impressione
che i testi delle canzoni fossero molto meno belli alla lettura delle
poesie. E quella prima impressione si è confermata alla lettura
dell'insieme.
Accidenti,
che poeta! Una meraviglia!
Poesie
d'amore, poesie intrise di cultura ebraica, poesie ciniche, poesie
esoteriche, una vera goduria.
Ma
tra tutte quelle poesie una mi è rimasta impressa nella mente, anché
perché l'ho rapidamente imparata a memoria. È estremamente breve,
asciutta e sintetica, ma mi sembra posedere qualcosa d'infinito. La
trovo una perla, alla quale, ahimé, la mia traduzione toglie
lucentezza. Quindi se puoi leggerla in inglese vai subito a fondo
pagina.
Possedendo
tutto
Hai paura che ti
lasci.
Non ti lascerò.
Solo gli
stranieri viaggiano.
Possedendo tutto,
Non ho nessun
posto dove andare.
Owning
everything
You worry that I
will leave you.
I will not leave
you.
Only strangers
travel.
Owning
everything,
I have nowhere to
go.