lunedì 6 ottobre 2014

Il poeta della settimana: Cohen

Ho sempre amato Leonard Cohen, la sua voce grave, i suoi testi esoterici, il suo aspetto da dandy. Nell'inverno '71-'72, o forse quello dopo, ho passato una notte in una mansarda parigina senza riscaldamento con una ragazza che si chiamava Sophie. Faceva così freddo che quando abbiamo messo sul giradischi Songs from a Room abbiamo schiacciato sul bottone repeat. Faceva così freddo che dopo aver fatto l'amore non abbiamo voluto venir fuori dalle coperte e Bird on the Wire, Suzanne e le altre canzoni del lato A dell'album ci hanno accompagnato per tutta la notte.
Stranamente questo ricordo è molto più vivo nella mia memoria di quanto non lo sia quello del concerto di Cohen a cui ho assistito al festival dell'isola di Wight. Ma mi dico che a lui non dispiacerebbe.
Nel 2001 ero di passaggio a New York, direzione Vermont. Sono entrato in una Libreria Barnes & Noble alla ricerca di qualcosa da leggere e ho trovato Stranger music, una raccolta di poesie e testi di canzoni di Cohen. Sfogliandolo ho subito avuto l'impressione che i testi delle canzoni fossero molto meno belli alla lettura delle poesie. E quella prima impressione si è confermata alla lettura dell'insieme.
Accidenti, che poeta! Una meraviglia!
Poesie d'amore, poesie intrise di cultura ebraica, poesie ciniche, poesie esoteriche, una vera goduria.
Ma tra tutte quelle poesie una mi è rimasta impressa nella mente, anché perché l'ho rapidamente imparata a memoria. È estremamente breve, asciutta e sintetica, ma mi sembra posedere qualcosa d'infinito. La trovo una perla, alla quale, ahimé, la mia traduzione toglie lucentezza. Quindi se puoi leggerla in inglese vai subito a fondo pagina.

Possedendo tutto

Hai paura che ti lasci.
Non ti lascerò.
Solo gli stranieri viaggiano.
Possedendo tutto,
Non ho nessun posto dove andare.


Owning everything

You worry that I will leave you.
I will not leave you.
Only strangers travel.
Owning everything,
I have nowhere to go.