venerdì 3 ottobre 2014

Sei giorni in Brasile


Partito martedì della settimana scorsa, tornato tre giorni fa (martedì). Contando due giorni di viaggio di 25 ore ciascuno, ho passato sei giorni in Brasile. A São Paulo.
La città è come me la ricordavo: bruttissima, rumorosissima, inquinatissima. Un'interminabile susseguirsi di grattacieli grigiastri, da quelli con pretese estetiche dell'avenida Paulista a tutti quelli senza pretese degli altri quartieri.
12 milioni di abitanti in città, 22 nell'insieme della zona metropolitana. A seconda delle statistiche, tra il 7° e il 10° posto nella lista delle città più grandi del mondo.
Come sempre accade andando in giro a fare spettacoli, tanto più quando il viaggio è così breve e che un jet lag di cinque ore ti riduce muscoli e cervello in poltiglia per i primi tre giorni, della città ho visto pochissimo. Lo spettacolo l'abbiamo fatto alla Caixa Cultural, il centro culturale della Banca Nazionale (!), in Praça da Sé, letteralmente piazza del Seggio, che è poi la piazza della diocesi. Con tanto di cattedrale dedicata all'assunzione di Maria, è il centro assoluto della città, il chilometro zero dal quale vengono calcolate le distanze da e per São Paulo. Pur non ignorando che, visto che l'assunzione di Maria, cioè la sua partenza anima e corpo da questa valle di lacrime, avvenne più o meno intorno all'anno 50 dell'era cristiana e quindi il corpo dell'Immacolata si trova oggi a più o meno 1064 anni-luce, ovvero 100.662.175.468.552.112 (cento milioni di miliardi e delle briciole) chilometri dalla Terra, la cattedrale non l'ho visitata. Ho attraversato più volte la piazza, questo sì, e ho potuto constatare che è una specie di corte dei miracoli popolata da venditori di crac, bambini sniffatori di colla, mendicanti, ubriachi e altri personaggi poco attraenti.
Ho invece visitato il Mercado Municipal, rumorosissimo e popolatissimo, pieno di bancarelle di spezie e di frutta esotica, di baccalà e di carni di ogni tipo. Al primo piano, sabato, i ristoranti erano strapieni e il livello sonoro non aveva niente da invidiare a quello di un Boeing 747 in pieno decollo. Ho subito pensato a Delhi e così pure ha fatto Elena, ma poi ci siamo detti che non era la stessa cosa. Quello che domina in India, paese dalle città rumorosissime, è il rumore del traffico, mentre a São Paulo è quello delle voci umane. La gente parla a volume altissimo, a livelli da quartieri spagnoli di Napoli. Quel continuo gridare crea una sensazione di pericolo immanente, di violenza che minaccia di esplodere in qualsiasi istante. E la cosa è vera, forse anche più vera, nelle strade adiacenti, dove la marea umana permette il passaggio di poche macchine ed è una specie di oceano innaturale che ti obbliga a stare costantemente sul chi vive. 
Che São Paulo sia una città pericolosa lo sanno tutti, anche se a dire il vero non appare nemmeno nella lista delle 50 città più pericolose del mondo. Ma tra le verità statistiche e le sensazioni c'è sempre una certa differenza e la sensazione negativa provocata da São Paulo viene senz'altro in gran parte dalla sua architettura, così aggressiva e caotica. Di tutte le città che ho visto, solo Hong Kong mi ha fatto più impressione. Ma Hong Kong ha una densità di popolazione due volte e mezzo superiore a quella di São Paulo!
Domenica siamo andati a passare qualche ora al parco Ibirapuera. Per fortuna ci siamo arrivati verso le 10 del mattino perché anche lì un paio d'ore dopo c'era folla. Impressionanti soprattutto i numerosissimi palestro-tatuati che facevano jogging e che, in un Paese dalla popolazione di statura medio-bassa, svettavano come sequoie sotto steroidi. È vero che la quantità di famiglie, bambini e cani decisi a passare qualche ora di tranquillità rendevano il parco estremamente gradevole, un'oasi di quasi silenzio nel trambusto urbano.
Ero stato in Brasile una sola volta, quasi vent'anni fa, e avevo dimenticato la stranezza del pubblico. Già un'ora prima dello spettacolo c'era la fila fuori dal Centro Cultural. Gli spettacoli iniziano all'ora prevista, senza ritardo, il che è per noi molto strano. Io recitavo in italiano, con dei sopratitoli in portoghese. Il pubblico era attentissimo, talmente che in certi momenti lo trovavo assente. E invece no, seguiva tutto, estremamente rispettoso. Alla fine poi, un boato di quelli che noi guitti adoriamo, applausi scroscianti, grida di bravo!, bravo! Esco, mi prendo gli applausi, torno in quinta: silenzio immediato. Stavo già tornando dentro per un secondo applauso e non mi sono fermato. Appena riappaio riparte il boato. Torno in quinta, silenzio immediato. Molto strano... Mi ha ricordato un po' certe città dell'Asia, Saigon in particolare: fine dello spettacolo, silenzio assoluto. Mi dico che un fiasco così non l'ho mai avuto in vita mia. Un macchinista mi spinge in scena, boato di applausi. Torno in quinta, silenzio. Molto, molto strano...
Quello che mi resterà di questa breve puntata brasiliana, oltre alle tre paia di pantaloni comperati per un totale di 100€, è la gentilezza della gente incontrata, così in contrasto con l'apparente aggressività di quella evitata.
A proposito della gente: se hai in mente lo stereotipo della ragazza di Ipanema con le chiappe tonde e sode... vai a Rio. A São Paulo perderesti tempo per niente.
Visto che ero in Brasile mi è tornato in mente uno dei film più belli della mia vita, Antonio das mortes, di Glauber Rocha. L'ho visto nel '69 o '70 e purtroppo non l'ho trovato su YouTube. Devo assolutamente procurarmelo. Da quel che ricordo è una specie di incrocio tra Jodorowski e Pasolini, di una forza espressiva straordinaria, con elementi surrealisti, una componente mistica e un chiaro intento politico. Per ora il DVD l'ho trovato in vendita solo su Amazon, in versione originale sottotitolata in inglese. Mi sa che me lo compro.
Un'ultima cosa: se vai in Brasile per la prima volta preparati a bere pessimo caffè. Quello buono lo esportano. A São Paulo ne trovi anche, ma al triplo del prezzo normale. Vabbè, quel triplo sfiora solo l'euro e sessanta, ma sul momento hai l'impressione di pagarlo uno stonfo.
E siccome ho usato la parola stonfo ho voluto verificare se esistesse per davvero. Cliccando su internet ho scoperto che nel Veneto orientale stonfo vuol dire fradicio, mentre a Gorizia significa sazio. La ditta Stonfo (http://www.stonfo.com), specializzata in articoli da pesca, non credo c'entri un granché. A meno naturalmente che uno decida di andare a pesca sul Rio delle Amazzoni.