Partito
martedì della settimana scorsa, tornato tre giorni fa (martedì). Contando
due giorni di viaggio di 25 ore ciascuno, ho passato sei giorni in
Brasile. A São
Paulo.
La
città è come me la ricordavo: bruttissima, rumorosissima,
inquinatissima. Un'interminabile susseguirsi di grattacieli grigiastri,
da quelli con pretese estetiche dell'avenida
Paulista
a tutti quelli senza pretese degli altri quartieri.
12
milioni di abitanti in città, 22 nell'insieme della zona
metropolitana. A seconda delle statistiche, tra il 7° e il 10°
posto nella lista delle città più grandi del mondo.
Come
sempre accade andando in giro a fare spettacoli, tanto più quando il
viaggio è così breve e che un jet
lag
di cinque ore ti riduce muscoli e cervello in poltiglia per i primi
tre giorni, della città ho visto pochissimo. Lo spettacolo l'abbiamo
fatto alla Caixa
Cultural,
il centro culturale della Banca Nazionale (!), in Praça
da Sé,
letteralmente piazza del Seggio, che è poi la piazza della diocesi. Con tanto di cattedrale dedicata
all'assunzione di Maria, è il centro assoluto della città, il
chilometro zero dal quale vengono calcolate le distanze da e per São
Paulo. Pur non ignorando che, visto che l'assunzione di Maria, cioè
la sua partenza anima e corpo da questa valle di lacrime, avvenne più
o meno intorno all'anno 50 dell'era cristiana e quindi il corpo dell'Immacolata si
trova oggi a più o meno 1064 anni-luce, ovvero
100.662.175.468.552.112 (cento milioni di miliardi e delle briciole)
chilometri dalla Terra, la cattedrale non l'ho visitata. Ho
attraversato più volte la piazza, questo sì, e ho potuto constatare
che è una specie di corte dei miracoli popolata da venditori di
crac, bambini sniffatori di colla, mendicanti, ubriachi e altri
personaggi poco attraenti.
Ho
invece visitato il Mercado
Municipal,
rumorosissimo e popolatissimo, pieno di bancarelle di spezie e di
frutta esotica, di baccalà e di carni di ogni tipo. Al primo piano,
sabato, i ristoranti erano strapieni e il livello sonoro non aveva
niente da invidiare a quello di un Boeing 747 in pieno decollo. Ho
subito pensato a Delhi e così pure ha fatto Elena, ma poi ci siamo
detti che non era la stessa cosa. Quello che domina in India, paese
dalle città rumorosissime, è il rumore del traffico, mentre a São
Paulo è quello delle voci umane. La gente parla a volume altissimo,
a livelli da quartieri spagnoli di Napoli. Quel continuo gridare crea
una sensazione di pericolo immanente, di violenza che minaccia di
esplodere in qualsiasi istante. E la cosa è vera, forse anche più
vera, nelle strade adiacenti, dove la marea umana permette il
passaggio di poche macchine ed è una specie di oceano innaturale
che ti obbliga a stare costantemente sul chi vive.
Che São
Paulo sia una città pericolosa lo sanno tutti, anche se a dire il
vero non appare nemmeno nella lista delle 50 città più pericolose
del mondo. Ma tra le verità statistiche e le sensazioni c'è sempre
una certa differenza e la sensazione negativa provocata da São
Paulo viene senz'altro in gran parte dalla sua architettura, così
aggressiva e caotica. Di tutte le città che ho visto, solo Hong Kong
mi ha fatto più impressione. Ma Hong Kong ha una densità di
popolazione due volte e mezzo superiore a quella di São
Paulo!
Domenica
siamo andati a passare qualche ora al parco Ibirapuera. Per fortuna
ci siamo arrivati verso le 10 del mattino perché anche lì un paio
d'ore dopo c'era folla. Impressionanti soprattutto i numerosissimi
palestro-tatuati che facevano jogging e che, in un Paese dalla
popolazione di statura medio-bassa, svettavano come sequoie sotto
steroidi. È vero che la quantità di famiglie, bambini e cani decisi
a passare qualche ora di tranquillità rendevano il parco
estremamente gradevole, un'oasi di quasi silenzio nel trambusto
urbano.
Ero
stato in Brasile una sola volta, quasi vent'anni fa, e avevo
dimenticato la stranezza del pubblico. Già un'ora prima dello
spettacolo c'era la fila fuori dal Centro
Cultural.
Gli spettacoli iniziano all'ora prevista, senza ritardo, il che è
per noi molto strano. Io recitavo in italiano, con dei sopratitoli in
portoghese. Il pubblico era attentissimo, talmente che in certi
momenti lo trovavo assente. E invece no, seguiva tutto, estremamente
rispettoso. Alla fine poi, un boato di quelli che noi guitti
adoriamo, applausi scroscianti, grida di bravo!, bravo! Esco, mi
prendo gli applausi, torno in quinta: silenzio immediato. Stavo già
tornando dentro per un secondo applauso e non mi sono fermato. Appena
riappaio riparte il boato. Torno in quinta, silenzio immediato. Molto
strano... Mi ha ricordato un po' certe città dell'Asia, Saigon in
particolare: fine dello spettacolo, silenzio assoluto. Mi dico che un
fiasco così non l'ho mai avuto in vita mia. Un macchinista mi spinge
in scena, boato di applausi. Torno in quinta, silenzio. Molto, molto
strano...
Quello
che mi resterà di questa breve puntata brasiliana, oltre alle tre
paia di pantaloni comperati per un totale di 100€, è la gentilezza
della gente incontrata, così in contrasto con l'apparente
aggressività di quella evitata.
A
proposito della gente: se hai in mente lo stereotipo della ragazza di
Ipanema con le chiappe tonde e sode... vai a Rio. A São
Paulo perderesti tempo per niente.
Visto
che ero in Brasile mi è tornato in mente uno dei film più belli
della mia vita, Antonio
das mortes,
di Glauber Rocha. L'ho visto nel '69 o '70 e purtroppo non l'ho
trovato su YouTube. Devo assolutamente procurarmelo. Da quel che
ricordo è una specie di incrocio tra Jodorowski e Pasolini, di una
forza espressiva straordinaria, con elementi surrealisti, una
componente mistica e un chiaro intento politico. Per ora il DVD l'ho trovato in vendita solo su Amazon, in versione originale sottotitolata in
inglese. Mi sa che me lo compro.
Un'ultima
cosa: se vai in Brasile per la prima volta preparati a bere pessimo
caffè. Quello buono lo esportano. A São
Paulo ne trovi anche, ma al triplo del prezzo normale. Vabbè, quel
triplo sfiora solo l'euro e sessanta, ma sul momento hai
l'impressione di pagarlo uno stonfo.
E
siccome ho usato la parola stonfo ho voluto verificare se esistesse
per davvero. Cliccando su internet ho scoperto che nel Veneto
orientale stonfo vuol dire fradicio, mentre a Gorizia significa
sazio. La ditta Stonfo (http://www.stonfo.com), specializzata in
articoli da pesca, non credo c'entri un granché. A meno naturalmente
che uno decida di andare a pesca sul Rio delle Amazzoni.