mercoledì 24 ottobre 2018

Scrivere a mano



    Da tre settimane sto scrivendo come un matto, anche sei o otto ore al giorno. Erano alcuni anni che avevo in cantiere un libro, ma non riuscivo a finirlo. Sapevo di averne scritto non più di un terzo, ma non ce la facevo ad andare avanti. In settembre sono andato a fare una piccola tournée negli Stati Uniti e in Canada con il mio racconto sulla fisica. Mentre ero là ho letto l'autobiografia dell'attore americano Alan Alda e la lettura di quel libro, combinata con lo stato di eccitazione e di felicità nel quale quella piccola tournée mi aveva messo, ha provocato un clic inatteso. E mi sono rimesso a scrivere.
    Da anni ormai scrivevo solo al computer e mi ero convinto che quel modo di scrivere fosse ottimale, anche più creativo della scrittura a mano. Il fatto di poter correggere immediatamente il testo, di poterne tagliare paragrafi interi e aggiungerne altri con qualche clic sulla tastiera non mi sembrava solo un modo più rapido di comporre un testo, mi dava anche l'impressione di una maggiore libertà.
    Poi a New York mi sono comprato alcune matite, delle Palomino Blackwing e delle Blackwing 602 (vedi il mio precedente post) e quando mi è venuta voglia di mettermi a scrivere l'ho fatto a matita. In casa avevo un quaderno cartonato con le pagine bianche, senza righe, che mi era stato regalato alcuni anni fa quando avevo partecipato a un festival a Rotterdam. L'ho preso e ho incominciato a scrivere. Che l'abbia fatto a matita non importa. In realtà amo le penne stilografiche. Ne possiedo tre: una Montblanc Classica che mi ero comprato il giorno del mio primo divorzio, una Meisterstuck Le Grand che mi è stata regalata dalla mia seconda ex-suocera e una Pelikan M120N, esatta riproduzione di quella che avevo alle medie, trovata su internet un paio di anni fa. Nonostante abbia sempre amato scrivere con una penna, ormai con quelle tre scrivevo solo le lista della spesa e qualche rarissima lettera.
    La Palomino mi ha attirato per il mito che la circonda. È la matita con la quale Steinbeck e Kerouac hanno scritto i loro romanzi e Bernstein e Quincy Jones le loro musiche. Così ho voluto provarla. Mi sono subito reso conto che preferivo la 602 a quella senza numero, che è troppo morbida. In tre settimane ne ho già consumate tre.
    Ma la cosa che mi ha davvero sorpreso è come la scrittura cambi scrivendo a mano. Sarà perché al computer scrivo con due dita, usandone un paio d'altre solo per inserire degli spazi e andare a capo, ma fin dai primi giorni ho avuto l'impressione di scrivere più rapidamente. Il che ovviamente non è vero. Ciò che succede in realtà è che scrivendo a mano ti passano per la testa più cose ed è quell'affollarsi di pensieri che ti dà l'impressione di una maggiore velocità.
    Come indicato in uno studio di Pam. A. Mueller, docente di psicologia sociale a Princeton, e Daniel M. Oppenheimer, suo collega dell'UCLA (University of California, Los Angeles) (The Pen is Mightier Than the Keyboard: Advantages of Longhand Over Laptop Note Taking) scrivere a mano fa entrare in gioco funzioni del cervello che restano assopite scrivendo su una tastiera. Osservando due gruppi di studenti che prendevano note durante gli stessi corsi universitari, i due studiosi hanno notato che quelli che scrivevano a mano imparavano di più e meglio degli altri, anche se in realtà scrivevano un numero inferiore di parole. O piuttosto proprio perché scrivevano meno parole. Mentre quelli che scrivevano su un computer riuscivano a scrivere verbatim, il processo di scrittura manuale permetteva — o obbligava — gli altri a elaborare delle sintesi che non lasciavano spazio alle cose superflue. In altre parole, mentre i primi si limitavano a trascrivere meccanicamente ciò che ascoltavano, i secondi mettevano in atto un processo creativo di sintesi che era già di per sé parte integrante dell'apprendimento.
    Ritrovare uno strumento di scrittura manuale per comporre un testo coerente invece di una semplice lista della spesa è stata una sorpresa che mi ha permesso anche di riscoprire un secondo processo creativo, che entra in gioco quando ricopio il testo al computer. In quei momenti, quando rileggo e imparo a memoria, anche se solo per i pochi istanti della trascrizione, una frase intera, mi rendo conto di tutta una serie di errori e imprecisioni che mi sfuggono quando scrivo direttamente al computer.
    Lo studio di Mueller e Oppenheimer sostiene anche che più grande è il processo di codificazione del l'informazione, maggiori sono i benefici per l'apprendimento. Nella mia breve esperienza trisettimanale ho notato che scrivere a mano e poi trascrivere al computer mi porta a produrre frasi più chiare e più armoniose. Non so quanto questo dipenda dal fatto di scrivere a mano e quanto dalla trascrizione al computer, credo un po' da entrambe le cose. Il risultato mi sembra comunque più soddisfacente di quello ottenuto muovendo le dita su una tastiera.
    Ormai nella maggior parte delle scuole elementari degli Stati Uniti imparare a scrivere a mano in lettere minuscole non è nemmeno più obbligatorio e molti americani sanno scrivere solo in stampatello. Il che è una cosa molto diversa perché non permette di vedere le parole come blocchi aventi ognuno un senso compiuto, ma come semplici sequenze di lettere, un po' come quando scrivi al computer.
    Se trovi tutto questo un po' passatista e nostalgico posso dirti solo una cosa: la prossima volta che avrai qualche pagina da scrivere prova a farlo a mano e vedrai la differenza. Poi magari fammi sapere.