lunedì 13 ottobre 2014

Il poeta della settimana: Whitman


E poi c'è Whitman, che nel mio piccolo Olimpo poetico personale siede da sempre sul trono di Zeus.
Ricordo perfettamente quando lo lessi la prima volta, sull'autobus che mi riportava a casa, nella periferia milanese, dopo aver scovato quel libretto dalla copertina bianca e azzurra nel negozio Remainder's in Galleria, di fianco al Duomo. Ricordo l'emozione e l'eccitazione, ricordo soprattutto la sensazione di essere improvvisamente meno solo, meno schiacciato dai miei diciassette anni che mi davano già l'impressione di una specie di fallimento.
Ma quel librettino di estratti non mi bastava. Appena possibile comprai tutto Foglie d'erba nell'edizione Einaudi. Quel libro ce l'ho ancora e ancora mi capita di sfogliarlo e di fermarmi qua e là su un brano, come ci si riposa su una sedia a sdraio.
Qualche anno dopo, quando il mio inglese incominciava a migliorare, la versione originale me la regalò Heather, una ragazza di Vancouver con le spalle da nuotatrice olimpionica. Me la regalò il giorno della mia partenza, pensando che non ci saremmo mai più visti. È solo sul treno che mi portava verso Toronto (70 ore di viaggio) che mi accorsi che sulla prima pagina interna, in alto, in piccoli caratteri, aveva scritto Massimo - All my love, senza nemmeno mettere il suo nome.
La prima volta che avevo incontrato il nome di Whitman era stato in una poesia di Ginsberg, Un supermarket in California, che nella traduzione di Fernanda Pivano incominciava con Come ti penso stasera, Walt Whitman, perché camminavo per piccole strade sotto gli alberi col mal di testa guardando consapevole la luna piena. A Ginsberg c'ero arrivato per via di un lungo poema di Bob Dylan sul retro della copertina dell'album Another side of Bob Dylan. Non avevo capito niente a quell'inglese pieno di slang e di cesure, ma nella frase I take allen ginsberg t' meet fantastic / great beautiful artist an' no trespassin' / boards block up all there is t' see avevo visto un nome. Il fatto che ne parlasse Bob Dylan era bastato a suscitare la mia curiosità.
Whitman è il grande poeta classico americano, poeta dei grandi spazi e della trascendenza, della sessualità e della libertà. Le sue poesie sono fiumi di parole potenti alle quali non ci si può che abbandonare senza ritegno e senza remore. È il poeta di O capitàno! Mio capitàno!, incipit di una poesia in onore di Abraham Lincoln reso celebre dal film L'attimo fuggente.
Il mio canto preferito della grande raccolta Foglie d'erba è il terzo, intitolato Canto di me stesso. Ne pubblico qui le sei prime sezioni, aggiungendo naturalmente la versione originale inglese.


1
Canto me stesso, e celebro me stesso,
E ciò che assumo voi dovete assumere
Perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a voi.
Io ozio, ed esorto la mia anima,
Mi chino e indugio ad osservare un filo d’erba estivo.
La mia lingua, ogni atomo di sangue, fatti da questo suolo, da quest’aria,
Nato qui da genitori nati qui e così i loro padri e così i padri dei padri,
Io, ora, trentasettenne in perfetta salute, incomincio,
E spero di non cessare che alla morte.
Credi e scuole in sospeso,
Un po’ discosto, sazio di ciò che sono, ma mai dimenticandoli,
Accolgo la natura nel bene e nel male, lascio che parli a caso,
Senza controllo, con l’energia originale.

2
Case e stanze sono piene di profumi, gli scaffali affollati di profumi,
Respiro la fragranza, la riconosco e mi piace,
Il distillato potrebbe ubriacare anche me, ma non lo permetto.
L’atmosfera non è un profumo, non ha il gusto del distillato, è inodore,
È fatta per la mia bocca, in eterno, ne sono innamorato,
Andrò sul pendio presso il bosco, sarò senza maschera e nudo,
Mi struggo dalla voglia di sentirne il contatto.
Il fumo del mio stesso fiato,
Echi, gorgoglii, diffusi bisbigli, radice d’amore, filamento di seta, inforcatura e viticcio,
Il mio inspirare ed espirare, il pulsare del cuore, il transitare dell’aria e del sangue attraverso i polmoni,
Il sentore delle foglie verdi e delle foglie secche, della spiaggia e degli scogli neri, del fieno nel fienile,
Il suono delle parole eruttate della mia voce abbandonata ai vortici del vento,
Pochi rapidi baci, pochi abbracci, un tendere a cerchio di braccia,
Il gioco delle ombre e dei riflessi all’oscillare dei rami flessuosi,
Il godimento da soli o tra la folla nelle strade, o lungo i campi o sui fianchi d’una collina,
La sensazione di salute, il vibrare del pieno mezzogiorno, il canto di me che mi alzo dal letto e vado incontro al sole.
Hai creduto che mille acri fossero molti? che tutta la Terra fosse molto?
Ti sei esercitato così a lungo per imparare a leggere?
Tanto orgoglio hai sentito perché afferravi il senso dei poemi?
Fermati con me oggi e questa notte, e ti impadronirai dell’origine di tutti i poemi,
Ti impadronirai dei beni della terra e del sole (ci sono ancora milioni di soli),
Non prenderai più le cose di seconda o terza mano, né guarderai con gli occhi dei morti, né ti nutrirai di fantasmi libreschi,
E neppure vedrai attraverso i miei occhi o prenderai le cose da me,
Ascolterai da ogni parte e le filtrerai da te stesso.

3
Ho udito ciò che i parlatori dicevano, il discorso del principio e della fine,
Ma io non parlo del principio o della fine.
Non ci fu mai più inizio di quanto ce n’è ora,
Ne più gioventù o vecchiaia di quanta ce n’è ora,
Né vi sarà più perfezione di quanta ce n’è ora,
Né più cielo o più inferno di quanto ce n’è ora.
Desiderio, desiderio, desiderio,
Sempre il desiderio procreante del mondo.
Dalla confusa oscurità gli opposti eguali avanzano, sempre sostanza e accrescimento, sempre sesso,
E intrecciarsi di identità, e sempre distinzione, sempre riproduzione.
Elaborare è inutile, dotti e non dotti sentono che è così.
Sicuri come ciò che è più sicuro, i muri a piombo, ben connessi, la travatura rinforzata,
Forti come un cavallo, affezionati, tracotanti, elettrici,
Io e questo mistero qui ci ergiamo.
Limpida e dolce è la mia anima, e limpido e dolce è tutto quello che non è la mia anima.
Se manca uno, mancano entrambi, e il non veduto è provato dal veduto,
Finché questo non diventi invisibile e debba a sua volta essere provato.
Ogni età tormenta l’altra mostrando il meglio e separandolo dal peggio,
Conoscendo la perfetta giustezza e imparzialità delle cose, mentre quelle discutono sto zitto, e vado a fare il bagno e ad ammirare me stesso.
Benvenuto ogni mio organo e attributo, e quelli di ogni uomo onesto e vigoroso,
Non un pollice è da scartare o frazione di pollice, e niente dev’essere meno familiare del resto.
Io sono pago: vedo, ballo, rido e canto;
E se l’amato compagno di letto che dorme abbracciato al mio fianco, allo spuntare del giorno si ritira con passo furtivo,
Lasciandomi cesti di bianchi asciugamani che mi riempiono la casa con la loro abbondanza,
Dovrò posporre la mia accettazione e comprensione e gridare ai miei occhi
Che si astengano poi dal guardare giù per la strada,
E mi mostrino sùbito, calcolato al centesimo,
L‘esatto valore di uno e l’esatto valore di due, e chi è in vantaggio?

4
La gente che passa e che m’interroga,
Le persone che incontro, gli effetti su di me dei miei primi anni o del quartiere, della città, della nazione in cui vivo,
Gli avvenimenti recenti, le scoperte, le invenzioni, le società, gli autori vecchi e nuovi,
Il pranzo, gli abiti, i compagni, il bell’aspetto, i complimenti, i doveri,
L’indifferenza reale o immaginaria di qualcuno che amo,
La malattia di uno dei miei o mia, le malefatte, la perdita o la penuria di denaro, le depressioni o l’euforia,
Le battaglie, gli orrori della guerra fratricida, la febbre delle notizie dubbie, lo spasmo degli
avvenimenti,
Tutto questo mi arriva giorno e notte, e se ne va,
Separato da ciò che attira e trascina sta ciò che io sono,
Se ne sta divertito, compiacente, compassionevole, inattivo, unitario,
Guarda dall’alto, è eretto, o appoggia un braccio a un impalpabile sicuro sostegno,
Con la testa piegata di lato, curioso di ciò che verrà dopo,
Dentro e fuori dal gioco, osservandolo e meravigliandosi.
Ripenso ai giorni passati quando mi affaticavo nella nebbia con linguisti e dialettici,
Non ho battute o argomenti, io testimonio e attendo.

5
Io credo in te anima mia, e l’altro che io sono non deve umiliarsi davanti a te,
Né tu devi umiliarti davanti a lui.
Ozia con me sopra l’erba, rimuovi il groppo dalla gola,
Io non chiedo parole, né musica, né rime, né conferenze o patrocini, sia pure i migliori,
Solo la nenia mi appaga, il mormorio della tua voce a bocca chiusa.
Ricordo come una volta in un simile limpido mattino d’estate noi due giacevamo,
E tu posavi il capo di traverso sui miei fianchi e ti volgevi a me con tenerezza,
E aperta la camicia sullo sterno, affondasti la lingua dentro al mio cuore nudo,
E ti stendesti fino a sentire la mia barba, e ti stendesti fino a trattenermi i piedi.
Rapidamente sorse e si diffuse intorno a me quella pace e quella conoscenza che oltrepassano ogni
disputa terrestre,
E ora so che la mano di Dio è la promessa della mia,
So che lo spirito di Dio è il fratello del mio spirito,
Che tutti gli uomini nati sono anche fratelli miei, e le donne sorelle ed amanti,
E che un rinforzo della creazione è l’amore,
E che sono infinite le foglie dritte o pendenti nei campi,
E le formiche marroni nei piccoli pozzi sotto di loro,
E le croste di muschio del recinto serpeggiante, i mucchi di sassi, il sambuco, il verbasco.

6
Un bambino disse Che cos’è l’erba? portandomene a piene mani;
Come potevo rispondergli? Non so meglio di lui che cosa sia.
Suppongo che sia lo stendardo della mia vocazione, fatto col verde tessuto della speranza.
O forse è il fazzoletto del Signore,
Un ricordo profumato lasciato cadere di proposito,
Con la cifra del proprietario in un angolo sicché possiamo vederla e domandarci Di chi può essere?
O forse l’erba stessa è un bambino, l'infante generato dalla vegetazione.
O un geroglifico uniforme
Che voglia dire, crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra,
Fra gente di colore come fra bianchi,
Canadesi, Californiani, Membri del Congresso, gente comune, io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo.
E ora mi appare come la bella capigliatura selvaggia delle tombe.
Ti userò con gentilezza, erba ricciuta,
Forse traspiri dal petto di giovani uomini,
Che avrei potuto amare, se li avessi conosciuti,
Forse provieni da vecchi, o da figli ghermiti appena fuori dai ventri materni,
Ed ecco, sei tu il ventre materno.
Quest’erba è troppo scura per uscire dal bianco capo delle nonne,
Più scura della barba scolorita dei vecchi,
È scura per spuntare dal roseo palato delle bocche.
Oh nonostante tutto io sento il parlottio di tante lingue,
E comprendo che non esce dalle bocche per nulla.
Vorrei poter tradurre gli accenni ai giovani morti, alle fanciulle,
Gli accenni ai vecchi e alle madri, ai rampolli ghermiti ai loro ventri.
Che cosa pensate sia avvenuto dei giovani e dei vecchi?
E che cosa pensate sia avvenuto delle madri e dei figli?
Vivono e stanno bene in qualche luogo,
Il più minuscolo germoglio ci dimostra che in realtà non vi è morte,
E che se mai c’è stata conduceva alla vita, e non aspetta il termine per arrestarla,
E che cessò nell’istante in cui la vita apparve.
Tutto continua e tutto si estende, niente si annienta,
E il morire è diverso da ciò che tutti suppongono, e ben più fortunato.

1
I celebrate myself, and sing myself,
And what I assume you shall assume,
For every atom belonging to me as good belongs to you.
I loafe and invite my soul,
I lean and loafe at my ease observing a spear of summer grass.
My tongue, every atom of my blood, form'd from this soil, this air,
Born here of parents born here from parents the same, and their parents the same,
I, now thirty-seven years old in perfect health begin,
Hoping to cease not till death.
Creeds and schools in abeyance,
Retiring back a while sufficed at what they are, but never forgotten,
I harbor for good or bad, I permit to speak at every hazard,
Nature without check with original energy.

2
Houses and rooms are full of perfumes, the shelves are crowded with perfumes,
I breathe the fragrance myself and know it and like it,
The distillation would intoxicate me also, but I shall not let it.
The atmosphere is not a perfume, it has no taste of the distillation, it is odorless,
It is for my mouth forever, I am in love with it,
I will go to the bank by the wood and become undisguised and naked,
I am mad for it to be in contact with me.
The smoke of my own breath,
Echoes, ripples, buzz'd whispers, love-root, silk-thread, crotch and vine,
My respiration and inspiration, the beating of my heart, the pass- ing of blood and air through my lungs,
The sniff of green leaves and dry leaves, and of the shore and dark-color'd sea-rocks, and of hay in the barn,
The sound of the belch'd words of my voice loos'd to the eddies of the wind,
A few light kisses, a few embraces, a reaching around of arms,
The play of shine and shade on the trees as the supple boughs wag,
The delight alone or in the rush of the streets, or along the fields and hill-sides,
The feeling of health, the full-noon trill, the song of me rising from bed and meeting the sun.
Have you reckon'd a thousand acres much? have you reckon'd the earth much?
Have you practis'd so long to learn to read?
Have you felt so proud to get at the meaning of poems?
Stop this day and night with me and you shall possess the origin of all poems,
You shall possess the good of the earth and sun, (there are millions of suns left,)
You shall no longer take things at second or third hand, nor look through the eyes of the dead, nor feed on the spectres in books,
You shall not look through my eyes either, nor take things from me,
You shall listen to all sides and filter them from your self.

3
I have heard what the talkers were talking, the talk of the beginning and the end,
But I do not talk of the beginning or the end.
There was never any more inception than there is now,
Nor any more youth or age than there is now,
And will never be any more perfection than there is now,
Nor any more heaven or hell than there is now.
Urge and urge and urge,
Always the procreant urge of the world.
Out of the dimness opposite equals advance, always substance and increase, always sex,
Always a knit of identity, always distinction, always a breed of life.
To elaborate is no avail, learn'd and unlearn'd feel that it is so.
Sure as the most certain sure, plumb in the uprights, well entretied, braced in the beams,
Stout as a horse, affectionate, haughty, electrical,
I and this mystery here we stand.
Clear and sweet is my soul, and clear and sweet is all that is not my soul.
Lack one lacks both, and the unseen is proved by the seen,
Till that becomes unseen and receives proof in its turn.
Showing the best and dividing it from the worst age vexes age,
Knowing the perfect fitness and equanimity of things, while they discuss I am silent, and go bathe and admire myself.
Welcome is every organ and attribute of me, and of any man hearty and clean,
Not an inch nor a particle of an inch is vile, and none shall be less familiar than the rest.
I am satisfied—I see, dance, laugh, sing;
As the hugging and loving bed-fellow sleeps at my side through the night, and withdraws at the peep of the day with stealthy tread,
Leaving me baskets cover'd with white towels swelling the house with their plenty,
Shall I postpone my acceptation and realization and scream at my eyes,
That they turn from gazing after and down the road,
And forthwith cipher and show me to a cent,
Exactly the value of one and exactly the value of two, and which is ahead?

4
Trippers and askers surround me,
People I meet, the effect upon me of my early life or the ward and city I live in, or the nation,
The latest dates, discoveries, inventions, societies, authors old and new,
My dinner, dress, associates, looks, compliments, dues,
The real or fancied indifference of some man or woman I love,
The sickness of one of my folks or of myself, or ill-doing or loss or lack of money, or depressions or exaltations,
Battles, the horrors of fratricidal war, the fever of doubtful news, the fitful events;
These come to me days and nights and go from me again,
But they are not the Me myself.
Apart from the pulling and hauling stands what I am,
Stands amused, complacent, compassionating, idle, unitary,
Looks down, is erect, or bends an arm on an impalpable certain rest,
Looking with side-curved head curious what will come next,
Both in and out of the game and watching and wondering at it.
Backward I see in my own days where I sweated through fog with linguists and contenders,
I have no mockings or arguments, I witness and wait.

5
I believe in you my soul, the other I am must not abase itself to you,
And you must not be abased to the other.
Loafe with me on the grass, loose the stop from your throat,
Not words, not music or rhyme I want, not custom or lecture, not even the best,
Only the lull I like, the hum of your valvèd voice.
I mind how once we lay such a transparent summer morning,
How you settled your head athwart my hips and gently turn'd over upon me,
And parted the shirt from my bosom-bone, and plunged your tongue to my bare-stript heart,
And reach'd till you felt my beard, and reach'd till you held my feet.
Swiftly arose and spread around me the peace and knowledge that pass all the argument of the earth,
And I know that the hand of God is the promise of my own,
And I know that the spirit of God is the brother of my own,
And that all the men ever born are also my brothers, and the women my sisters and lovers,
And that a kelson of the creation is love,
And limitless are leaves stiff or drooping in the fields,
And brown ants in the little wells beneath them,
And mossy scabs of the worm fence, heap'd stones, elder, mullein and poke-weed.

6
A child said What is the grass? fetching it to me with full hands;
How could I answer the child? I do not know what it is any more than he.
I guess it must be the flag of my disposition, out of hopeful green stuff woven.
Or I guess it is the handkerchief of the Lord,
A scented gift and remembrancer designedly dropt,
Bearing the owner's name someway in the corners, that we may see and remark, and say Whose?
Or I guess the grass is itself a child, the produced babe of the vegetation.
Or I guess it is a uniform hieroglyphic,
And it means, Sprouting alike in broad zones and narrow zones,
Growing among black folks as among white,
Kanuck, Tuckahoe, Congressman, Cuff, I give them the same, I receive them the same.
And now it seems to me the beautiful uncut hair of graves.
Tenderly will I use you curling grass,
It may be you transpire from the breasts of young men,
It may be if I had known them I would have loved them,
It may be you are from old people, or from offspring taken soon out of their mothers' laps,
And here you are the mothers' laps.
This grass is very dark to be from the white heads of old mothers,
Darker than the colorless beards of old men,
Dark to come from under the faint red roofs of mouths.
O I perceive after all so many uttering tongues,
And I perceive they do not come from the roofs of mouths for nothing.
I wish I could translate the hints about the dead young men and women,
And the hints about old men and mothers, and the offspring taken soon out of their laps.
What do you think has become of the young and old men?
And what do you think has become of the women and chil- dren?
They are alive and well somewhere,
The smallest sprout shows there is really no death,
And if ever there was it led forward life, and does not wait at the end to arrest it,
And ceas'd the moment life appear'd.
All goes onward and outward, nothing collapses,
And to die is different from what any one supposed, and luckier.