The Incredible String Band
Ieri eravamo tre in furgone, Elena,
Silvia e io. Un camionista si è addormentato al volante all'uscita
del tunnel del Monte Bianco ed è andato a incastrarsi nei gabbiotti
del pedaggio. Risultato: tre ore e mezza di attesa. Per carità,
spero che il camionista non si sia fatto male, MA NON AVREBBE
POTUTO ANDARE A INCASTRARSI IN UN ALTRO POSTOOOOO???!!!
Quando abbiamo potuto rimetterci in
moto Elena ha tirato fuori un CD dei Duran Duran. Una tortura. Un
incubo. Un'informe melassa anni '80. Uno schifo.
Allora ho deciso di vendicarmi. Ho
lasciato finire il pezzo, ho sfoderato l'IPod, l'ho connesso con
l'apposito cavetto all'autoradio, e VLAM!, ecco l'Incredible
String Band in tutta la sua
gloria. Puro nettare hippy. Goduria peace and love.
Estasi garantita 100% biologica.
Le due
ragazze hanno sorriso, tanto per non ridermi in faccia, a me,
l'anzianotto. Ma forse il seme ero riuscito a piantarlo lo stesso
dentro quei cervellini bacati da da troppa Disco music.
Chissà...
Lo so,
l'Incredible String Band
è un gruppo quasi sconosciuto in Italia. E allora ecco giunto anche
per te il momento di scoprirlo. Qui
http://www.youtube.com/watch?v=DgQuVeMOyAk
potrai ascoltare un album intero. Ma attento! È taaanta robbba! Poi,
se vuoi, ridi pure, o chiamami vecchio figlio dei fiori
rincitrullito. Peggio per te.
Intanto
la macchina dei ricordi si era messa in moto e io mi sono messo a
raccontare.
L'ISB
(troppo lungo da scrivere ogni volta) me l'aveva fatta scoprire nel
'71, a Toronto, il mio amico Stephen Martineau, forse lo stesso
giorno che mi fece ascoltare Facing you
di Keith Jarret. Stephen era figlio di un pastore scozzese (un
presbiteriano, non un cane, bestia!). Volendo sfuggire all'influenza
paterna si era arruolato nella gloriosa RAF ed era diventato pilota
di caccia, con base a Singapore. Stancatosi però anche dei caccia,
lasciò l'aviazione, sposò una newyorkese di nome Barbara, e partì
con lei per il Canada. A Toronto entrambi divennero professori, lei a
Scarborough College,
lui alla University of Toronto.
Mentre Stephen si occupava della mia educazione musicale, Barbara mi
parlava di femminismo e mi obbligava, praticamente con la forza, a
leggere Gertrude Stein, che mi misi ad amare almeno quanto avevo
amato Walter Scott la prima volta che avevo letto Ivanhoe.
Pensa che qualche anno dopo avrei scelto proprio Gertrude come
secondo nome da dare a mia figlia, che da allora nutre nei miei
confronti un rancore indomabile.
Quando
mi sposai per la prima volta, secoli fai, ricevetti da Stephen e
Barbara un misteriosissimo telegramma che diceva “Mazel
tov – Lang may yer lum reek – Barbara and Stephen”.
Se la comprensione di Mazel tov
fu facilitata dal sapere che Barbara era ebrea, mi ci volle molto più
tempo per scoprire che lang may yer lum reek è
un classico augurio in lingua scozzese che significa 'possa il tuo
camino bruciare per molti anni'. Il che non fu poi il caso, ma non
importa.
Comunque
sia, rendendomi conto che fare ascoltare alle due fanciulle
l'Incredible String Band
era stato un colpo basso, ho smanettato sull'IPod fino a trovare You
can't always get what you want,
degli Stones (http://www.youtube.com/watch?v=OagFIQMs1tw).
Approvazione generale. E ricordi a gogò.
Parigi,
forse l'inverno del '69. Ci ritroviamo con qualche amico a casa di
Tanith, vicino all'École
Militaire.
Tanith era una filiforme anglo-italo-francese, bella e intrigante
come Jane Birkin in Blow
up
di Antonioni (peraltro pessimo film, se rivisto oggi). Il giradischi
fa il suo dovere e gli amici pure, visto che numerose sigarette di
quelle che fanno ridere circolano da una mano all'altra. Dopo un po'
mi rendo conto di essere molto più di là che di qua. Mi avvicino al
giradischi, afferro le cuffie, le collego al marchingegno, mi siedo
per terra e me le piazzo sulle orecchie. Ed è proprio allora,
proprio in quell'istante lì che incomincia You
can't always get what you want.
Cosa posso dire? Che ancora oggi, più di 42 anni dopo, mi ricordo
perfettamente che: 1) il coro dei bambini all'inizio va avanti come
minimo per otto ore e, 2), che quel finalone modello Grande
porta di Kiev
di Musorgskij nella versione orchestrata da Ravel ne dura almeno
dodici. Lo so che sui CD di oggi non è più vero, non sono mica
stupido. Ma so
perfettamente che almeno su quell'LP là, quel giorno là, a casa di
Tanith, vicino all'École
Militaire
tutta lanzone durò almeno diciannove ore (o ventuno, non sono
sicuro). Lo so perché c'ero. Lo so perché quando ho riaperto gli
occhi alla fine del pezzo e mi sono accorto che tutti mi stavano
guardando in silenzio, Michel ha detto wow!
E so anche che raramente wow!
ha avuto più ragione di risuonare in questo basso mondo.
L'anno
dopo ho abitato qualche mese a Parigi, dall'altra parte dell'École
Militaire,
a casa di Ariane, un'infermiera, in una viuzza che si chiamava
Passage de la
vierge.
Se conoscete un nome di viuzza più bello di quello, fatemelo pure
sapere. Ma non credo che esista.