lunedì 24 giugno 2013

Il Vermont e Casaleggio

Gianroberto Casaleggio
È stato molto strano leggere l'intervista di Casaleggio al Corriere della sera da qui, dai boschi del Vermont. Certo, alla fattoria abbiamo un modem che consente l'accesso a internet, ma tutta la vita quotidiana, dalla preparazione degli spettacoli alla cucina, ai lavori di manutenzione, a quelli nell'orto, è organizzata intorno al rifiuto quanto più possibile della tecnologia e della “modernità”. Internet, lungi dal costituire uno spazio di libertà, è qui solo uno strumento di accesso occasionale a notizie e dati difficilmente reperibili altrove. Ieri per esempio, su richiesta di Peter, ho passato un paio d'ore a mettere insieme notizie sullo sradicamento di ulivi in Palestina da parte dei soldati e dei coloni israeliani. Ammesso e non necessariamente concesso che ciò che regna qui sia uno spirito rivoluzionario, la rivoluzione è vista innanzitutto come rifiuto dei diktat di un sistema con il quale si cerca di avere il meno a che fare possibile.
Fin dalle prime righe l'intervista di Casaleggio mi ha fatto liquefare i didimi. “”Gli eletti devono comportarsi da portavoce, il loro compito è sviluppare il programma elettorale e mantenere gli impegni presi con chi li ha votati. Ogni collegio elettorale dovrebbe essere in grado di sfiduciare e quindi di far dimettere il parlamentare che si sottrae ai suoi obblighi in ogni momento attraverso referendum locali”, sostiene il grande pensatore meneghino.
Siorre e Siorri, ecco il parlamentare usa e getta, il deputato Scottex e il senatore Tampax: io li eleggo, sì, ma perché facciano e dicano sempre e solo quello che voglio io. Sennò, a casa!
È la logica post-moderna del provvisorio e della privazione di responsabilità, della decisione presa sotto l'influenza dell'emozione del momento, dell'idealizzazione mistica del popolo come entità eternamente intelligente e competente. È la negazione del fatto che ci sono occasioni nelle quali il coraggio e l'intelligenza del politico risiedono nella sua capacità di prendere decisioni contrarie ai desideri della maggioranza dei suoi elettori. Ho già avuto occasione di far notare su questo blog che se le cose avessero funzionato così la Francia avrebbe ancora oggi la pena di morte. In quell'occasione Chirac e pochi altri votarono per l'abolizione, contro la maggioranza del loro partito.
Che il nostro sistema politico funzioni male è un dato di fatto indiscutibile. Che la nostra classe politica sia largamente corrotta e incapace, idem. Ma che questo significhi che l'idea di democrazia rappresentativa sia da buttare è non solo un salto logico estremamente azzardato, ma anche un'apertura a sistemi molto più inquietanti e liberticidi.
Un politico dovrebbe idealmente fare ciò che io, cittadino, non posso fare: lavorare a tempo pieno allo studio, la comprensione e l'esame di tutta una serie di misure da prendere per mandare avanti in maniera armonica e dignitosa la macchina dello Stato al servizio dei cittadini. Lo Stato, nella sua architettura legislativa, non è una serie di cassetti ognuno dei quali può essere riempito o svuotato a volontà senza intaccare il contenuto degli altri. Prendere una decisione legislativa non significa solo decidere in merito a un punto x della struttura globale, ma provocare onde d'urto (positive o negative che siano) sull'insieme della struttura. Io posso anche essere convintissimo di pagare troppe tasse, o di non avere una copertura sociale sufficiente, o di essere vittima di questa o quella legge che considero iniqua, ma siccome so che altri cittadini, che vivono vite diverse dalla mia, la pensano diversamente, ho bisogno che un gruppo di persone rappresentative di vari orizzonti politici, sociologici e culturali, trovi di volta in volta delle soluzioni anche se queste non vanno nel senso delle mie aspettative.
La grande truffa di Casaleggio consiste poi nel volerci far credere che internet sia in grado di garantire quella trasparenza che la politica tradizionale occulta: “La trasparenza è uno dei princìpi di Internet e credo diventerà in futuro obbligatoria per qualunque governo o organizzazione”, spiega il filosofo pubblicitario. Balle spaziali. In realtà non c'è niente di più opaco di internet. Come funziona internet? Chi controlla chi? Chi ha scritto quello che leggo? Quei trecento commenti positivi o negativi a una data notizia da dove vengono? Quanti soldi fa guadagnare quel piccolo inserto pubblicitario che si apre quando vado su un sito? Chi manipola chi?
Quello di Casaleggio è uno scientismo da primo ottocento, alla Auguste Comte; è la negazione dell'entropia, l'illusione della tecnologia liberatrice, la sottomissione alla disarmante idea che “gli smartphone, i tablet e ora Google glass, [ci consentano] di avere in tempo reale, mentre ci si sposta, informazioni su tutto ciò che ci circonda”, facendo una tragica confusione tra cìò che ci circonda e la sua immagine virtuale. E poi: vogliamo veramente vivere in un mondo in cui sia possibile avere informazioni in tempo reale su tutto ciò che ci circonda? Vogliamo davvero delegare per sempre a degli strumenti informatici la nostra capacità di intuizione, le gioie delle nostre scoperte, i piaceri delle nostre sorprese? Dopo migliaia di anni di storia umana possiamo davvero ancora concederci il lusso di crogiolarci nell'illusione che disporre di più informazioni faccia di noi persone migliori?
Pare che Shakespeare abbia avuto accesso a una trentina di libri in vita sua. È certo che Sofocle, Dante e Leonardo da Vinci messi insieme abbiano disposto di meno informazioni e abbiano letto meno libri di quanti ne abbia letti io. Eppure io non scriverò mai un nuovo Re Lear, né un nuovo Edipo re, o un solo capitolo di una nuova Divina Commedia. Siamo sinceri, non dipingerò mai nemmeno una nuova Vergine delle rocce.
La moltiplicazione dell'informazione è diventata la spina dorsale del sistema globale di sfruttamento delle masse da parte di pochi. Credere e affermare che quel sistema possa essere scardinato aumentando ulteriormente l'informazione è una pia illusione, se non un atto di malafede.
La possibilità di accesso all'informazione globale è un mito. Non solo sapere non serve a nulla se prima non si è imparato a scegliere (e questo non è certo internet che te lo può insegnare), ma illudersi che sapere di più significhi essere in grado di scegliere meglio significa non aver capito niente della natura umana.
Casaleggio fa in realtà parte di quel sistema entropico che dice di voler scardinare, ne è un fautore entusiasta quanto pericoloso. Che il suo pensiero sia diventato così importante da meritare attenzione è un sintomo della gravità della malattia di cui soffre l'Italia oggi. Che la sua voce appaia come un'alternativa al sistema in vigore è semplicemente tragico.
Il sistema ha bisogno di uno, dieci, cento Casaleggio. Il sistema vive di marketing. Ne ha bisogno per mantenere viva l'illusione che grazie al suo sviluppo domani sarà migliore di oggi, per convincerci che siamo sulla buona strada e che il progresso esiste davvero. E non importa se l'Italia, trasformata e peggiorata per vent'anni da un imprenditore inceronato privo di scrupoli, deve adesso subire i deliri di un manipolatore di opinione. Il sistema ha bisogno che i filosofi siano messi a tacere e con loro gli umanisti e tutti quelli che mettono la persona umana al centro delle loro riflessioni.
Casaleggio è una escort sado-maso del potere finanziario, un'amante a pagamento, un illusionista da baraccone, un venditore di sciroppi miracolosi che curano il mal di testa, la bromidrosi acuta e il cancro tutti insieme, un Ron Hubbard de' noialtri.
Lette da qui, le sue parole sono interessanti quanto una popò del cagnolino di Lele Mora. Purtroppo, vista l'importanza che molti tendono ad accordar loro, sono molto più inquietanti.