sabato 20 giugno 2015

Vietato parlare di razzismo

La bandiera confederata sventola nella Carolina del Sud

La cosa più raccapricciante nelle conseguenze del gesto terrorista di Dylann Storm Roof, il ventunenne terrorista che ha ucciso nove persone di colore nella Chiesa Metodista Episcopale Africana di Charleston, Carolina del Sud, sono i commenti di vari politici del Partito Repubblicano. Per molti l'importante sembra essere di negare la connotazione razzista del massacro, nonostante lo stesso Roof abbia chiaramente detto, mentre ammazzava nove persone, “stuprate le nostre donne e vi state impadronendo del nostro paese, dovete andarvene!”; nonostante lo stesso Roof si fosse fatto fotografare con una giacca di pelle sulla quale aveva cucito una bandiera della Rhodesia e una del Sudafrica dell'apartheid; nonostante lo stesso Roof abbia affermato, dopo il suo arresto, di aver voluto “dare il via a una guerra civile”; nonostante il suo compagno di stanza, Dalton Tyler, abbia spiegato che Roof era un fanatico segregazionista.
Jeb Bush, candidato Repubblicano alla presidenza, noché figlio di George 1 e fratello di George 2, ha detto: 'Non so cosa ci fosse nella testa o nel cuore dell'uomo che ha commesso questi crimini atroci.” Non lo sa.
Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha sostenuto che bisognerà aspettare le conclusioni dell'inchiesta per sapere se il gesto di Roof abbia un rapporto col razzismo, mentre è vergognoso che il Presidente Obama abbia approfittato della situazione per dire che bisognerebbe limitare il possesso di armi.
Il candidato repubblicano Lindsey Graham ha dichiarato: “Il problema non è chi siamo noi o cosa sia il nostro paese, il problema è che questo ragazzo ha un sacco di problemi”', lasciando poi intendere che le vittime erano morte non perchè erano persone di colore, ma perché erano cristiani.
Rick Santorum, candidato tre anni fa, ha sostenuto che il massacro “fa parte di un assalto generale contro la libertà di religione”.
Per Rand Paul, altro candidato Repubblicano, la colpa del massacro è di “chi non capisce da dove venga la salvezza”.
Fox News pubblicava giovedì sul suo sito un articolo intitolato Suspect in deadly Charleston shooting apparently introverted with few friends (Il sospetto nella sparatoria mortale di Charleston era apparentemente un introverso con pochi amici). Nell'articolo la parola razzista appare una sola volta, nella frase alcuni amici non sapevano che fosse razzista.
La smetto qui, anche se la lista potrebbe essere ancora lunga.
Ancora una cosa però: ilmassacro si è svolto nella Carolina del Sud, la cui capitale è Columbia. Lì c'è la Statehouse, nella quale si trovano l'ufficio del governatore e del vice-governatore, la sede del governo e dell'assemblea dello Stato, nonché quella della sua Corte Suprema. Di fronte alla Statehouse sventola la bandiera sudista, ovvero quella usata dagli Stati del Sud che combatterono quelli del Nord, in particolare per difendere il loro diritto di possedere degli schiavi. Per ricordare cosa rappresenti quella bandiera è bene citare un brano del discorso che Alexander Stephens, vice-presidente della Confederazione, tenne all'Atheneum di Savannah, Georgia, il 21 marzo 1861:
Il nostro nuovo governo è fondato sull'idea opposta; le sue basi sono fissate, le sue mura riposano sulla grande verità che i negri non sono uguali ai bianchi; che la sottomissione degli schiavi a una razza superiore è la loro condizione normale e naturale. Il nostro governo è il primo nella storia del mondo a basarsi su questa grande verità fisica, filosofica e morale.
Attento a non vomitare sul computer, che poi pulirlo è un casino.
Quella bandiera continua a sventolare e per il governatore dello Stato, Nikki Haley, non c'è nessun problema:
Quello che posso dirvi è che negli ultimi tre anni e mezzo ho passato molte giornate al telefono con dei dirigenti per creare lavoro nel nostro Stato e posso dire onestamente che non ho avuto nessuna conversazione con nessun dirigente a proposito della bandiera confederale.
Ooops... te l'avevo detto. Adesso pulisci.
Ma oggi è il 20 giugno. Ed è l'anniversario del giorno in cui, 48 anni fa, il pugile Muhammad Ali rifiutò la coscrizione. Rifiutò di andare a combattere in Vietnam. E questo è ciò che disse:
Perché dovrebbero chiedermi di portare un'uniforme e di andarmene a 10.000 miglia da casa mia per lanciare bombe e pallottole sulla gente dalla pelle marrone del Vietnam quando dei cosidetti negri a Louisville1sono trattati come cani e sono privati dei loro semplici diritti umani? No, non me ne andrò a 10.000 miglia da casa per aiutare a uccidere e bruciare un'altro povero paese solo per perpetrare la dominazione dei bianchi padroni di schiavi sulla gente con la pelle scura. Oggi è il giorno in cui queste malvagità devono finire. Mi hanno avvertito che prendere questa posizione mi costerà milioni di dollari. Ma l'ho già detto e lo dico ancora. I veri nemici del mio popolo sono qui. Se pensassi che la guerra potrebbe portare la libertà e l'uguaglianza ai 22 milioni del mio popolo, non avrebbero bisogno di arruolarmi, mi porterei volontario domani. Non ho niente da perdere restando fedele a ciò in cui credo. Andrò in prigione, e allora? Siamo in prigione da 400 anni.
A proposito di prigioni: secondo varie fonti, la percentuale di afro-americani nelle prigioni statunitensi sarebbe di 5 a 6 volte a quella dei bianchi.

1Città del Kentucky dove Martin Luther King era stato accolto a sassate e sputi dalla comunità bianca un mese prima