mercoledì 24 giugno 2015

Perché gli atei ammazzano i bambini

Francisco "Kiko" José Gómez Arguëllo

Un lungo discorso, articolato, pieno di riferimenti teologici e filosofici. Ma per buona parte dei media italiani su internet l’intervento di Kiko Arguello, star neocatecumenale che ha appassionato il Family Day sabato 20 giugno, si può riassumere in poche e grevi parole: “Ha detto che il femminicidio è colpa delle donne che lasciano i mariti”.
Di sito in sito, inclusi alcune testate importanti come il sito della Stampa e l’Huffington Post, la notizia sta facendo il giro del web. In realtà, il pittore spagnolo ha sostenuto davanti una piazza San Giovanni piena di gente, che senza la fede l’uomo non ha un ruolo nella vita e finisce per trovarlo solo nell’amore della se lei lo lascia [sic], sente negata la sua stessa esistenza.

Questo è quanto scriveva ieri sul Giornale tale Giuseppe Marino, le cui parole sembrano scritte apposta per confermare le teorie del fisico statunitense Hugh Everett III che nel 1957 fu il primo a parlare di universi paralleli.
Non si vede infatti come un qualsiasi essere multicellulare vivente in quell'anonimo angolo della Via Lattea che noi chiamiamo Sistema Solare, su quel pianetino azzurrognolo che noi chiamiamo Terra, possa non rendersi conto del disgusto che hanno potuto provocare le parole che il pittore spagnolo Francisco “Kiko” José  Gómez Argüello Wirtz ha pronunciato dal palco del Family day sabato scorso.
Dirò subito che ho esitato a pubblicare questo post. Ho esitato perché Argüello è uno dei fondatori del movimento neocatecumenale, del quale fanno parte anche alcuni membri della mia famiglia, che assolutamente niente mi spinge ad irritare. Però è proprio perché questi membri della mia famiglia li conosco bene e li reputo persone intelligenti, ancorché con idee profondamente diverse dalle mie, e non credo che mi rifiuteranno comunque un piatto di culurgiones nella mia prossima visita in Sardegna, che ho deciso di scrivere, dopo aver esaminato attentamente il video di 13 minuti e 10 secondi pubblicato dall'Huffington Post. Quel video l'ho guardato e l'ho riguardato, incredulo. Poi l'ho ritrascritto, parola per parola, il che non è stato facile. Argüello è spagnolo e, anche se parla bene italiano, fa un certo numero di errori nella nostra lingua. Ho incominciato col cercare di eliminare quegli errori, ma ho presto capito che era inutile. L'enormità delle frasi non veniva tanto da una loro comprensibile approssimazione lessicale, quanto da una vertiginosa incapacità dell'oratore a dare un senso a ciò che diceva e da quello che mi è sembrato un suo voler passare da slogan a slogan senza alcuna costruzione, né alcuna logica. L'impressione forte, rileggendo il testo dell'intervento, è che tutto non sia che il frutto di un eccessivo consumo di vino dei Colli Romani, o di qualche altra sostanza stupefacente.
Nota metodologica: ho corretto qua e là qualche parola spagnola che era sfuggita, come è normale, a un oratore che parlava in una lingua non sua, ma ho lasciato molte costruzioni di frasi di origine chiaramente spagnola; ho barrato così alcune parole presenti nel discorso, ma che erano chiaramente dei semplici lapsus (ancorché divertenti); ho aggiunto qualche nota a fondo pagina. Ecco il testo.

Mi sorprende quando ho sentito parlare di femminicidio e anche vogliono che queste violenze contro le donne — in Spagna ci sono ogni anno 60 donne uccise, in Italia non lo so, eccetera — pensano che questa ideologia del gender1 va a attutire, va a diminuire [incomprensibile] perché pensano che questa dualità maschio/femmina è in contrasto, è quasi in odio, in odio/amore eccetera... Noi dobbiamo dire che questo non è vero. Secondo noi la radice sta nell'antropologia della rivelazione2. Voi sapete che San Paolo dice “charitas Christi urget nos3”, l'amore di Cristo ci urge, ci spinge dentro al pensiero, ché se Cristo è morto per tutti, tutti gli uomini sono morti4. Tutti.
Che cosa strana, tutti morti... E si domanda San Paolo: “E perché sono morti? E perché Cristo è morto?” È morto per tutti perché tutti gli uomini abbiano accesso gratuito, gratis, alla vita  immortale
Allora tutti sono morti. Allora dice: “L'amore di Cristo ci spinge dentro a questo pensiero, che tutti gli uomini hanno accesso gratuitamente alla vita eterna, alla vita immortale, alla vittoria sulla morte.

Però attenzione adesso: dice “ma perchè è morto?” E lui fa una risposta sorprendente. Dice “è morto perché l'uomo non viva più per se stesso, ma viva per colui che è morto e resuscitato per loro. (Seconda Epistola ai Corinzi).
Allora secondo l'antropologia di San Paolo tutti gli uomini siamo come condannati a vivere tutto per noi. Ma che cosa cattiva, in tutto vivere, cercare... cercare che cosa? La nostra felicità? Tutti viviamo per noi stessi. Perché questo è così grave? Che vuole dire San Paolo? Perchè è così grave, grave che Cristo ha dovuto morire? Per darsi a noi, per sollevarci da questa condizione.
E noi questo lo spieghiamo nel peccato originale. Noi diciamo che quando Adamo ed Eva, che sono stati creati da Dio — “maschio e femmina li creò”, dice la Genesi — cosa che l'idea di gender vuole seminare nei figli l'idea di ateismo, perché non accetta questa definizione della Bibbia, questi della ONU che han pensato tutto questo sono atei e vogliono una società totalmente laica, aconfessionale, eccetera5. E seminano nei bambini queste cose, va bene, dobbiamo sopportare. Noi, grazie a Dio, sappiamo che la famiglia cristiana è vincitrice6. Se abbiamo famiglie cristiane autentiche che sanno passare la fede ai figli abbiamo vinto. Non potrà né lo Stato... nessuno potrà contro di noi7. [applausi]
Per questo sostenere la famiglia, eccetera, bene.
Allora, dice la Genesi che Eva stava sotto l'albero, come sapete, della scienza del bene e del male, e il demonio, sotto l'apparenza di un serpente — anche perché nel paradiso c'era una comunione con tutti gli animali... non che avesse ripugnanza, niente... — sotto l'apparenza di un animale, e questo seduttore, questo che abbiamo cantato nell'Apocalisse, il seduttore del mondo intero, molto, molto intelligente perché è un angelo, era l'angelo più bello, luz... luce bella, Luzbel8, nel paradiso. E Gesù Cristo quando parla del demonio lo chiama “il mentitore dal principio”, assassino dal principio. Non accettò [di] non essere Dio e si dannò. Bene, questo è un mistero, un miracolo, un mistero, diciamo così capire questo. Però se bisogna che noi capiamo alcune pennellature — io sono un pittore e parlo con piccole pennellate e una delle pennellate più importanti è la parola libertà. Una delle cose che più gloria dà a Dio è il peccato, è che l'uomo sia così grande, così l'ha fatto Dio, grande, grande, grande, che si può ribellare contro Dio e uccidere Dio e farsi lui Dio. Perché il demonio dice a Eva (attenzione a questo), le dice prima una menzogna: “Come è possibile che voi non potete mangiare da nessun albero del paradiso?” Non è vero, no. Però perché ha detto questa menzogna? Per lasciare nel subconscio di Eva che se hanno una proibizione non sono liberi. Eva gli risponde: “Non è vero. Possiamo mangiare da tutti gli alberi. Soltanto da questo che sta qui al centro ci ha detto Dio: non mangiare perché ne morirai.” Il demonio dice una seconda menzogna: “Non è vero che morirai, è che Dio sa molto bene che il giorno che tu mangi sarai come lui, sarai come Dio, perché adesso conosci il bene, fai l'esperienza del male e da te, dalla tua propria esperienza sarai come Dio perché tu deciderai il bene e il male.”
Questo, di essere come Dio, Eva l'ha affascinata. Dice San Paolo che il demonio, prendendo occasione dalla legge, ci ha sedotto e ci ha ucciso. Essere come Dio, decidere da te, libera, non hai bisogno... Il demonio fa capire che Dio è un geloso, è un mostro, e se Dio è un mostro Dio non c'è. È geloso e non vuole che mangiamo da questo albero perché non vuole che l'uomo sia come Dio.
Questo è molto profondo. Allora Eva, affascinata da questo essere lei Dio, mangiò e diede da mangiare a suo marito. Sapete cosa dice la Genesi? Che Dio vedendo Maria Eva e Abramo Adamo, dice: “Ecco che l'uomo è diventato come uno di noi.”
Effettivamente l'uomo è diventato come Dio, perché l'uomo adesso è Dio di se stesso: quanta gente si alza al mattino domani e fanno quello che gli pare? Prendono la macchina, fanno colazione, vanno al lavoro e dirigono loro la loro vita, sono Dio di se stessi. Tutti. Pensano che sia meglio per essere felici. Tutti vivono per se stessi. È quello che dice San Paolo, vivono per se stessi. Tutto.
Però attenzione: le conseguenze di questo atto, dice un filosofo, un teologo che si chiama Kierkegaard, provoca la morte, la morte dell'essere dentro all'uomo. Perché la parola essere, essere persona, quando nell'uomo muore l'essere persona, la parola persona, in greco la radice è la stessa che la parola personaggio9, di un'opera di teatro, e attenzione a questo: in un'opera di teatro il regista dice a uno: “tu sarai — ecco l'essere — tu sarai, in quest'opera di teatro, un principe.” E [lui] deve essere un principe. E a una ragazza dice: “tu sarai principessa.” A un altro dice: “tu sarai un soldato.” Cioè, ecco la radice della parola persona personaggio. E noi, se il demonio dice che non c'è nessun regista, perché non c'è Dio, ci ha convinto che se esistesse un Dio sarebbe un dio geloso, che ci vuole castrare con la legge. Allora chi dà a me l'essere persona, l'essere? Chi me lo fa se Dio non c'è?
Noi sappiamo che Dio ci ha dato l'essere in quanto che tu esisti per me come figlio mio. Io ti amo. Ma il demonio dice che questo è una menzogna, non è vero. Pensate oggi quante nazioni, milioni e milioni di uomini sono atei. Non credono che esista un Dio, né che esista un Dio creatore, né niente. Allora il mio essere persona viene morto, perché le radici che mi fanno essere persona sono tagliate10. Allora, a me, chi mi ha creato? Non lo so. E perché sono stato creato? Non lo so. E qual'è il mio ruolo? In un'opera di teatro una ha il ruolo di principessa, un altro di soldato, ma io, chi mi ha creato? Chi sono? Che cosa devo fare nella vita? Eccetera.
La morte oncologica11, morte dell'essere... 
E attenzione adesso: questa del femminicidio. Oggi stesso parla la donna di quello che l'anno scorso ha ucciso due bambine bellissime. È stato cercato da tutta la polizia svizzera e si sapeva che le aveva rapite. Non l'hanno trovato e sappiamo che si è ucciso. Adesso in Spagna c'è un macello, un uomo che ha ucciso cinque bambini. Si chiama [incomprensibile] e sta in carcere, eccetera. Tanti casi di questo tipo, donne uccise.
Ma vi dico una cosa: dicono che questa violenza del gender è a causa della dualità tra maschio e femmina. Bene, noi diciamo “non è così”. Questo uomo ha ucciso i bambini per un'altra ragione: perché se questo uomo è un laico, un secolarizzato, ateo, che ha lasciato di praticare e non va a Messa, il suo essere persona chi glielo dà12? L'amore della moglie. La moglie gli dice come in un'opera di teatro, “tu sei mio marito. Lo sei, io ti faccio, ti dò l'essere mio marito.” E lui... questo amore... questo essere amato dalla moglie...
Ma se la moglie lo abbandona e va con un'altra donna, questo uomo può fare una scoperta inimmaginabile: di colpo quella moglie gli ha tolto l'essere, non lo ama più, e [lui] sperimenta il non essere amato. Questo si chiama l'inferno, perché Dio è amore. Il primo moto che sente dentro... sente un amore che è tanto profondo, tanto profondo, che il primo moto è ucciderla13. E il secondo moto è, siccome il dolore che sente è quasi mistico, perché è siderale, è orroroso... non essere amato [lo] ha piombato in un buco nero eterno, allora pensa: “Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto, la sofferenza che ho? Che questo è orribile, orribile, orribile. Lo so: uccidere i bambini14.” E va e uccide i bambini. 
Perché l'inferno esiste. Dio è amore. Ora siccome loro non sono cristiani, nessuno gli spiega l'antropologia cristiana, l'ha detto in fondo Shakespeare: “To be or not to be”, essere o non essere, “that is the question15”, ecco il problema vero: chi dà a noi di essere, essere amati, non possiamo vivere se non siamo amati. Siamo in una famiglia, vogliamo essere amati dai genitori; dopo, dagli amici della scuola, dopo da una fidanzata, dopo da una moglie. Non possiamo vivere senza essere amati.

Il video si interrompe qui.
Che dire? Che spero veramente che Argüello fosse ubriaco, sennò ci sarebbe da prenderlo a sberle per la sua approssimazione, il suo disprezzo, la sua ignoranza e il suo bieco maschilismo troglodita.
Se proprio vuoi vederti anche il video lo trovi qui
 
1 Naturalmente l'ideologia del gender non esiste. Negli Stati Uniti si parla di gender studies, definiti come studi consacrati alle identità e differenze tra i generi. Questi sono naturalmente in primis, il maschile e il femminile, ma per molti l'omosessule, il bisessuale e il transgender vanno considerati anche loro come generi a parte. 
 
2 Immagino che l'espressione derivi dalla cosiddetta teoantropologia di Karl Barth, secondo il quale l'uomo è determinato ontologicamente dal fatto che Dio è diventato uomo.

3 Seconda epistola  ai Corinzi, 5,14.

4 Ammetto che mi sfugge qualcosa nella logica di questa frase.

5 Forse un riferimento all'Articolo Secondo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che di ce che ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, ecc. In cosa poi l'ateismo neghi che al mondo esistono degli uomini e delle donne resta per un grande mistero.

6 Vincitrice su chi?

7 Ah, sullo Stato.

8 Vedi Isaia 14, 12 nella versione spagnola. Nella versione italiana della CEI Luzbel è semplicemente Lucifero

9 La parola persona viene dal latino persona, parola a sua volta derivata dall'etrusco phersu, maschera. La parola personaggio deriva dal francese personnage, che deriva a sua volta da persona.

10 Quindi o uno è credente, o è morto.

11 Ho riascoltato più volte, dicendomi che forse diceva ontologica, ma no, dice proprio oncologica.

12 Ovvero: se ha ucciso i bambini è perché era ateo. Non fa una piega. Infatti i credenti non uccidono.

13 E beh, certo: tutti gli atei che si fanno lasciare dalla moglie pensano per prima cosa a ucciderla. Sennò che atei sono?

14 Idem. 

15 Questa è la più grottesca interpretazione shakespeariana che mi sia mai capitato di leggere.

domenica 21 giugno 2015

Chi indottrina chi?

Una famiglia

Che qualche centinaio di migliaia di persone scenda in piazza per difendere ciò in cui crede non è cosa di per sé strana, nemmeno nel caso in cui quella “cosa” è la famiglia “tradizionale”. Ciò che fa specie però è che dietro questa pretesa difesa di qualcosa si palesa, anche con toni virulenti e oltranzisti, la ferma volontà di impedire ad altri di vivere secondo le loro credenze. Il tutto è poi vigliaccamente nascosto dietro una patina religiosa, come se il fatto di passare la vita a recitare mantra tipo “Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente”, o “Padre nostro che sei nei cieli” implicasse automaticamente per chi quei mantra non li recita una specie di inferiorità mentale, etica, filosofica e magari pure genetica.
Alla base di tutto questo c'è ovviamente un rifiuto totale e assoluto non tanto dell'omosessualità, quanto della sua pratica. Anche i più idioti tra i fanatici religiosi non ignorano l'esistenza di pulsioni omosessuali, ma ai loro occhi queste sono opera del demonio, sono tare, malattie dalle quali il già citato Padre Onnipotente avrebbe la forza di liberarci. In altri termini, se sei diverso da me è che sei malato.
Ma c'è di peggio. Basta andare a guardare un po' di siti tradizionalisti, come quello di LaManif pour tous Italia, di Provita, ma anche della Radio Vaticana o di Avvenire per constatare che il grande spauracchio dei difensori della cosiddetta famiglia tradizionale è l'indottrinamento gender. Dico spauracchio semplicemente perché, contrariamente a quanto sostenuto da questi siti, non esiste una “teoria del gender”. Spiace che l'espressione sia stata usata anche da Papa Bergoglio durante un'udienza generale in piazza San Pietro il 14 aprile scorso:
io mi domando se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa.
Mi permetto di correggerla, Santità: ciò che lei incautamente definisce teoria del gender è un'invenzione fuoruscita dalla fertile ancorché infausta fantasia di alcuni dei suoi fedeli e non ha alcuna base scientifica. È aria fritta.
Detto questo, la cosa più grottesca è che si possa parlare di indottrinamento gender basando le proprie convinzioni... su un indottrinamento! La pratica di una religione cos'è se non il frutto di un indottrinamento? E cos'è il Catechismo della Chiesa Cattolica, riformato durante il papato di Giovanni Paolo II da una commissione presieduta dal Cardinale Ratzinger, se non la base di un indottrinamento?
Ovviamente la dottrina non è cosa riservata alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Dottrina significa semplicemente insegnamento o apprendimento di nozioni relative al sapere in genere o a una determinata disciplina (Treccani). Ma allora perché l'idea di indottrinamento, che fa parte della pratica corrente di ogni religione, diventa improvvisamente malefica se è applicata a chi la pensa in maniera diversa? Che lo diventi quando quell'indottrinamento spinge all'odio, alla negazione dei diritti altrui, alla guerra ideologica, o all'omicidio, siamo d'accordo. Ma dove sono rintracciabili queste aberrazioni nel desiderio di due persone innamorate di vivere insieme, di vedere riconosciuta legalmente la loro unione ed eventualmente di adottare ed elevare dei figli?
I figli, altro grosso problema, altro grosso spauracchio. Qualcuno può farmi vedere uno studio scientifico articolato che sostenga che i figli allevati da coppie omosessuali sono più infelici, più violenti, più sradicati, o anche semplicemente più omosessuali (!) di quelli allevati da famiglie “tradizionali”? Uh uh! C'è qualcuno?
Io ho 64 anni. Parole come finocchio, culattone, pederasta, checca, o invertito erano di uso comune mezzo secolo fa. Sono nato e cresciuto in quella cultura lì, che considerava gli omosessuali come devianti e perversi, una cultura che faceva poca differenza tra un omosessuale e un pedofilo. Ma che sia stata Madre Natura o che sia stato il Padre Onnipotente, qualcuno mi ha messo dentro il cranio un po' di materia grigia, quella che serve per pensare. Così, pensando, mi sono accordo che anche lo schiavismo è stato “tradizionale” nel passato, così come lo sono stati la totale sottomissione della donna all'uomo, il delitto d'onore, la pena di morte, l'uso della guerra come metodo di soluzione di ogni conflitto internazionale e tutta una lunga serie di altri comportamenti che ci appaiono oggi come barbari. Non è che perché una cosa è tradizionale sia buona. Ci sono pessime tradizioni. Per me la religione è una di queste, eppure non mi verrebbe mai in mente di negare ai fedeli di una qualsiasi religione il diritto di esercitare i loro diritti, di recitare i loro mantra e di sposarsi con chi vogliono, almeno finché lo fanno senza infrangere i miei. Qualcuno può spiegarmi in cosa verrebbe intaccato il diritto di sposarsi in chiesa e di vivere secondo i dettami della dottrina cristiana se esistesse il diritto di matrimonio per le coppie omosessuali?
Mi viene quasi vergogna a scrivere cose così ovvie e banali.

sabato 20 giugno 2015

Vietato parlare di razzismo

La bandiera confederata sventola nella Carolina del Sud

La cosa più raccapricciante nelle conseguenze del gesto terrorista di Dylann Storm Roof, il ventunenne terrorista che ha ucciso nove persone di colore nella Chiesa Metodista Episcopale Africana di Charleston, Carolina del Sud, sono i commenti di vari politici del Partito Repubblicano. Per molti l'importante sembra essere di negare la connotazione razzista del massacro, nonostante lo stesso Roof abbia chiaramente detto, mentre ammazzava nove persone, “stuprate le nostre donne e vi state impadronendo del nostro paese, dovete andarvene!”; nonostante lo stesso Roof si fosse fatto fotografare con una giacca di pelle sulla quale aveva cucito una bandiera della Rhodesia e una del Sudafrica dell'apartheid; nonostante lo stesso Roof abbia affermato, dopo il suo arresto, di aver voluto “dare il via a una guerra civile”; nonostante il suo compagno di stanza, Dalton Tyler, abbia spiegato che Roof era un fanatico segregazionista.
Jeb Bush, candidato Repubblicano alla presidenza, noché figlio di George 1 e fratello di George 2, ha detto: 'Non so cosa ci fosse nella testa o nel cuore dell'uomo che ha commesso questi crimini atroci.” Non lo sa.
Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha sostenuto che bisognerà aspettare le conclusioni dell'inchiesta per sapere se il gesto di Roof abbia un rapporto col razzismo, mentre è vergognoso che il Presidente Obama abbia approfittato della situazione per dire che bisognerebbe limitare il possesso di armi.
Il candidato repubblicano Lindsey Graham ha dichiarato: “Il problema non è chi siamo noi o cosa sia il nostro paese, il problema è che questo ragazzo ha un sacco di problemi”', lasciando poi intendere che le vittime erano morte non perchè erano persone di colore, ma perché erano cristiani.
Rick Santorum, candidato tre anni fa, ha sostenuto che il massacro “fa parte di un assalto generale contro la libertà di religione”.
Per Rand Paul, altro candidato Repubblicano, la colpa del massacro è di “chi non capisce da dove venga la salvezza”.
Fox News pubblicava giovedì sul suo sito un articolo intitolato Suspect in deadly Charleston shooting apparently introverted with few friends (Il sospetto nella sparatoria mortale di Charleston era apparentemente un introverso con pochi amici). Nell'articolo la parola razzista appare una sola volta, nella frase alcuni amici non sapevano che fosse razzista.
La smetto qui, anche se la lista potrebbe essere ancora lunga.
Ancora una cosa però: ilmassacro si è svolto nella Carolina del Sud, la cui capitale è Columbia. Lì c'è la Statehouse, nella quale si trovano l'ufficio del governatore e del vice-governatore, la sede del governo e dell'assemblea dello Stato, nonché quella della sua Corte Suprema. Di fronte alla Statehouse sventola la bandiera sudista, ovvero quella usata dagli Stati del Sud che combatterono quelli del Nord, in particolare per difendere il loro diritto di possedere degli schiavi. Per ricordare cosa rappresenti quella bandiera è bene citare un brano del discorso che Alexander Stephens, vice-presidente della Confederazione, tenne all'Atheneum di Savannah, Georgia, il 21 marzo 1861:
Il nostro nuovo governo è fondato sull'idea opposta; le sue basi sono fissate, le sue mura riposano sulla grande verità che i negri non sono uguali ai bianchi; che la sottomissione degli schiavi a una razza superiore è la loro condizione normale e naturale. Il nostro governo è il primo nella storia del mondo a basarsi su questa grande verità fisica, filosofica e morale.
Attento a non vomitare sul computer, che poi pulirlo è un casino.
Quella bandiera continua a sventolare e per il governatore dello Stato, Nikki Haley, non c'è nessun problema:
Quello che posso dirvi è che negli ultimi tre anni e mezzo ho passato molte giornate al telefono con dei dirigenti per creare lavoro nel nostro Stato e posso dire onestamente che non ho avuto nessuna conversazione con nessun dirigente a proposito della bandiera confederale.
Ooops... te l'avevo detto. Adesso pulisci.
Ma oggi è il 20 giugno. Ed è l'anniversario del giorno in cui, 48 anni fa, il pugile Muhammad Ali rifiutò la coscrizione. Rifiutò di andare a combattere in Vietnam. E questo è ciò che disse:
Perché dovrebbero chiedermi di portare un'uniforme e di andarmene a 10.000 miglia da casa mia per lanciare bombe e pallottole sulla gente dalla pelle marrone del Vietnam quando dei cosidetti negri a Louisville1sono trattati come cani e sono privati dei loro semplici diritti umani? No, non me ne andrò a 10.000 miglia da casa per aiutare a uccidere e bruciare un'altro povero paese solo per perpetrare la dominazione dei bianchi padroni di schiavi sulla gente con la pelle scura. Oggi è il giorno in cui queste malvagità devono finire. Mi hanno avvertito che prendere questa posizione mi costerà milioni di dollari. Ma l'ho già detto e lo dico ancora. I veri nemici del mio popolo sono qui. Se pensassi che la guerra potrebbe portare la libertà e l'uguaglianza ai 22 milioni del mio popolo, non avrebbero bisogno di arruolarmi, mi porterei volontario domani. Non ho niente da perdere restando fedele a ciò in cui credo. Andrò in prigione, e allora? Siamo in prigione da 400 anni.
A proposito di prigioni: secondo varie fonti, la percentuale di afro-americani nelle prigioni statunitensi sarebbe di 5 a 6 volte a quella dei bianchi.

1Città del Kentucky dove Martin Luther King era stato accolto a sassate e sputi dalla comunità bianca un mese prima

mercoledì 17 giugno 2015

Bibliografia hippy


Alla voce hippy, il vocabolario Treccani dice:
hippyhìpi(o hippie) s. e agg. ingl. [di etimo e sign. incerto] (pl., come sost., hippieshìpi), usato in ital. al masch. e al femm. – Seguace di un movimento giovanile sorto negli Stati Uniti d’America negli anni ’60 del Novecento, e di là diffusosi anche in Europa, il quale rifiuta istituzioni, norme e costumi della società consumistica, mettendosene ai margini in una posizione di protesta che si attua in forme solitamente non violente quali la vita comunitaria, la predicazione dell’amore universale, l’uso generalizzato delle droghe leggere, un modo anticonvenzionale di abbigliarsi. Per estens., il termine è stato usato per indicare qualsiasi giovane dai capelli lunghi, con abbigliamento e atteggiamenti stravaganti e anticonvenzionali. In funzione di agg., che è proprio degli hippies e delle loro manifestazioni: la moda h., i costumi h.; canzoni, cantanti hippy.
L'aver fatto parte di quel movimento è per me ancora oggi fonte di orgoglio. Lo so, oggi in Italia la parola hippy non la usa quasi più nessuno, preferondole la spregiativa fricchettone, derivata da freak, di cui sempre il Treccani dà la seguente definizione:
freakfrìiks. ingl. [in origine «capriccio, ghiribizzo», poi anche con altri sign., tra cui «essere abnorme, mostro o capriccio di natura»] (pl. freaksfrìiks), usato in ital. al masch. e al femm. – Termine introdotto negli anni Settanta per indicare chi, spec. tra i giovani, rifiutava apertamente le ideologie, così come le norme e i modi comuni di comportamento sociale, adottando comportamenti anticonvenzionali e anticonformistici, vivendo alla giornata e spesso facendo uso di droghe. ◆ In ital. la parola è stata talora adattata scherz. in fricchettóne (v.).
Ciò che né il Treccani (vocabolario) né la Treccani (enciclopedia) dicono è da dove venga il termine hippy, informazione che ci fornisce l'Enciclopedia Britannica:
La parola deriva da “hip”, termine usato a proposito dei beats degli anni '50, come Allen Ginsberg e Jack Kerouac, che erano generalmente considerati come precursori degli hippies.
Sempre la Britannica ci dà informazioni supplementari:
Movimento beat, chiamato anche beat generation; movimento sociale e letterario americano nato negli anni '50 nelle comunità artistiche bohemienne della North Beach di San Francisco, della Venice West di Los Angeles e del Greenwich Village di New York. I suoi aderenti, che si definivano beat (che in origine significava “stanco”, ma che più tardi prese un senso musicale, indicò una spiritualità “beatifica” ed ebbe altri sensi), ma furono derisi come “beatnik”, esprimevano la loro alienazione dalla società convenzionale, o “quadrata” (square) adottando uno stile vestimentario trasandato e dei modi e un vocabolario “hip” preso a prestito dai musicisti jazz.
Fin qui tutto bene, mi dirai. E magari aggiungerai che hai capito benissimo che tutto questo mio aggrapparmi a vocabolari e enciclopedie è un modo come un altro di cercare di superare quella strutturale incapacità di analisi che caratterizza quel poco più di un chilo di materia grigia che mi ritrovo nel cranio. Sul che non posso che concordare.
In realtà tutto questo arzigogolare viene da una semplice domanda che mi sono fatto: come diavolo ho finito io, un adolescente qualsiasi che viveva al settimo piano di una casa popolare nell'estrema periferia milanese, col far parte di quel movimento? Semplicemente attraverso delle letture.
Come credo di aver già raccontato in un vecchio post, tutto incominciò nel 1964, quando il mio amico Paolo Zanotti mi mise in mano un disco di Bob Dylan. A quel primo disco (The Freewheelin' Bob Dylan) ne seguì un secondo, Another Side of Bob Dylan, sul retro del quale c'era una lunga poesia nella quale appariva il nome di Allen Ginsberg. Comprai un libro di Ginsberg e ci trovai il nome di Walt Whitman, ma anche quello di Lawrence Ferlinghetti ed è così che, tirando sul filo e incominciando poi a incontrare persone che sapevano più cose di me, passai da lettura a lettura.
Quasi cinquant'anni dopo, guardandomi indietro, mi è venuta voglia di buttare giù questa piccola bibliografia hippy del tutto personale e sicuramente incompleta. Non tutti questi libri hanno a che fare col movimento hippy: alcuni sono stati scritti prima, altri non hanno niente di hippy nella struttura o nella scrittura, ma mi pare che tutti possano essere considerati oggi come elementi costitutivi di quel movimento.
Alcuni li ho riletti anni dopo, di altri ho solo lontani ricordi. Ma per tutti sento ancora un grande affetto e una specie di riconoscenza per avermi permesso di vivere una quindicina d'anni pieni di sogni e di avventure.
Se definirmi hippy oggi mi sembrerebbe ridicolo, sono però fiero di esserlo stato. E la facile ironia di chi usa quella parola in senso dispregiativo mi provoca sempre una certa tristezza, perché ci vedo un rancore e un'aggressività che erano esattamente due dei sentimenti dai quali noi hippies cercavamo di liberarci, pur se in maniera caotica e spesso inconcludente. In realtà continuo a credere che l'aver fatto parte di quel movimento sia stata un'immensa fortuna e un grande privilegio.
Ecco quindi la mia bibliografia, che magari potrà interessare qualcuno, dandogli voglia di andare a scoprire qualche libro che mi pare possa avere ancora oggi un suo interesse.

NARRATIVA
  • Herman Hesse, Il lupo della steppa e Siddharta
  • Richard Brautigan, Zucchero di cocomero e Pesca alla trota in America
  • Kurt Vonnegut, Mattatoio n°5 e Ghiaccio-nove
  • Joseph Conrad, Cuore di tenebra
  • J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli
  • Tom Robbins, Uno zoo lungo la strada
  • Jack Kerouac, Sulla strada
  • Ken Kesey, Qualcuno volò sul nido del cuculo
  • Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie
  • Richard Adams, La collina dei conigli
  • E.M. Forster, Passaggio in India
  • James Hilton, Orizzonte perduto
  • Aldous Huxley, Il mondo nuovo
  • Ursula K. Le Guin, La trilogia di Terramare (diventata più tardi pentologia)
  • Somerset Maugham, Il filo del rasoio
  • Marcel Schwob, La crociata dei bambini
  • Nevil Shute, Una città come Alice
POESIA
  • Allen Ginsberg, Urlo e altre poesie
  • Lawrence Ferlinghetti, Un Coney Island della mente
  • Walt Whitman, Foglie d'erba
  • Basho, Lo stretto sentiero verso il profondo Nord
  • Lee Masters, Antologia di Spoon River
SAGGISTICA
  • Buckminster Fuller, Manuale operativo per l'astronave Terra
  • Tom Wolfe, The Electric Kool-Aid Acid Test (il titolo italiano, L'Acid Test al Rinfresko Elettriko, è davvero orribile)
  • Aldous Huxley, Le porte della percezione
  • Wilhelm Reich, La funzione dell'orgasmo
  • Louis Pauwels e Jacques Bergier, Il mattino dei maghi
  • Eugen Herrigel, Lo Zen e il tiro con l'arco
  • Junichiro Tanizaki, Libro d'ombra
  • Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell'arte
  • George Orwell, Omaggio alla Catalogna
  • Gertrude Stein, Storia geografica dell'America
  • Henry David Thoreau, La disobbedienza civile
  • George Woodcock, L'anarchia
BIOGRAFIE/ AUTOBIOGRAFIE
  • Allan Ted, Gordon Sidney, Lo scalpello, la spada: la storia del Dottor Norman Bethune (non tradotto in italiano)
  • Woody Guthrie, Questa terra è la mia terra
  • Henry David Thoreau, Walden
  • T. E. Lawrence, I sette pilastri della saggezza
  • John Neihardt, Alce Nero parla

mercoledì 10 giugno 2015

Da Pirlo al Mahabharata

La morte di Jayadratha

Sono quasi le sei e mezzo del mattino. Ho davanti la mia solita tazzona di té (questa mattina un Gielle del Darjeeling) e due fette di pane nero con su una bella spalmatina di burro e una di marmellata Chiaverini (mamma mia, quanto son buone le marmellate Chiaverini!).
Al di là della tazza ho il computer. So guardando la mia pagina Facebook quando capito sul post di qualcuno che condivide un post di qualcun altro — come è spesso il caso su FB. Questo post di qualcun altro cita Andrea Pirlo come netto oppositore ad ogni forma di razzismo e incomincia così: “Pirlo: non sono sinto ma non ho nulla contro i sinti.” E lì parto per una di quelle passeggiatine virtuali che possono essere molto goduriose.
Ma chi sono esattamente i sinti?, mi chiedo.
Vado sulla Treccani: “Sinti - Popolazione nomade di origine indiana, il cui nome deriva da Sind, regione del Pakistan occidentale, attraversata dal fiume Indo, dalla quale probabilmente i S. ebbero origine. La provenienza e la storia recente dei S. sono in gran parte analoghe a quelle della popolazione Rom.
Vado a vedere “Indo” e trovo: “Indo (sanscr. Sindhu)”. E mi fermo subito.
Poffarbacco, mi dico affondando i denti nella fetta di pane con su la marmellata d'albicocche (l'altra ha su quella di more di rovo selvatico), ma allora i sindhu del Mahabharata altro non sono che i sinti! Re Jayadratha era un sinto!
Ma si dice sinto? La Treccani me lo dà solo come aggettivo (il patrimonio culturale rom e sinto è ricco e affascinante); Wikipedia in italiano non me lo dà proprio, ma me lo dà in inglese: “masc. sing. Sinto fem. sing. Sintisa.
Wikipedia in italiano mi informa però del fatto che sia gli Orfei che i Togni, le due grandi famiglie circensi italiane, sono di origine sinta (nel caso si dica così), il che è una di quelle cose che poi potrai sempre piazzare in una cena a casa di amici facendo un figurone.
Lascio aperte Treccani e Wikipedia e vado sulla versione pdf della Puranic Encyclopaedia - a Comprehensive Dictionary with Special Reference to the Epic and Puranic Literature (Enciclopedia puranica ­- un dizionario completo dei racconti epici e della letteratura puranica), un librone che in versione cartacea ha più di 900 pagine 29x21,5 cm. e che è un oceano di informazioni, in particolare sul Mahabharata
Nel caso non avessi dimestichezza con l'India, ti ricordo che i Purana sono delle raccolte di leggende e miti codificati a partire dal -X secolo e sono quindi più tardivi rispetto ai Veda. Il Mahabharata è spesso chiamato il quinto Veda.
Tornando ai sindhu, mi viene voglia di vedere dove scorra veramente il fiume Sindhu, che noi conosciamo come Indo semplicemente perché così lo chiamò Alessandro il macedone 23 secoli fa, forse perché pronunciava male le s. Vado su Google maps e vedo che l'Indo nasce dal Tibet, attraversa il Pakistan e si getta nel Mare d'Arabia, tra la penisola del Gujarat e il Golfo di Oman.
Addento la fetta di pane con la marmellata di more di rovo selvatico e visto che sono passate meno di due settimane dall'ultima rappresentazione dello spettacolo nel quale racconto il Mahabharata, ricordo che Jayadratha, re dei sindhu, muore per mano di Arjuna nel settimo dei 18 libri che compongono l'opera. 
Ma siccome ho già aperto l'Enciclopedia Puranica, vado a dare un'occhiatina supplementare a Jayadratha, sicuro di trovare cose che ho dimenticato. E infatti trovo tutta la sua genealogia, dal nome di suo padre, Bhratkaya, fino a nientepopodimeno che Visnu himself, uno dei tre dei principali; ma non trovo il nome della madre. Normale: Jayadrata una mamma non ce l'ha avuta: è nato da una serie di digiuni e di voti fatti dal padre. Cose da Mahabharata
Scopro però anche che alla sua nascita qualcuno affermò: 1) che sarebbe diventato un grande re, ma soprattutto 2) che chiunque gli avesse appoggiato a terra la testa sarebbe immediatamente esploso in cento pezzi. Il che è esattamente ciò che succederà e che vado a spiegarti.
Durante la grande battaglia di Kurukshetra, Jayadratha intrappola Abhymanyu, figlio di Arjuna, permettendo così che Dussasana, secondogenito dei Kaurava, lo uccida (per fortuna Abhymanyu aveva già sposato Uttaraa, la figlia di Virata, re della terra dei Matsya, e l'aveva pure messa incinta, sennò come avrebbe potuto poi nascere Pariksit, al quale Yudhishthira avrebbe lasciato il suo regno 36 anni dopo? Eh? Come avrebbe potuto?).
La sera, quando Arjuna, tornando all'accampamento, viene a sapere della morte di suo figlio, giura di vendicarsi uccidendo Jayadratha. E perché non uccidere direttamente Dussasana, cioè quello che il figlio glielo aveva ammazzato? Naturalmente perché Bhima (fratello di Arjuna) aveva già giurato di ucciderlo lui, cosa che farà puntualmente nell'ottantatreesimo capitolo dell'ottavo libro. Ma Arjuna non si limita a questo giuramento: giura anche che se non riuscisse a uccidere Jayadratha l'indomani (tredicesimo giorno della battaglia che durerà diciotto giorni) ucciderebbe se stesso gettandosi nel fuoco.
Cosa succede l'indomani? Che i nemici di Arjuna fanno di tutto per proteggere Jayadratha in modo da obbligare poi Arjuna a suicidarsi. E infatti il sole sta ormai per tramontare, quando ecco che interviene il furbo Krishna:
Il sole sta per tramontare, dice ad Arjuna, ma io ora reciterò un mantra che creerà l'illusione della notte; i tuoi nemici smetteranno di combattere e tu potrai uccidere Jayadratha.
Cosa che Arjuna fa scoccando una freccia che fa saltare la testa dal collo del suo nemico, come puoi vedere dall'immagine che apre questo post. Ma non è tutto. Visto che la profezia aveva detto che chi avesse fatto cadere a terra la testa di Jayadratha sarebbe poi esploso in cento pezzi, il Mahabharata ha pensato anche a questo.
Figurati che mentre infuria la battaglia il padre di Jayadratha, il già nominato Bhratkaya, se ne sta seduto in meditazione nell'acqua di un laghetto chiamato Samantapanchaka, che è formato dalla confluenza di cinque fiumi di sangue. La freccia di Arjuna è così potente che fa volare la testa di Jayadratha sul grembo di Bhratkaya. Lui, inorridito, salta in piedi, fa cadere a terra la testa del figlio e immediatamente esplode in cento pezzi.
Nulla da dire: sono cose belle da scoprire sorseggiando una tazza di Gielle alle (quasi) sette del mattino. Così belle che mi è venuta voglia di raccontartele.
Buona giornata.