martedì 17 marzo 2015

Di Giotto

Giotto (forse)

Non so bene perché, ma mi è venuto in mente Giotto.
Giotto (1267-1337) faceva il pastore nel Mugello. Sorvegliava le pecore e siccome si annoiava come un topo morto e non aveva oggettivamente la possibilità di giocare con un telefonino, un giorno incominciò a disegnare delle pecore sulle pietre con dei pezzetti di carbone.
Un altro giorno, probabilmente qualche anno e molte pecore disegnate dopo, arrivò un tipo che aveva deciso di fare una passeggiata in campagna (era domenica). Il tipo, che era uno dei migliori pittori del suo tempo, si faceva chiamare Cimabue (c. 1240 -1302), che come nome non è un granché, ma che lui trovava meglio del suo vero nome, Cenni di Pepo. Questione di gusti.
Cimabue vide il pastore e si avvicinò.
Cosa fai, pastore?, gli chiese.
Sorveglio le pecore, rispose Giotto.
Ma no, sulle pietre, cosa fai?
Disegno delle pecore.
Cimabue guardò più da vicino e impallidì.
Maremma maiala!, si disse; questo pastore disegna meglio di me.
E decise di insegnargli a dipingere.
O almeno così va la leggenda.
Giotto non aveva chiesto niente. Si annoiava come un topo morto dal mattino alla sera a sorvegliare le pecore, mangiava solo pane duro e pecorino, ci credo che quando Cimabue gli ha detto che voleva aiutarlo a diventare artista è stato contento!
Ma non divaghiamo e andiamo avanti con un'altra storia, sempre a proposito di Giotto.
Questa racconta che un mattino un Papa, non so più se Bonifacio VIII (1235-1303), Benedetto XI (1240-1304), Clemente V (?- 1333), oppure Giovanni XXII (1245-1333), si svegliò e si disse:
Mi piacerebbe farmi fare un bell'affresco nuovo su quel muro del mio palazzo che è tutto bianco e mi piacerebbe che a farmelo fosse il miglior pittore disponibile sul mercato.
Allora si alzò e incominciò a chiedere a quelli che gli stavano intorno, che erano tanti, chi fosse il miglior pittore disponibile sul mercato. Vari vescovi, cardinali, diaconi e persino una suora gli dissero che era Giotto.
Il Papa allora chiamò un Cardinale, uno qualsiasi tra quelli che non avevano niente da fare e gli disse:
Cardinale, devi andare da questo Giotto. Digli che il Papa vuole vedere un suo quadro perché ha un lavoro da far fare al miglior pittore disponibile sul mercato e ha bisogno di sapere se quel pittore è lui.
Il Cardinale s'inchinò, baciò l'anello del Papa e si mise in cammino. Dopo qualche giorno trovò Giotto, che se ne stava in piedi su un'impalcatura dentro una chiesa ed era occupato a dipingere un affresco di Giotto.
Sei tu Giotto?, chiese il Cardinale.
Mmmmh, annuì Giotto che non poteva parlare perché aveva un pennello tra i denti.
È Papa Bonifacio (o Benedetto, o Clemente, o Giovanni) che mi manda. (Nessuna reazione di Giotto). Vuole vedere uno dei tuoi quadri. (Niente). Vuole sapere se è vero che tu sei il miglior pittore disponibile sul mercato.
Alla terza frase del Cardinale, Giotto finì col voltarsi e lo guardò come si guarda un Cardinale da sopra un'impalcatura.
È Sua Santità che ti manda, disse su un tono più affermativo che inquisitore, dimenticando che aveva un pennello in bocca e facendoselo infatti cadere sui piedi.
Sì, rispose il Cardinale.
E vuole vedere uno dei miei quadri, aggiunse Giotto raccattando il pennello che gli aveva macchiato di azzurro la scarpa sinistra.
Sì, per sapere se è vero che tu sei il miglior pittore disponibile sul mercato, concluse il Cardinale che incominciava a spazientirsi.
Giotto fece allora una di quelle pause artistiche che solo gli artisti sanno fare. Poi, con calma, disse:
Aspetta, scendo.
E scese.
Una volta a terra guardò il Cardinale negli occhi e gli disse:
Guarda bene ciò che sto per fare e non dimenticarti di spiegarlo poi precisamente a Sua Santità.
Detto questo, preso un grande foglio di carta e un carboncino — le matite non erano ancora state inventate —, appoggiò il foglio su un tavolo, respirò profondamente e hop!, con un gesto solo ci tracciò sopra un cerchio perfetto a mano levata.
Tieni, disse al Cardinale porgendogli il foglio, che intanto aveva arrotolato per renderlo più facile da trasportare. Portalo da Papa Bonifacio (o ...). Digli che è Giotto che l'ha fatto.
Il Cardinale si chiese se il pittore lo stesse prendendo per i fondelli, ma vedendo che quello era già tornato sull'impalcatura e aveva ricominciato ad affrescare, nel dubbio decise cristianamente di non insistere e se ne tornò a Roma. Lì chiese udienza al Papa, che gliela accordò.
Allora, hai visto questo Giotto?, chiese il Papa.
Sì, Vostra Santità, rispose il Cardinale.
E ti ha dato uno dei suoi quadri affinché Noi possiamo capire se è vero che è lui il miglior pittore disponibile sul mercato?, insistette il successore di Pietro (c. 3-64).
In un certo senso, sì, mormorò imbarazzato il Cardinale che incominciava a chiedersi se non avesse commesso una terribile imprudenza accettando quel foglio di carta con su un cerchio disegnato a carboncino.
Fammi vedere, disse il Papa su un tono che non ammetteva indugi.
Il Cardinale fece tre passi e srotolò il foglio di carta. Il Papa guardò il foglio, poi guardò il Cardinale.
L'ha fatto con un gesto solo, a mano levata, disse il Cardinale.
Mmmh, disse il Papa.

Può sembrare strano, ma non ho mai saputo la fine di questa storia. Ho chiesto a molti, negli anni: tutti conoscevano la storia della O di Giotto, ma nessuno sapeva dirmi con certezza se poi il Papa avesse ingaggiato il pittore oppure no, anche perché a Roma di dipinti di Giotto non ce n'è manco uno.
Cosa ci insegna questa storia e cosa ci insegna il fatto che nessuno ne conosca la fine? Varie cose, che mi pare importante enumerare:
  1. che Giotto aveva capito che uno può avere dipinto le più belle cose del mondo, ma se poi gli capita un Papa con il cervello vuoto come una puntata di X Factor, non farà mai il pittore in Vaticano;
  2. che se invece a uno capita un Papa che nel cervello ha qualcosa, allora può stare tranquillo perché quel Papa lì riconoscerà il miglior pittore disponibile sul mercato anche solo vedendo una cosina fatta di fretta;
  3. che se conoscessimo la fine della storia, allora questa sarebbe solo un po' di propaganda per l'arte o per la Chiesa (a seconda...), mentre così uno può pensarci su da solo e trarne le conclusioni che vuole;
  4. che quando uno ha un pennello in bocca e non vuole rischiare di sporcarsi le scarpe di azzurro, è sempre meglio che non parli, ma questa è un'altra storia.
Ma soprattutto, quello che Giotto aveva già capito ai suoi tempi è una cosa che non sarebbe saltata fuori per altri sei secoli dopo la sua morte, fino al giorno in cui Marcel Duchamp (1887-1968) avesse detto in francese c'est le spectateur qui fait l'oeuvre. Che è una delle cose più importanti che qualcuno abbia detto nel XX secolo, anche se è in francese.
E adesso, soddisfatto di questo mio grande momento di analisi storico-artistica e contento di aver citato una delle frasi più importanti che qualcuno abbia detto nel XX secolo, vado a farmi un buon caffè.