venerdì 4 giugno 2010

Una persona per bene

 Cesare Prandelli

Per chi ama il calcio una certa dose di nostalgia è inevitabile. Pur diffidando sempre degli "era meglio una volta", devo ammettere che quello che fu uno sport entusiasmante è ormai diventato troppo spesso un circo finanziario ulteriormente imbruttito da squallidi fatti di cronaca e da personaggi il cui spessore morale non ha niente da invidiare a quello di una cartina da sigaretta.
Qualche giorno fa ho sparato a zero sul sinistro Sinisa Mihajlovic, nuovo allenatore della Fiorentina, nonché nostalgico amico di quell'Arkan che si distinse durante le guerre nei Balcani per i massacri, le distruzioni, gli stupri collettivi e l'ideologia fascista.
In questo contesto è stato ancora più bello leggere stamattina sul giornale il breve testo della lettera che Cesare Prandelli, ormai ex-allenatore della squadra viola e futuro CT della Nazionale, ha pubblicato per salutare i tifosi fiorentini. È bello vedere come esistano ancora uomini capaci di vedere nel calcio quello che non avrebbe mai dovuto smesso di essere: uno sport, una festa, un'occasione di stare insieme.
Scrive Prandelli:

A chi mi incontra per strada e mi chiama Cesare; a chi ha preso la pioggia, il sole, il vento al Franchi; a chi ha fatto le vacanze a Folgaria, a Castelrotto e a Cortina; a chi ha pianto per un rigore sbagliato e per la gioia di Anfield; a chi ha creduto come me e si è emozionato per una solitaria bandiera viola ad una finestra; a chi ha pensato che, nonostante sbagliassi qualche cambio, ero comunque una persona per bene; a chi ha saputo apprezzare il significato del silenzio; a chi ha fatto centinaia di chilometri per dire "io c'ero", a quelli di Verona, di Torino e che hanno pianto di gioia con noi; a quelli che ci aspettavano all'aeroporto la notte per cantare "forza viola"; a chi urlava "falli correre" e a chi ha corso; a chi mi diceva, toccandomi ogni volta l'anima, "grande Mister, sei uno di noi", oppure "quando parlo con te è come se parlassi con un parente", fratello, zio, cugino, padre, non fa differenza. A tutti, a Firenze con la sua eleganza un po' malinconica, la sua diffidenza e la sua generosità, devo dire solo due cose: grazie e vi porterò sempre nel mio cuore. Cesare. 

Un allenatore di calcio che scrive a chi ha saputo apprezzare il significato del silenzio non è, ovviamente, cosa comune.
Che Prandelli fosse "una persona per bene", come lui stesso scrive, era chiaro da tempo. Per me, almeno da quando aveva dichiarato in un'intervista (la Repubblica, 28 settembre 2009):

 Quando sento certi cori provo imbarazzo a essere lì. Vorrei che un giorno, dopo un coro razzista o comunque offensivo, i giocatori smettessero di giocare e la partita finisse lì. Non possiamo svegliarci solo quando muore qualcuno. Altrimenti diventiamo tutti complici. Piangere dopo non serve a nessuno. Piangere dopo non cambia niente.

Nella stessa intervista parlava anche della finale di Coppa dei Campioni che giocò con la Juventus all'Heysel di Bruxelles nel maggio dell'85 e durante la quale morirono 39 persone e ne furono ferite 600:

I filmati dell'Heysel andrebbero fatti vedere ai ragazzini nelle scuole, insieme ai gesti tecnici dei grandi campioni. Ecco le due facce del calcio: quale dobbiamo scegliere secondo voi? Perché una scelta va fatta, una volta per tutte. (...) Oggi se ripasso con la mente quelle immagini sento solo dolore e rabbia per la follia umana, per la stupidità, per ciò che si doveva evitare.

E adesso arriva Mihajlovic...