venerdì 25 giugno 2010

Grandi notizie



Grande notizia! Giorgio Napolitano respira ancora!
In una nota ufficiale il Quirinale fa sapere che Aldo Brancher, neo-ministro senza portafoglio nominato per sfuggire a un processo, non può avvalersi della legge sul legittimo impedimento visto che, non avendo portafoglio, non ha nessun ministero da organizzare. Secondo indiscrezioni degne di fede, questa inattesa interruzione del letargo presidenziale è già finita e il buon Primo Cittadino si accinge a firmare nuovi decreti, leggine e leggette. Tanto, come ha già avuto occasione di spiegare, se non le firma subito gliele fanno firmare dopo. E con questa spiegazione piena di dignità, buona notte.

Grande notizia! Fabio Cannavaro ha pianto e se ne vergogna!
Questo ha dichiarato di persona il Pallone d'Oro 2006. Che sia per questo che se ne va a giocare con l'Al-Ahli di Dubai, perché col caldo asciutto del deserto le lacrime si asciugano prima di farsi vedere? 

Grande notizia! Senza un accordo alla prossima riunione del G20 a Toronto andranno persi 30 milioni di posti di lavoro!
È chiaro che possiamo stare tranquilli e che l'accordo ci sarà. Bisogna proprio essere di mala fede per immaginare che i leader dei venti paesi più ricchi del mondo possano non cambiare radicalmente le loro politiche degli ultimi vent'anni. La cosa è praticamente fatta, i 30 milioni di lavoratori possono stare tranquilli. Magari questo vorrà dire ancora meno lavoro per i paesi più poveri, ma chi se ne frega?

Grande notizia! In Vaticano c'è “sdegno, stupore e rammarico” per l'inchiesta delle autorità belghe sui casi di pedofilia che implicano dei sacerdoti!
Hanno ragione, in Vaticano: che cacchio vengono a farci le autorità belghe nelle storie di preti? La cosa è semplice: 'sti belgi hanno sequestrato i documenti della commissione nominata dal Vaticano stesso per occuparsi dei casi di pedofilia. Da qui il “rammarico per alcune infrazioni della confidenzialità a cui hanno diritto proprio quelle vittime per le quali sono state condotte le perquisizioni.” Il primo che ride, vengo lì e lo sodomizzo.

Grande notizia! Il ministro Brunetta vuole sapere quante auto blu ci sono in Italia!
Povero ministrino, vorremmo tanto saperlo anche noi... Anzi, ci sono proprio tante, ma tante altre cose che vorremmo sapere. Ma proprio tante. Anzi, direi proprio che il numero di auto blu è quasi l'ultima delle nostre preoccupazioni. Che sia per questo che il governo se ne preoccupa? Mah...

Grande notizia! La Apple ha inventato il telefono per destrorsi!
Pare che il nuovo IPhone G4 non vada bene per i mancini: la mano sinistra copre l'antenna e blocca l'accesso alla rete. Grave problema anche per i masturbatori destrorsi che amano dilettarsi mentre chiaccherano con la zia Filippa. Ma questo sarebbe solo un inizio. Secondo i nostri informatori sono già allo studio: un IPod con scritte invisibili ai daltonici, un IPad che non risponde al tocco dei sordi e un MacBook Pro che si spegne da solo se uno ha la diarrea. Smentita invece la notizia del microfono che fa le pernacchie a chi gli dice dentro delle cazzate. Peccato. Soprattutto per i ministri.

Grande notizia! Il governo non ha ancora distribuito i 90 milioni di euro che aveva stanziato per 200 Comuni limitrofi di Regioni a statuto speciale!
Ma che cacchio di notizia è questa? Il governo li ha stanziati o no, questi soldi? Sì? E allora, mica vorrete che li paghi pure!

Grande notizia! La Procura di Roma vuole processare Emanuele di Savoia!
La grande notizia in realtà è che rischiamo di ritrovare pure lui ministro.

Grande notizia! Lo sbadiglio non è necessariamente sintomo di sonno o di noia, può anche esprimere desiderio sessuale!
Ciò è quanto è stato affermato durante la conferenza internazionale sullo sbadiglio in corso a Parigi. Lo avevo sempre sospettato: D'Alema, Bersani e Franceschini non mi fanno sbadigliare per noia, ma perché mi eccitano, perché li desidero, perché li voglio! Questa sì che è una notizia!

sabato 19 giugno 2010

Siamo tutti spiati?



Il nostro Amato Leader dà i numeri. Peccato che siano sbagliati.
Qualche giorno fa, in uno di quegli impulsi didattici che lo caratterizzano, aveva spiegato, davanti alla Confcommercio, che ci sono in Italia “150.000 telefoni controllati (…) Considerando cinquanta persone per ogni telefono, vengono fuori così sette milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate.”
Oggi però ha aggiunto che “non è lontano dal vero chi ipotizza dieci milioni di intercettati, vale a dire un italiano su sei.”
Se la prima dichiarazione è del 15 giugno e la seconda del 18, non possiamo mancare di notare un aumento di due milioni e mezzo di persone nelle autorevoli stime del palazzinaro dai capelli finti.
Ora, se le cose dovessero continuare così, al ritmo di due milioni e mezzo supplementari ogni tre giorni, — e nulla ci permette di dubitarne — è verso fine settembre che sarà lecito pretendere che tutto il popolo italiano è sotto ascolto, compresi i neonati, i sordomuti e le suore di clausura.
Probabilmente è per timore di essere intercettato che il Grande Arrestatore di mafiosi, nonché amico di lunga data di Marcello Dell'Utri non ha prima telefonato al Ministero di Grazia e Giustizia per farsi dare le cifre ufficiali. Secondo quel covo di comunisti infatti, i telefoni intercettati sono un po' meno di 132.500.
Attenzione: i telefoni, non le persone. Il che vuol dire che se si vogliono intercettare le telefonate di un uomo d'affari gli si intercettano il telefonino, il telefono di casa, quello o quelli dell'ufficio e magari anche quelli della moglie, dell'amante e, chissà, della mamma. Secondo le stime della Sios, una delle società private addette alle intercettazioni, “intercettare una persona significa mettere sotto controllo 5,3 telefoni”. Ora, se in Italia siamo più o meno sessanta milioni, se i telefoni intercettati sono meno di 132.500 e se in media per intercettare una persona si intercettano cinque telefoni, viene fuori che gli italiani o residenti non italiani intercettati sono circa 85.000. Andiamo pure a considerare, come ci suggerisce l'Amato Leader, che ogni persona intercettata parla ad altre cinquanta persone: il risultato approssimativo è di 425.000 persone, compresi la parrucchiera della moglie, la zia Federica a cui si augura buon Natale per telefono perché abita a Cantù, il fiorista che verifica se c'è qualcuno perché deve portare un mazzo di fiori, la signorina della Vodafone che chiama per un'offerta e il pensionato novantacinquenne che ha sbagliato numero.
Non so se 425.000 persone siano tante o poche. Non lo so e quindi non esprimo nessuna opinione a proposito.
Ma so che 425.000 devo moltiplicarlo per più di 23 per arrivare a dieci milioni. E non ho fatto la Bocconi...

lunedì 14 giugno 2010

Stringiamci a coorte (ecc. ecc.)



Stasera la Nazionale giocherà la sua prima partita dei mondiali di calcio, a Città del Capo. Il Capo in onore del quale la città è stata nominata è naturalmente quello di Buona Speranza, non il nostro Amato Leader, che di speranze non ce ne dà nessuna. Lo specifico perché non si mai...
A proposito del nostro Amato Leader: ieri era nella ridente Bulgaria per inaugurare una statua di Garibaldi e, già che c'era, per festeggiare il compleanno del presidente bulgaro Boiko Borisov, che l'Amato Leader ha più volte creativamente chiamato “il mio amico Boris”. Un po' come se Gheddafi, in visita in Italia, parlasse del “mio amico Luigi”, confondendo il nome del nostro Silvio nazionale con quello del suo genitore (visto che Borisov significa ovviamente “figlio di Boris”).
Il buon Boiko è rimasto impassibile.
Questo nuovo “amico” ha peraltro tratti che ricordano quelli di altri “amici”, come il già nominato Colonnello nonché primo ministro della Grande Jamahiriyya Araba di Libia Popolare e Socialista (nome ufficiale della nostra ex-colonia tripolitana), il presidente belarusso Alexander Lukascenko, parangone di tolleranza, o il primo ministro (nonché ex e futuro presidente) russo Vladimir Putin, generoso donatore di letti extra large .
Boiko Borisov è un uomo, un uomo vero, di quelli con le palle. Basti ricordare una sua dichiarazione nella quale sostenne che “in Bulgaria non ci sono lesbiche, o se ce n'é qualcuna è perché non ha incontrato me.” Tutta l'eleganza di un vero uomo.
Ma lasciamo pedere.
Stasera gioca la Nazionale e il resto non conta. Dopo le numerose dichiarazioni di vari grandi pensatori, tra i quali è giusto ricordare Renzo B., detto la trota, tifare per la nazionale è diventato una specie di gesto politico.
È vero che il Renzo (come si dice ha Milano) le sue belle soddisfazioni ce le ha avute anche quest'anno. Pensate: anche nel 2010 la sua Nazionale, quella padana, ha vinto il campionato del mondo delle nazioni non riconosciute!
Come? Non avete seguito l'avvenimento? Male, malissimo!
Per fortuna ci sono qua io per raccontarvelo.
La fase finale del campionato si sarebbe svolta sull'isola di Gozo (30.000 abitanti, cioè un po' meno dei due terzi di quelli di Rieti), se fase finale ci fosse stata. Ma per avere una fase finale bisogna prima avere dei gironi di eliminazione. Ebbene, ci crediate o no, quei coglioni di etruschi, di valacchi, di corsi, di degar del Vietnam e di rohingya della Thailandia (senza nemmeno parlare dei dogon del Mali e degli inuit dell'Alaska), non hanno voluto partecipare. Una vergogna.
Per fortuna a Gozo erano presenti ben sei squadre: la Padania, Gozo, l'Occitania, il Kurdistan, la Provenza e il Regno delle due Sicilie. (Sì, il Regno delle due Sicilie). Grazie a un gol di Luca Mosti al 24° del primo tempo, la Padania ha trionfato per la terza volta consecutiva.
Ricordiamo che il primo trionfo ebbe luogo il 13 luglio 2008 allo stadio di Gällivare, nella lapponia svedese (goal di Giordan Ligarotti al 7° e di Lorenzo Carlo Colombo al 12°, mentre il secondo si svolse al Bentegodi di Verona il 27 giugno 2009 (goal di Andrea D'Alessandro al 73° e di Andrea Casse al 74°).
Detto questo, stasera mi guardo la partita a Siena con una ventina di amici. Chissà se mi divertirò lo stesso, anche circondato da etruschi.

giovedì 10 giugno 2010

Piccolo alfabeto di parole difficili

ADAMANTINO
Etimologia: dal latino adamans, diamante
Significato: della qualità del diamante, puro, splendente
Esempio: il nostro Amato Leader è di un'onestà adamantina

BUASSAGGINE
Etimologia: da buasso, variante di buaccio, peggiorativo di bue
Significato: ottusità, stupidità
Esempio: la buassaggine di tutti quelli che non credono all'Amato Leader

CORRUSCARE
Etimologia: dal latino corruscare, cozzare le corna e quindi mandar scintille
Significato: letterariamente, balenare, lampeggiare, splendere
Esempio: né D'Alema né Bersani corruscano


DRUDO
Etimologia: dal germanico drud, fedele
Significato: amante, ma oggi con significato fortemente spregiativo
Esempio: Patrizia D'Addario


ESIZIALE
Etimologia: dal latino exitialis
Significato: che apporta grave danno, pernicioso, mortifero
Esempio: la magistratura è esiziale


FARRAGINE
Etimologia: dal latino farraginem, miscuglio di biade diverse
Significato: una confusa miscela di cose disparate
Esempio: il parlamento italiano


GLAGOLITICO
Etimologia: dallo slavo comune glagolu, suono, parola
Significato: il più antico alfabeto slavo, elaborato dai Santi Cirillo e Metodio
Esempio: la Costituzione è almeno per metà scritta in glagolitico


HAPAX
Etimologia: dalla locuzione greca hapax legomenon, detto una sola volta
Significato: parola o espressione di cui è documentato un solo esempio
Esempio: "Mi hanno pagato la casa a mia insaputa"


INVERECONDIA
Etimologia: dal latino inverecundia, mancanza di vergogna
Significato: sgradevole mancanza di pudore
Esempio: l'inverecondia di chi dissente dall'Amato Leader


LUTOLENTO
Etimologia: dal latino lutus, fango, e ulentus, abbondante
Significato: imbrattato di fango, immondo
Esempio: la magistratura è lutolenta


MULACCHIOSO
Etimologia: dal latino monedulacula, gazza
Significato: che ha le caratteristiche della gazza
Esempio: che dice che l'Amato Leader è mulacchioso mente


NEMBIFERO
Etimologia: dal latino nimbus, nembo, e -fer, che porta
Significato: apportatore di nuvole e di tempesta
Esempio: chi non è d'accordo con l'Amato Leader è nembifero


OTTRIARE
Etimologia: dal latino popolare auctoridiare, per il tardo auctorare, accordare
Significato: concedere, specialmente da parte di un'autorità sovrana
Esempio: il nostro Amato Leader si ottria a noi con benevolenza


PROFONDERE
Etimologia: derivato di profondo
Significato: letterariamente, spingere a fondo, affondare
Esempio: senza l'Amato Leader profonderemmo tutti


QUERIMONIA
Etimologia: dal latino quer, lamentarsi
Significato: lagnanza, lamento
Esempio: Saviano scrive querimonie, l'Amato Leader sprizza ottimismo


RORIDO
Etimologia: dal latino roridus, derivato di ros roris, rugiada
Significato: rugiadoso, umido, sudaticcio
Esempio: l'Amato Leader non è mai rorido sotto il cerone


SPICINARE
Etimologia: da piccino pronunciato picino
Significato: stritolare
Esempio: spicinare gli stipendi ci farà uscire dalla crisi


TROPO
Etimologia: dal latino tropus, volgimento
Significato: figura retorica per la quale si cambia un significato nel suo opposto
Esempio: "Non ho mai detto che..." seguito da quello che aveva detto ieri è un tropo


USTOLARE
Etimologia: dal germanico nüstern, grufolare
Significato: desiderare ardentemente una cosa
Esempio: l'Amato Leader ustola il bene di tutti


VULNERARE
Etimologia: dal latino vulnus, ferita
Significato: ferire, offendere
Esempio: le menzogne della stampa vulnerano l'Amato Leader


ZECCOLI
Etimologia: probabilmente onomatopeico da zec, pungere
Significato: punte nella paglia o nel legno
Esempio: i capelli finti dell'Amato Leader paiono zeccoli


















martedì 8 giugno 2010

Del fascismo

DUX

Il fascismo non è una di quelle cose che uno al mattino si sveglia, apre la finestra, guarda fuori e si dice “toh, è arrivato il fascismo”. A meno di un colpo di Stato, naturalmente, cosa che in Europa succede ormai raramente.
Il fascismo è una parola generica che significa mancanza di libertà di pensiero, di parola, di espressione, di azione.
Il fascismo è una cosa che prima di insediarsi in maniera decisa rode la democrazia poco per volta, come un topo. Spesso la maggior parte della gente se ne accorge solo quando è troppo tardi.
Il fascismo è ormai una parola usata troppo spesso, eppure continua a dire bene quel che vuol dire.
Il fascismo, in Europa e altrove, ha dimostrato chiaramente di non amare la sinistra, ma di non sopportare nemmeno la destra.
Il fascismo non è né di destra né di sinistra. È solo l'opposto della democrazia, sia che sventoli bandiere nere, rosse, o di qualsiasi altro colore.
Il fascismo nasce sempre da un Grande Leader (cioè un leader che riesce a convincere gli altri di essere grande, anche se è un patetico buffone).
Il fascismo, mentre rode, fa sempre dire a un sacco di gente che “non esageriamo, non è mica questo, il fascismo.” Poi non fa più dire niente a nessuno. Fa solo gridare.
Il fascismo, per rodere la democrazia, ha bisogno 1) di far eleggere i suoi fautori a posizioni di potere, 2) di trovarsi di fronte un'opposizione divisa e incapace, 3) di controllare vasti settori dell'informazione, 4) di convincere la gente che il Parlamento è una cosa vecchia e inutile, 5) che è in corso un vasto complotto per desautorare i governanti eletti dal popolo.
Il fascismo è una cosa che l'Italia ha accolto a braccia aperte meno di un secolo fa. Non si capisce bene perché l'Italia di oggi sarebbe meno disposta ad accoglierlo altrettanto bene.
Il fascismo oggi non ha più niente a che fare con lo sparuto drappello di nostagici mussoliniani. Quello è solo folclore.
Il fascismo nega dignità a quelli che la pensano diversamente, trattandoli da incapaci, da coglioni e da nostalgici di regimi ormai morti.
Il fascismo incomincia per davvero quando riesce a controllare il calendario, quando riesce a spostare ogni dibattito unicamente sui temi di cui lui ha bisogno per continuare a rodere.
Il fascismo non si definisce fascismo che una volta che ha la certezza di poter durare. Prima continua a far finta di essere democrazia.
Il fascismo detesta la cultura in tutti i suoi aspetti e le contrappone lo spettacolo della sua autocelebrazione quotidiana. È questa autocelebrazione che chiama cultura.
Il fascismo farebbe ridere, se non facesse piangere, tanta è la mediocrità della sua teatralità.
Il fascismo si nutre anche dei sensi di colpa di chi in passato ha inneggiato ad altri poteri rivelatisi poi fascisti.
Il fascismo adora la velocità e detesta la lentezza. La democrazia è lenta per natura.
Il fascismo dice sempre che le cose sono semplici e che ci vuol poco per risolvere i problemi.
Il fascismo rode, oggi, qui.



lunedì 7 giugno 2010



Sabato ho pubblicato un post sul ministro dell'interno francese, Brice Hortefeux. Avendo il ministro pronunciato nel settembre scorso delle parole insultanti verso un francese di origine magrebina, un tribunale lo ha condannato per propositi razzisti. Come facevo notare nel mio post, il magistrato era probabilmente comunista. Come dimenticai di notare, una condanna per fatti avvenuti nel settembre scorso è a tutti gli effetti, per noi italiani, cosa da marziani.
Se torno oggi su quei fatti è perché due uomini politici socialisti francesi, il deputato nonché membro del consiglio regionale dell'Île de France, la regione parigina, Julien Dray e il membro del consiglio costituzionale Michel Charasse, hanno dichiarato ieri che il ministro condannato “non è razzista”.
L'osservazione è interessante perché sembra suggerire che un individuo che commette un'infrazione debba essere assolto o condannato non per ciò che ha fatto, ma per ciò che è. Questo mi sembra un principio pericolosissimo e perfettamente contrario allo spirito della legge così come la concepiscono i paesi democratici.
Mi è capitato più di una volta di notare, leggendo inerviste di detenuti o guardando trasmissioni televisive, come persone che avevano commesso un delitto dicessero “non sono un assassino.” Le ragioni di queste dichiarazioni sono multiple, ma tendono sempre a dire “ciò che ho fatto non rispecchia ciò che sono.” E non dubito che, almeno in un certo numero di casi, l'ira del momento, le circostanze particolari, la perdita di controllo momentanea, possano scatenare meccanismi tali da portare, per esempio, all'omicidio persone che non si sarebbero mai aspettate di poter commettere un atto criminale.
Ma proprio questo è il punto: la differenza tra il colpevole e l'innocente non sta nel fatto che il primo sia intrinsecamente — direi quasi geneticamente — colpevole, bensì nel fatto che il primo si è lasciato andare a un atto reprensibile, mentre il secondo si è trattenuto. Ammesso e molto lungi dall'essere concesso che esistano dei colpevoli “genetici”, o anche solo dei “predisposti a commettere atti contrari alla legge”, questi allora dovrebbero essere premiati se tali atti non li commettono. Senonché ovviamente tutto questo sarebbe totalmente ingestibile e perfettamente assurdo.
Parlare, anche per colpe minori, del fatto che l'accusato è o non è una data cosa, che sia per affossarlo o per giustificarlo, o comunque per diminuirne la responsabilità, può apparire in certi casi come un gesto di compassione. I rischi però che la stessa logica possa essere usata in altri casi per appesantire una condanna sono tali che è sempre bene non cadere in quella trappola. Il Duce ha sempre ragione, si diceva una volta, significando che il buffone di Predappio era quintessenzialmente nel giusto, così come oggi altri considerano che lo è il Caro Leader Kim Jong-il, se non addiritura l'Amato Leader de Nojaltri, Silvio B. E non caso quello stesso Amato Leader sostiene che al di là di un certo limite fiscale, ci si può sentire “moralmente autorizzati” a evadere: la logica è la stessa. Se io, “geneticamente buono” considero che una legge è sbagliata, posso infrangerla e ho diritto al condono. Nulla a che fare qui con la nozione di disobbedienza civile, che implica l'accettazione della pena a cui si sa di andare incontro.
Per tornare alla Francia, non me ne importa niente che Brice Hortefeux sia o no razzista. Quel che m'importa e che abbia pronunciato, da ministro, parole razziste. E quel che m'importa ancora di più — e che mi fa sognare — è che sia stato condannato da un tribunale.

sabato 5 giugno 2010

Henning Mankell verso Gaza

Henning Mankell

Da anni sono un avido lettore dei romanzi di Henning Mankell. Quando ho saputo che l'autore svedese, genero di Ingmar Bergman, era presente su una delle navi piratate dall'esercito israeliano in acque internazionali, ho cercato un po' sul web e ho trovato un'intervista esclusiva di Mankell al Guardian. L'ho letta, ma poi ho voluto anche ascoltare la registrazione audio. 
Ne traduco qui alcuni passaggi.

Esattamente alle 5:35 abbiamo visto quei gommoni neri che si avvicinavano con a bordo i membri delle truppe speciali, che portavano maschere nere. Siamo saliti tutti sul ponte e ci siamo detti "Non facciamo niente". Loro sono saliti a bordo. Erano molto aggressivi: "Andete giù, in fretta, non parlate"
C'era un membro dell'equipaggio più vecchio degli altri. È vero che si muoveva un po' lentamente. Allora l'hanno colpito con un taser, una pistola elettrica. È caduto, poi si è rialzato. Allora c'è stato un altro membro dell'equipaggio che forse si muoveva anche lui un po' lentamente e quelli gli hanno sparato con le pallottole di gomma. È stata proprio una brutta cosa, davvero. Ci hanno fatto andare di sotto, ci hanno fatto sedere e poi hanno detto: "Adesso perquisiamo la nave."
E hanno perquisito la nave. E poi (credetemi, è la verità, ci sono 24 testimoni) sono tornati e hanno detto: “Abbiamo trovato delle armi sulla nave.” Qualcuno ha detto: “Possiamo vederle, per favore?” “Sì”, e ci hanno fatto vedere un rasoio, di quelli usa e getta, e noi non credevamo ai nostri occhi: “Questo è quello che avete trovato?” “Sì, e abbiamo anche trovato un apriscatole, in cucina. Quindi abbiamo trovato delle armi a bordo. Stavate facendo cose completamente illegali, adesso vi portiamo in Israele.”
A quel punto ho realizzato che prima di tutto avevano commesso un atto di pirateria e ora stavano commettendo un rapimento. Mi sono chiesto cosa diavolo stesse facendo quella gente. Questa è una cosa che non capirò mai, dovessi vivere cent'anni. Davvero non riesco a capire una tale stupidità. E il risultato lo vedete: hanno il mondo intero contro di loro.
Poi ci hanno forzati a stare seduti per undici ore. Ci hanno dato un po' d'acqua, ma niente cibo. Dovevamo chiedere il permesso di andare in bagno, la situazione era brutta. Poi ci hanno portato da qualche parte in Israele, non so dove.
Lì mi hanno accusato. Ho chiesto: “Che problema avete? Cos'ho fatto?” “È entrato illegalmente in Israele”, mi hanno risposto. “Ma voi siete matti — gli ho detto. — Siete voi che mi avete portato qui!” Ma di questo non volevano discutere. Mi hanno detto che sarei stato deportato e una trentina d'ore dopo sono stato deportato. Nessuno è stato picchiato, per carità, ma loro sapevano esattamente chi ero io, tant'è che mi avevano messo di fianco un individuo speciale che stava attento a che non mi succedesse niente. La stupidità degli israeliani è stata enorme.
Ho chiesto a uno di quelli che mi stavano interrogando — non so se fosse un poliziotto o che altro, non portava nessuna uniforme — se si poteva identificare. Lui ha solo sorriso e ha detto “no, non posso.” Però mi ha detto che aveva letto i miei libri e che gli erano piaciuti. “Ok... Magari potremo parlarne un'altra volta. Magari adesso potremmo parlare di ciò di cui mi accusate...” Niente.
Ma poi ci siamo trovati in una situazione molto interessante perché lui continuava a voler parlare dei miei libri . Allora gli ho detto “d'accordo. Ti dò il mio numero di telefono in Svezia. Se un giorno vai in Svezia, chiamami. Ti prometto che parlerò con te. Ma adesso lasciami andare, perché tutto questo è ridicolo.” Io sono sempre pronto a parlare con tutti. Credo nella parola.
Cosa mi ha risposto? Ha preso il mio numero.

Così non va

 Il ministro dell'interno francese Brice Hortefeux

I magistrati, si sa, sono comunisti. I comunisti, si sa, non mangiano i bambini, però, come ebbe a dire il nostro Amato Leader a Napoli il 26 marzo 2006, "sotto la Cina di Mao non li mangiavano, ma li facevano bollire per concimare i campi."
Questi sono fatti noti.
Fin qui credevamo che solo i giudici italiani fossero comunisti, insieme naturalmente ai giornalisti della stampa estera e a quelli di Rai3, ma ecco giungere dall'altra parte delle Alpi una notizia sconcertante: il ministro dell'interno francese Brice Hortefeux è stato condannato da un magistrato francese per insulti raziali. Vuoi vedere che anche in Francia i magistrati si apprestano a far bollire bambini in favore dell'agricoltura?
La storia è semplice. Il 5 settembre 2009, il ministro Hortefeux fu filmato da Public Sénat, il canale del Senato della République mentre pronunciava un paio di battute scherzose del tipo di quelle che piacciono tanto al nostro Amato Leader. Si trovava, il buon ministro, in presenza di vari militanti del suo partito, tra i quali spiccava tale Amine Benalia-Brouch, cittadino francese di origine magrebina. Presentandolo al ministro, una miltitante del partito diceva del signor Benalia-Brouch "c'est notre... c'est notre petir arabe", ovvero "è il nostro... è il nostro piccolo arabo." Il ministro rispondeva  che "il en faut toujours un. Quand il y en a un, ça va. C'est quand  il y en a beaucoup qu'il y a des problèmes", "ce ne vuole sempre uno. Quando ce n'è uno, va bene. È quando ce ne sono tanti che ci sono problemi".
Avendo la stessa militante precisato che il signor Benalia-Brouch parlava arabo, era cattolico, mangiava maiale e beveva birra, il ministro replicava: "Ah, mais ça ne va pas du tout alors. Il ne correspond pas du tout au prototype alors. C'est pas du tout ça", "Ah, ma così non va allora. Allora non corrisponde assolutamente al prototipo. Non va bene."
Ebbene sì: è per queste scherzose battute che un vile magistrato ha osato condannare il ministro a una multa di 750€, al pagamento di 2000€ di danni al MRAP (Movimento contro il Razzismo e per l'Amicizia tra i Popoli), nonché al pagamento di un massimo di 4000€ per la pubblicazione del riassunto della sentenza su un periodico scelto dal MRAP.
La scusa addotta dal magistrato per giustificare la condanna risiederebbe nel testo dell'articolo 29, comma 2, della legge del 29 luglio 1881, che condanna "qualsiasi espressione oltraggiosa, qualsiasi termine di disprezzo o invettiva che non comprenda l'imputazione di un qualsiasi fatto". La sentenza del magistrato precisa poi che i fatti sono puniti con ancora più severità  quando gli insulti sono rivolti a una o più persone "a causa della loro origine o della loro appartenenza o non appartenenza a un'etnia, una nazione, una razza o una religione determinata, oppure, in un altro registro, a causa del sesso, delgli orientamenti sessuali o di un handicap."
"L'impiego della parola prototipo applicata a una persona — prosegue la sentenza —già infelice e incongruo di per sé, lascia intendere che tutti gli arabi di Francia sarebbero uguali e che si conformerebbero tutti ai precetti dell'Islam, ad eccezione del solo giovane Amine."
Mi sembra inutile andare oltre. Qui non sembra più di essere in Francia, ma in Italia. Qui si tocca il fondo. Ma siamo sicuri che questo giudice Joel Boyer non sia un infiltrato italiano sotto mentite spoglie? Ma come mai il giardino di casa sua è così rigoglioso? Cosa usa come concime questo signore? Siamo sicuri che non siano spariti dei bambini nel suo quartiere? Cosa aspettano le autorità per far intervenire gli specialisti americani di CSI, che probabilmente troverebbero tracce di DNA sospetti in fondo al pentolone nascosto sotto il lavandino della cucina del magistrato?


venerdì 4 giugno 2010

Una persona per bene

 Cesare Prandelli

Per chi ama il calcio una certa dose di nostalgia è inevitabile. Pur diffidando sempre degli "era meglio una volta", devo ammettere che quello che fu uno sport entusiasmante è ormai diventato troppo spesso un circo finanziario ulteriormente imbruttito da squallidi fatti di cronaca e da personaggi il cui spessore morale non ha niente da invidiare a quello di una cartina da sigaretta.
Qualche giorno fa ho sparato a zero sul sinistro Sinisa Mihajlovic, nuovo allenatore della Fiorentina, nonché nostalgico amico di quell'Arkan che si distinse durante le guerre nei Balcani per i massacri, le distruzioni, gli stupri collettivi e l'ideologia fascista.
In questo contesto è stato ancora più bello leggere stamattina sul giornale il breve testo della lettera che Cesare Prandelli, ormai ex-allenatore della squadra viola e futuro CT della Nazionale, ha pubblicato per salutare i tifosi fiorentini. È bello vedere come esistano ancora uomini capaci di vedere nel calcio quello che non avrebbe mai dovuto smesso di essere: uno sport, una festa, un'occasione di stare insieme.
Scrive Prandelli:

A chi mi incontra per strada e mi chiama Cesare; a chi ha preso la pioggia, il sole, il vento al Franchi; a chi ha fatto le vacanze a Folgaria, a Castelrotto e a Cortina; a chi ha pianto per un rigore sbagliato e per la gioia di Anfield; a chi ha creduto come me e si è emozionato per una solitaria bandiera viola ad una finestra; a chi ha pensato che, nonostante sbagliassi qualche cambio, ero comunque una persona per bene; a chi ha saputo apprezzare il significato del silenzio; a chi ha fatto centinaia di chilometri per dire "io c'ero", a quelli di Verona, di Torino e che hanno pianto di gioia con noi; a quelli che ci aspettavano all'aeroporto la notte per cantare "forza viola"; a chi urlava "falli correre" e a chi ha corso; a chi mi diceva, toccandomi ogni volta l'anima, "grande Mister, sei uno di noi", oppure "quando parlo con te è come se parlassi con un parente", fratello, zio, cugino, padre, non fa differenza. A tutti, a Firenze con la sua eleganza un po' malinconica, la sua diffidenza e la sua generosità, devo dire solo due cose: grazie e vi porterò sempre nel mio cuore. Cesare. 

Un allenatore di calcio che scrive a chi ha saputo apprezzare il significato del silenzio non è, ovviamente, cosa comune.
Che Prandelli fosse "una persona per bene", come lui stesso scrive, era chiaro da tempo. Per me, almeno da quando aveva dichiarato in un'intervista (la Repubblica, 28 settembre 2009):

 Quando sento certi cori provo imbarazzo a essere lì. Vorrei che un giorno, dopo un coro razzista o comunque offensivo, i giocatori smettessero di giocare e la partita finisse lì. Non possiamo svegliarci solo quando muore qualcuno. Altrimenti diventiamo tutti complici. Piangere dopo non serve a nessuno. Piangere dopo non cambia niente.

Nella stessa intervista parlava anche della finale di Coppa dei Campioni che giocò con la Juventus all'Heysel di Bruxelles nel maggio dell'85 e durante la quale morirono 39 persone e ne furono ferite 600:

I filmati dell'Heysel andrebbero fatti vedere ai ragazzini nelle scuole, insieme ai gesti tecnici dei grandi campioni. Ecco le due facce del calcio: quale dobbiamo scegliere secondo voi? Perché una scelta va fatta, una volta per tutte. (...) Oggi se ripasso con la mente quelle immagini sento solo dolore e rabbia per la follia umana, per la stupidità, per ciò che si doveva evitare.

E adesso arriva Mihajlovic...

martedì 1 giugno 2010

Ridateci Pericle

 Pericle, 495/429 a.C.

Discorso di Pericle agli ateniesi

"Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora egli sarà, a differenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla nostra vita quotidiana. Noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura gli affari pubblici quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa degli affari pubblici per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato a  rispettare i magistrati e ci è stato insegnato anche a rispettare le leggi e a non dimenticare mai che dobbiamo proteggere chi subisce un'offesa.
Ci è stato insegnato anche a rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nel sentimento universale di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile, e benché pochi siano in grado di dar vita a una politica, beh, tutti, qui ad Atene, siamo capaci di giudicarla.
Non consideraiamo la discussione come un'ostacolo sulla strada della democrazia.
Crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo il frutto del valore. 
Insomma, io dichiaro che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando dentro di sé una felice versatilità, la fiducia in sé stesso, la prontezza a far fronte a qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così."