Credo
di avere già parlato, in un post di un paio d'anni fa, di un cofanetto di tre CD introduttivi alla musica
indiana che ho comprato molto tempo fa all'aeroporto di Delhi. C'è una voce narrante che spiega e ci sono dei brevi brani
che permettono di capire meglio le spiegazioni.
Ieri mattina mi è venuta voglia di riascoltare
il primo di quei CD e ascoltandolo mi sono detto che trovavo davvero molto belli i primi minuti di narrazione. E siccome quando trovo una cosa molto bella ho voglia di condividerla, eccola qua:
Nel
cuore della musica c'è il silenzio. Quando questo silenzio, anhad,
è reso udibile diventa nad, il suono primordiale. Nad è il
suono percepibile, quello che i sensi possono captare. Ma è un suono
ancora indifferenziato, non è ancora filtrato attraverso la scala
melodica, il saptak delle sette note. Forse perché è
indivisibile, nad viene anche chiamato Nad
Brahma — la realtà suprema resa manifesta
attraverso il suono.
La
voce del musicista è cullata in questo ventre onnicomprensivo del
suono, di cui il tambura [strumento indiano a quattro o cinque
corde che vengono pizzicate durante tutto un raga per creare un
bordone] si sforza di diventare l'eco.
È
questo suono primordiale, puro, che è evocato, vissuto e comunicato
attraverso la miriade di raga che i musicisti creano durante le loro
esibizioni. E miracolosamente è attraverso l'esperienza del Nad
Brahma che possiamo fondere le nostre identità individuali in
quell'eterno e sempre creativo oceano di silenzio che è anhad.
Due
oggetti devono colpirsi l'un l'altro per produrre nad — dev'esserci
aghat.
È
significativo che aghat voglia dire 'colpire', o 'ferire.' È solo
una volta che il silenzio è stato ferito che nad può sorgere.
Nel
cuore della musica indiana c'è quindi questa ammissione di
vulnerabilità, questo riconoscimento del fatto che il cuore
dev'essere trafitto. Dobbiamo arrenderci volontariamente al dolore
della ferita del silenzio. Solo così possono nascere la gioia e la bellezza della
musica, che è la più perfetta delle arti.
L'anhad
può essere colpito in vari modi per creare il nad, con i palmi delle
mani, con le unghie, con il vento o con il fiato, con del cuoio o con
il corpo. Lo strumento principale della musica è la voce umana.
Questa resta, malgrado la multitudine di strumenti, l'ideale al quale
ogni strumento fa di tutto per avvicinarsi. Perché la voce è
suprema?
Si
pensa che tutti gli strumenti, per quanto sofisticati, abbiano dei
limiti, mentre la voce non ne ha nessuno. Inoltre la voce è l'eco di
ciò che l'orecchio sente naturalmente e spontaneamente. E poi la
voce sembra creare musica da sola, senza oggetti a lei esterni: è
indivisibile e autosufficiente. Se la musica è un dono divino, la
voce umana è l'esempio più perfetto di questo dono.
A
questo punto sul mio CD c' è l'inizio del Raga Shankara
cantato da Pandit Jasraj, che puoi trovare qui.
E
poi, tanto per permetterti di fare la differenza, ecco lo stesso raga
cantato dalla voce femminile di Veena Sahasrabuddhe, o suonato dal sarangi
di Ram Narayan.