venerdì 21 luglio 2017

Una ferita al silenzio



Credo di avere già parlato, in un post di un paio d'anni fa, di un cofanetto di tre CD introduttivi alla musica indiana che ho comprato molto tempo fa all'aeroporto di Delhi. C'è una voce narrante che spiega e ci sono dei brevi brani che permettono di capire meglio le spiegazioni.
Ieri mattina mi è venuta voglia di riascoltare il primo di quei CD e ascoltandolo mi sono detto che trovavo davvero molto belli i primi minuti di narrazione. E siccome quando trovo una cosa molto bella ho voglia di condividerla, eccola qua:

Nel cuore della musica c'è il silenzio. Quando questo silenzio, anhad, è reso udibile diventa nad, il suono primordiale. Nad è il suono percepibile, quello che i sensi possono captare. Ma è un suono ancora indifferenziato, non è ancora filtrato attraverso la scala melodica, il saptak delle sette note. Forse perché è indivisibile, nad viene anche chiamato Nad Brahma — la realtà suprema resa manifesta attraverso il suono.
La voce del musicista è cullata in questo ventre onnicomprensivo del suono, di cui il tambura [strumento indiano a quattro o cinque corde che vengono pizzicate durante tutto un raga per creare un bordone] si sforza di diventare l'eco.
È questo suono primordiale, puro, che è evocato, vissuto e comunicato attraverso la miriade di raga che i musicisti creano durante le loro esibizioni. E miracolosamente è attraverso l'esperienza del Nad Brahma che possiamo fondere le nostre identità individuali in quell'eterno e sempre creativo oceano di silenzio che è anhad.
Due oggetti devono colpirsi l'un l'altro per produrre nad — dev'esserci aghat.
È significativo che aghat voglia dire 'colpire', o 'ferire.' È solo una volta che il silenzio è stato ferito che nad può sorgere.
Nel cuore della musica indiana c'è quindi questa ammissione di vulnerabilità, questo riconoscimento del fatto che il cuore dev'essere trafitto. Dobbiamo arrenderci volontariamente al dolore della ferita del silenzio. Solo così possono nascere la gioia e la bellezza della musica, che è la più perfetta delle arti.
L'anhad può essere colpito in vari modi per creare il nad, con i palmi delle mani, con le unghie, con il vento o con il fiato, con del cuoio o con il corpo. Lo strumento principale della musica è la voce umana. Questa resta, malgrado la multitudine di strumenti, l'ideale al quale ogni strumento fa di tutto per avvicinarsi. Perché la voce è suprema?
Si pensa che tutti gli strumenti, per quanto sofisticati, abbiano dei limiti, mentre la voce non ne ha nessuno. Inoltre la voce è l'eco di ciò che l'orecchio sente naturalmente e spontaneamente. E poi la voce sembra creare musica da sola, senza oggetti a lei esterni: è indivisibile e autosufficiente. Se la musica è un dono divino, la voce umana è l'esempio più perfetto di questo dono.

A questo punto sul mio CD c' è l'inizio del Raga Shankara cantato da Pandit Jasraj, che puoi trovare qui.
E poi, tanto per permetterti di fare la differenza, ecco lo stesso raga cantato dalla voce femminile di Veena Sahasrabuddhe, o suonato dal sarangi di Ram Narayan.