sabato 25 dicembre 2010

È Natale

 Santa Coca-Cola

È Natale. Sì, sì, è proprio Natale, è il 25 dicembre e io sono qui in casa con tosse, febbre e gambe molli. Di là c'è mia moglie senza tosse, ma con febbre e dolori alle mani. In famiglia ci piace fare le cose ognuno a modo suo.
È Natale, dicevo, e come ogni anno da vari giorni tutti i media occidentali trasudano bontà. In realtà il Natale va ormai molto al di là dell'Occidente. Non importa che si accordi più o meno credito alla superstizione cristiana, ciò che conta è avere fede nel più grande avvenimento commerciale dell'anno e nella sua influenza positiva sui consumi. Stamattina, sfogliando i giornali su internet, ho visto un pulitore di vetri vestito da Babbo Natale appeso all'esterno di un grattacielo di Tokio, un Babbo Natale subacqueo a Seul, un Babbo Natale surfista a Bali, una parata di Babbi Natale a Tsingtao, nella provincia cinese dello Shinan, tre Babbi Natale a cavallo di elefanti in Tailandia, un Babbo Natale benzinaio in Indonesia e quattro Babbi Natale che distribuivano cipolle gratis ad Amritsar, capitale del Punjab indiano.
Poco fa, facendo colazione, mi sono venute in mente due o tre cose che possono sembrare disordinate ma poi non lo sono tanto.
Prima cosa:
sto rileggendo, molti anni dopo, un romanzo di Somerset Maugham, Sul filo del rasoio, che mi aveva molto colpito in gioventù — non dovevo avere più di diciassette anni alla prima lettura. Verso un terzo del romanzo uno dei personaggi, un banchiere di Wall Street, si suicida poco dopo la crisi del 1929, incapace di sopportare il disonore di aver tragicamente deluso la fiducia di tutti coloro che gli avevano affidato i loro risparmi. Altri tempi...
Seconda cosa:
Stamattina alla radio francese ho distrattamente sentito un'intervista del direttore del rally che continua a chiamarsi Dakar nonostante tra qualche giorno parta da Buenos Aires per concludersi sembre a Buenos Aires due settimane dopo. Il direttore spiegava che siccome il “Dakar” consuma energia, 1) il consumo era stato calcolato, 2) ne era stato calcolato il prezzo e 3) una somma equivalente sarà versata in beneficienza a un'associazione sud-americana. Cioè: faccio assolutamente quel che voglio fregandomene di tutto e di tutti, ma siccome ho un sacco di soldi sono disposto a comprarmi, letteralmente comprarmi una patente di “buono” facendo un po' di beneficienza.
Terza cosa:
l'altro giorno guardavo il David Letterman Show. Naturalmente si parlava di Natale. C'era una donna, rappresentante di non so più quale gruppo di giocattoli, che faceva vedere alcune delle novità del 2011. Davanti a una specie di mostruoso dinosauro a pile che muoveva la testa, ruggiva e mordeva, Letterman dice alla signora: “Si sa che i giocattoli dovrebbero stimolare la creatività dei bambini. Questo giocattolo la stimola?” Risposta leggermente imbarazzata: “No”. Letterman riprende: “Lei ha figli?” “Sì, uno di tre anni e uno di sei.” “ E questo giocattolo glielo comprerebbe?” “Oh, sì, certo.” Senso del dovere professionale o semplice stupidità?
Quarta cosa:
mi ricordo di aver visto un Babbo Natale a Stellenbosch, vicino a Città del Capo, che se ne stava davanti a un supermercato e distribuiva volantini a tutti quelli che entravano. Mi ricordo anche di aver visto alberi di Natale, angeli svolazzanti e Babbi Natale in un centro commerciale di Singapore. Non dimenticherò poi mai la visita alla “casa di Babbo Natale” e centro commerciale annesso a Rovaniemi, capitale della Lapponia finlandese. (Giuro che ero lì come invitato...)
Tornando al romanzo di Maugham, mi è chiaro rileggendolo adesso che quello che mi aveva colpito più di quarant'anni fa era il personaggio di Larry, un giovane di Chicago che, traumatizzato da due anni al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, gira le spalle a un futuro brillante per andarsene in giro per il mondo (per l'India in particolare) a cercare il senso delle cose. Devo dire che ancora oggi, nonostante il lato estremamente dandy del romanzo, il personaggio di Larry mi piace. E non a caso ne scrivo il giorno di Natale, che più di ogni altro rappresenta l'ipocrisia, la mancanza di pudore e l'arroganza di questo mondo impazzito. Oggi più che mai voltargli le spalle, smetterla di prenderlo in considerazione come se fosse qualcosa di serio, vivere il più possibile al di fuori dalle sue logiche mortifere mi pare l'unica soluzione ragionevole.
Ho parlato di fede nel più grande avvenimento commerciale dell'anno. Fede, sì. Accompagnata dall'ancora più nobile fede nella libertà d'impresa e di commercio, da quella nello sviluppo e nel progresso portatori di giustizia e di pace, da quella nella fratellanza e nella generosità dei ricchi verso i poveri e da tutta una serie di altri avvilenti baggianate che sarebbe troppo lungo e tedioso elencare qui.
Buon anno.