mercoledì 29 dicembre 2010

Proprio nient'altro da fare?

 




In un post del luglio scorso vi avevo proposto le versioni italiane dei nomi di un'ottantina di gruppi rock e pop inglesi e americani. Oggi, nella noia di fine anno, ecco una quarantina abbondante di nomi e cognomi di personalità americane tradotti nella lingua di Dante, Petrarca e Sandro Bondi. A scanso di equivoci, ricordo che Jack non è il diminutivo di James, bensì di John. 
A fondo pagina le soluzioni, ovviamente in rigoroso disordine.
Eppiniùiar!


Roberto Guadorosso
Paolo Uomonuovo
Giulia Di Roberto
Tommaso Crocera
Gianni Limone
Tommaso Di Goffredo
Giovanni Vagone
Rita Valepaglia
Caterina Tornitore
Samuele Riempitore
Gianni Di Nicola
Giovanni Falegname
Demetria Mora
Tommaso Matasse
Elena Caccia
Alice Chiavi
Giuliana Borgodargilla
Elisabetta Sarto
Oliviero Sasso
Emilia Enoteca
Michele Di Gianni
Guglielmino Fabbro
Giacomo Marrone
Luigi Fortebraccio
Stefano Re
Carletto Marrone
Venere Guglielmi
Giovanna Fonda
Riccardo Ciambellano
Rossella Di Giovanni
Atrio Bacca
Sandra Manzo
Orsetto Pozzi
Paolo Simone
Gianni Londra
Robertino Speranza
Giacomo Inserviente
Edoardo G. Di Roberto
Ulisse Sovvenzione
Giorgio Cespuglio
Arturo Mugnaio
Rachele Gallese
Goffredino Fiordoro
Giacomino Carrettiere
Natalia Portuario

Soluzioni:
Kathleen Turner, James Stewart, Thomas Jefferson, Richard Chamberlain, Rita Hayworth, Michael Jackson, Tom Cruise, George Bush, Jack Lemmon,, Jimmy Carter, James Brown, Helen Hunt, Jack Nicholson, Alicia Keys, John Wayne, Nathalie Portman, Arthur Miller, Will Smith, Oliver Stone, Julia Roberts, Orson Welles, Ulysses Grant, Robert Redford, Demi Moore, Jyll Clayburgh, Jeff Goldblum, Elizabeth Taylor, Charlie Brown, Amy Winehouse, Sandra Bullock, Rachel Welch, Venus Williams, John Carpenter, Paul Newman, Stephen King, Bob Hope, Scarlett Johansonn, Tom Hanks, Samuel Fuller, Edward G. Robinson, Louis Armstrong, Jack London, Halle Berry, Jane Fonda, Paul Simon

lunedì 27 dicembre 2010

Un nuovo virus

Guardiano Credenza, Guglielmo Cancelli, Teodoro Tornitore
Michele Cittadelfiore, Lorenzo D'Elia, Giorgio Luchi

I giornali, le radio, le televisioni ne parlano poco. I governi sono impreparati. Le multinazionali cercano di minimizzare il fenomeno. Ma è tutto inutile. Dobbiamo rassegnarci: un nuovo virus, estremamente pericoloso, sta provocando gravi danni negli Stati Uniti e rischia da un momento all'altro di espandersi nel mondo.
Il virus colpisce uomini e donne di ogni età e di ogni origine etnica, geografica, confessionale e sociale. Il vettore di trasmissione che appare per ora, in questa fase ancora incerta della ricerca, come più probabile  è un conto in banca di notevoli dimensioni. I miliardari del mondo tremano, i loro figli e nipoti parlano ormai apertamente di parricidio e nonnicidio. La tensione è palpabile da Manhattan a Hong Kong, dai Parioli a Chelsea, da Porto Rotondo a Miami. Solo Arcore sembra serena.
Pare ormai accertato che i primi contagiati siano stati gli sposi Guglielmo e Melissa Cancelli, che avrebbero a loro volta contagiato tale Guardiano Credenza. I pochi giornali americani che hanno parlato della cosa hanno voluto celare le vere identità dei contagiati dando dei loro nomi una strampalata traduzione inglese (Bill e Melinda Gates, Warren Buffet).
Cos'hanno fatto questi signori? Hanno deciso di buttar via i loro soldi! Basti pensare che Mister Credenza è andato fino a sostenere che mentre alcune cose materiali gli rendono la vita più gradevole, “avere una mezza dozzina di case sarebbe solo un peso.” E come hanno deciso di buttarli via i loro soldi? Creando The Giving Pledge, che sarebbe poi un'iniziativa destinata a propagare il contagio. Leggo sul sito http://givingpledge.org/ che “The Giving Pledge è uno sforzo per invitare i più ricchi individui e le più ricche famiglie d'America a impegnarsi per far dono della maggior parte delle loro ricchezze a cause filantropiche e organizzazioni umanitarie di loro scelta, o nel corso della loro vita, oppure dopo la loro morte. Ogni persona che sceglierà di promettere lo farà pubblicamente, attraverso una lettera che spieghi la sua decisione. Una volta all'anno quelli che avranno promesso si riuniranno per mettere in comune le loro idee e imparare gli uni dagli altri.
Quel che sembra veramente pericoloso qui è quella nozione di “far dono della maggior parte delle loro ricchezze.” Non si tratta più di spiccioli, ma di un minimo del 50%! Per fortuna solo 15 dei 100 più ricchi americani risultano per ora infettati. Gli altri pare che si rileggano ogni sera, come cura preventiva, quel passaggio di un discorso nel quale il nostro Amato Leader sosteneva che quando un cittadino si sente troppo tassato è in diritto di non pagare le tasse.
Purtroppo però la panriccodemia non si ferma. Il morbo muta e non esita ormai più a colpire anche persone che sono ricche solo per modo di dire. Basti pensare a tale Thomas Secunda, uomo d'affari dal misero reddito di un solo piccolo e striminzito miliardo di dollari (che sarebbe a dire un undicesimo di quello di cui dispone il nostro Virile Duce) che si è impeganto pure lui a buttare i soldi dalle finestre.
Le lettere d'impegno di questi signori sono imbarazzanti e non possono che suscitare compassione e pietà. Da un punto di vista puramente scientifico contengono però informazioni preziose sui sintomi più evidenti del morbo. Sidney Kimmel per esempio, noto produttore cinematografico, scrive che “spartire con gli altri è la cosa giusta da fare”; Ted Turner, fondatore della CNN, ammette senza vergogna che non misura “il successo in cifre”; T. Boone Pickens, finanziere texano, dopo aver spiegato che gli piace far soldi, confessa che “gli piace darli via”; e questo è niente rispetto a ciò che dichiara un altro finanziere, Peter G. Peterson: “A dire il vero oggi ho molta più soddisfazione nel dare i miei soldi a cause che considero meritevoli che a far soldi per me”.
Lo so: la lettura di queste folli affermazioni non può che provocare sgomento, ira e tachicardia in tutti noi. Ecco perché invito i più deboli dei miei affezionati lettori a chiudere qui il computer e a non cercare in alcun modo di leggere le parole del miliardario sindaco di New York, Michael Bloomberg: “Se vuoi fare qualcosa per i tuoi figli e dimostrar loro quanto li ami, la cosa di gran lunga migliore che puoi fare è aiutare quelle organizzazioni che creeranno un mondo migliore per loro e per i loro figli.” (In caso di lettura involontaria, sintonizzarsi immediatamente su Rete 4 per almeno un'ora).
Io stesso esito al momento di riprodurre qui le parole del povero David M. Rubenstein, il cui livello di contagio appare ormai disperato: “Nella misura in cui individui che dispongono di notevoli risorse si impegnano pubblicamente a far dono di almeno la metà delle loro fortune, è possibile che altre persone molto ricche nel nostro paese si sentano ispirate a fare la stessa cosa. Questo costituirebbe uno sviluppo positivo, in particolare qualora quelle persone non avessero mai pensato prima ad offrire quella quantità di denaro.”
Inutile far finta di niente: la situazione, più che grave, sembra disperata.
Invito tutti, dopo aver acceso un cero sotto una statua, una foto, un disegno o un'immaginetta di San Silvio, a darsi da fare nel suo quartiere per organizzare un pellegrinaggio votivo ad Arcore, località Villa San Martino.
Oddio: ma San Martino non è quello che ha dato il suo mantello a un povero? Aiutoooo!

(Nella foto: Warren Buffet, Bill Gates, Ted Turner, Michael Bloomberg, Larry Elison, George Lucas)

sabato 25 dicembre 2010

È Natale

 Santa Coca-Cola

È Natale. Sì, sì, è proprio Natale, è il 25 dicembre e io sono qui in casa con tosse, febbre e gambe molli. Di là c'è mia moglie senza tosse, ma con febbre e dolori alle mani. In famiglia ci piace fare le cose ognuno a modo suo.
È Natale, dicevo, e come ogni anno da vari giorni tutti i media occidentali trasudano bontà. In realtà il Natale va ormai molto al di là dell'Occidente. Non importa che si accordi più o meno credito alla superstizione cristiana, ciò che conta è avere fede nel più grande avvenimento commerciale dell'anno e nella sua influenza positiva sui consumi. Stamattina, sfogliando i giornali su internet, ho visto un pulitore di vetri vestito da Babbo Natale appeso all'esterno di un grattacielo di Tokio, un Babbo Natale subacqueo a Seul, un Babbo Natale surfista a Bali, una parata di Babbi Natale a Tsingtao, nella provincia cinese dello Shinan, tre Babbi Natale a cavallo di elefanti in Tailandia, un Babbo Natale benzinaio in Indonesia e quattro Babbi Natale che distribuivano cipolle gratis ad Amritsar, capitale del Punjab indiano.
Poco fa, facendo colazione, mi sono venute in mente due o tre cose che possono sembrare disordinate ma poi non lo sono tanto.
Prima cosa:
sto rileggendo, molti anni dopo, un romanzo di Somerset Maugham, Sul filo del rasoio, che mi aveva molto colpito in gioventù — non dovevo avere più di diciassette anni alla prima lettura. Verso un terzo del romanzo uno dei personaggi, un banchiere di Wall Street, si suicida poco dopo la crisi del 1929, incapace di sopportare il disonore di aver tragicamente deluso la fiducia di tutti coloro che gli avevano affidato i loro risparmi. Altri tempi...
Seconda cosa:
Stamattina alla radio francese ho distrattamente sentito un'intervista del direttore del rally che continua a chiamarsi Dakar nonostante tra qualche giorno parta da Buenos Aires per concludersi sembre a Buenos Aires due settimane dopo. Il direttore spiegava che siccome il “Dakar” consuma energia, 1) il consumo era stato calcolato, 2) ne era stato calcolato il prezzo e 3) una somma equivalente sarà versata in beneficienza a un'associazione sud-americana. Cioè: faccio assolutamente quel che voglio fregandomene di tutto e di tutti, ma siccome ho un sacco di soldi sono disposto a comprarmi, letteralmente comprarmi una patente di “buono” facendo un po' di beneficienza.
Terza cosa:
l'altro giorno guardavo il David Letterman Show. Naturalmente si parlava di Natale. C'era una donna, rappresentante di non so più quale gruppo di giocattoli, che faceva vedere alcune delle novità del 2011. Davanti a una specie di mostruoso dinosauro a pile che muoveva la testa, ruggiva e mordeva, Letterman dice alla signora: “Si sa che i giocattoli dovrebbero stimolare la creatività dei bambini. Questo giocattolo la stimola?” Risposta leggermente imbarazzata: “No”. Letterman riprende: “Lei ha figli?” “Sì, uno di tre anni e uno di sei.” “ E questo giocattolo glielo comprerebbe?” “Oh, sì, certo.” Senso del dovere professionale o semplice stupidità?
Quarta cosa:
mi ricordo di aver visto un Babbo Natale a Stellenbosch, vicino a Città del Capo, che se ne stava davanti a un supermercato e distribuiva volantini a tutti quelli che entravano. Mi ricordo anche di aver visto alberi di Natale, angeli svolazzanti e Babbi Natale in un centro commerciale di Singapore. Non dimenticherò poi mai la visita alla “casa di Babbo Natale” e centro commerciale annesso a Rovaniemi, capitale della Lapponia finlandese. (Giuro che ero lì come invitato...)
Tornando al romanzo di Maugham, mi è chiaro rileggendolo adesso che quello che mi aveva colpito più di quarant'anni fa era il personaggio di Larry, un giovane di Chicago che, traumatizzato da due anni al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, gira le spalle a un futuro brillante per andarsene in giro per il mondo (per l'India in particolare) a cercare il senso delle cose. Devo dire che ancora oggi, nonostante il lato estremamente dandy del romanzo, il personaggio di Larry mi piace. E non a caso ne scrivo il giorno di Natale, che più di ogni altro rappresenta l'ipocrisia, la mancanza di pudore e l'arroganza di questo mondo impazzito. Oggi più che mai voltargli le spalle, smetterla di prenderlo in considerazione come se fosse qualcosa di serio, vivere il più possibile al di fuori dalle sue logiche mortifere mi pare l'unica soluzione ragionevole.
Ho parlato di fede nel più grande avvenimento commerciale dell'anno. Fede, sì. Accompagnata dall'ancora più nobile fede nella libertà d'impresa e di commercio, da quella nello sviluppo e nel progresso portatori di giustizia e di pace, da quella nella fratellanza e nella generosità dei ricchi verso i poveri e da tutta una serie di altri avvilenti baggianate che sarebbe troppo lungo e tedioso elencare qui.
Buon anno.

domenica 19 dicembre 2010

Del Daspo

Il tastierista di Distretto 51

Stamattina ho imparato un altro acronimo: Daspo (che forse sarebbe meglio scrivere D.A.SPO., ovvero Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive). Questa degli acronimi è sempre una questione complicata. Ovviamente in questo caso DAMS sarebbe stato più logico, ma avrebbe forse creato confusione con un certo dipartimento dell'università di Bologna. Mi ricordo che in Francia quando nacque il raggruppamento dei comuni del circondario di Lione, (Communauté Urbaine de Lyon) si evitò l'imarazzante CUL a favore del più poetico COURLY.
Comunque sia, il tastierista Roberto Maroni propone ora che il Daspo sia applicato alle manifestazioni di strada. L'idea, brillante, è forse di ispirazione patafisica, visto che sembra una specie di omaggio al testo di Alfred Jarry intitolato La Passione considerata come corsa in salita. Non so, ma il fatto di equiparare le manifestazioni di strada a delle manifestazioni sportive è degno di nota.
Certo, mi direte, numerosi sport trovano nuove espressioni nel dissenso: la marcia e i cento metri, ovviamente, per le distanze percorse e per gli scatti improvvisi ; la lotta libera, in caso di scontri; il ciclomotorismo per l'uso di caschi; il curling e il lancio del peso, per l'occasionale lancio di pietre; l'aikido per l'utilizzo di bastoni.
Ma siamo proprio sicuri che le ragioni che spingono il nostro baffuto e rossocchialuto ministro all'allargamento del Daspo siano di tipo sportivo? Mmmmh...
In realtà si tratta di far fronte alla violenza, cosa sulla quale siamo tutti d'accordo. È d'accordo in particolare un altro eccellente ministro, il serafico Ignazio Benito Maria La Russa, di cui Il fatto quotidiano ha recentemente ricordato la partecipazione alla manifestazione milanese del 12 aprile 1973 durante la quale furono lanciate due bombe a mano che uccisero il poliziotto Antonio Marino. È d'accordo il fine dicitore Umberto Bossi, che nel 1993 dichiarò che “quando avremo perso tutto, quando ci avranno messo con le spalle al muro, resta il fatto che le pallottole costano 300 lire”. Insomma, siamo proprio tutti d'accordo.
Quindi W il Daspo! Pensandoci bene, questa sarebbe una soluzione anche per altri problemi. Le code sull'autostrada, per esempio: Daspo! Le spiagge romagnole troppo affollate: Daspo! Il palio di Siena: Daspo! Le messe a San Giovanni Rotondo: Daspo!
Sarebbero esonerati naturalmente il Parlamento, dove le risse restano autorizzate, le manifestazioni leghiste, dove alzare il dito medio al tricolore non costituisce reato, lo sgombero di campi Rom, che è uno sport non violento per antonomasia, e qualsiasi altro tipo di manifestazione pubblica tesa a sostenere l'operato delL'Unico Boss Virile (anagramma rivendicato dall'Amato Leader), dei suoi amici e degli amici dei suoi amici, che sono tanti.
Il geniale Maroni dichiarava due anni fa a VareseNews, quotidiano online della provincia di Varese, «in realtà questo (cioè tastierista del gruppo musicale Distretto 51, ndr) è il mio vero lavoro e a tempo perso faccio il ministro dell’Interno. Quindi riesco a conciliare benissimo le due cose». Conciliare, di sicuro. Benissimo? Mmmmh...
Resta il nodo della violenza e di quelle immagini degli scontri che facevano assomigliare Piazza del Popolo e i dintorni di Montecitorio a fotogrammi di qualche film sugli anni 70. Sarà per indole naturale, sarà per filosofia, sarà per un certo modo di vedere la vita, sarà per quello che volete, ma a me quel tipo di immagine non piace mai. Però mi chiedo: se Madre Natura, bontà sua, ha dotato anche il Maroni Roberto di qualche decina di miliardi di sinapsi in quel suo molle seppur padano encefalo, lo ha fatto per permettergli di riflettere sul perché delle cose o per fargli fare il ministro a tempo perso e sparare scemenze alla velocità di una Ferrari Testarossa del 1985? Mmmmh...

lunedì 13 dicembre 2010

Qualche cartina

Oggi qualche cartina. Ieri sera ho visto Report, probabilmente la più bella trasmissione di reportage visibile sulla Rai. Si parlava del PIL, quell'indice economico a cui tutti fanno riferimento e che non indica un realtà un bel niente al di fuori della disponibilità finanziaria di un paese. La cosa avrebbe forse un senso se quella disponibilità fosse ripartita in modo equo, ma visto che questo non è il caso — e che anzi lo è sempre di meno — l'indice del PIL serve solo a dare buona coscienza ai farabutti.
Nella trasmissione appariva ad un certo punto un rappresentante dell'associazione Sbilanciamoci! (http://www.sbilanciamoci.org). Sono andato a cercarmi il loro sito ed ecco alcune cartine interessanti nelle quali l'Italia appare geograficamente modificata in funzione dei dati scelti. Le cartine traducono visivamente l'indice QUARS, ovvero indice di Qualità dello Sviluppe Regionale. Per informazioni sui parametri impiegati potete riferirvi alla pagina http://www.sbilanciamoci.org/index.php?option=com_content&task=view&id=864
Per vedere meglio le cartine, potete andare a

Prima cartina, quella dell'ambiente.



Le regioni che sembrano avere un ambiente sano sono il Trentino, la Valle d'Aosta, l'Umbria e un po' meno la Toscana. Lombardia, Piemonte e Veneto fanno chiaramente schifo.
Seconda cartina, quella dei diritti di cittadinanza.



Anche qui Trentino, Val D'Aosta e Umbria stanno bene, insieme al Friuli e alla Sardegna. Pessime notizie invece per Campania, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.
Terza cartina, quelle delle pari opportunità.
Situazione sempre buona per Valle d'Aosta e Friuli, ma anche per Liguria, Toscana, EmiliaRomagna e l'Umbria. A schifio, come sempre, buona parte del sud e le isole.

Di cartine così ce ne sono altre cinque. Andate a vederle, sono molto interessanti. E guardatevi pure un po' del resto del sito, che fa bene alla salute, anche se piuttosto male al morale.

giovedì 9 dicembre 2010

Un bel discorso

Bernie Sanders

Tra tutti i cinquanta Stati americani quello che mi è più simpatico è il Vermont. Naturalmente lo è perché ci ho vissuto e perché ci vivono ancora molti amici miei, ma lo è anche politicamente, perché rappresenta un'altra America, più nascosta, alternativa, meno arrogante, più preocupata da problemi ambientali e sociali. Da sempre i rappresentanti e i senatori del Vermont sono “a sinistra”, espressione che metto tra virgolette perché essere a sinistra negli Stati Uniti non significa necessariamente assomigliare alla sinistra europea. Per fortuna, mi direte voi, e sono d'accordo.
Comunque sia, anche un senatore Repubblicano del Vermont è di solito molto, ma molto più progressista di un suo collega Democratico dell'Alabama o dell'Idaho.
Una mia amica ex-vermontese e ora newyorkese ha messo su Facebook il video di un discorso pronunciato recentemente al Senato dal senatore indipendente Bernie Sanders, ex sindaco di Burlington, che del Vermont è la città principale. Anche se il discorso è più lungo dei miei abituali post, ho voluto tradurlo e pubblicarlo perché mi sembra molto bello. Chi capisse l'inglese potrebbe magari andarselo a vedere direttamente su http://www.youtube.com/watch?v=H5OtB298fHY.

Ecco il discorso (che ho tradotto un po' in fretta...):

Signor Presidente, c'è una guerra in questo paese, e non mi riferisco alle guerre in Irak o in Afghanistan. Parlo della guerra portata avanti da alcuni dei più ricchi e potenti abitanti del nostro paese contro le famiglie dei lavoratori degli Stati Uniti d'America, contro la classe media che sta sparendo dal nostro paese.
La realtà è che molti miliardari americani sono sul piede di guerra. Vogliono di più, di più, di più. La loro avidità non ha limiti e a quanto pare non c'è da parte loro alcun riguardo per il paese o per il popolo se questi si mettono di traverso sul cammino dell'accumulo di ricchezze e di potere sempre più grandi.
Signor Presidente, nel 2007 l'1 per cento degli americani guadagnava il 23,5 per cento del reddito nazionale. Pare non fosse abbastanza. La percentuale dei guadagni di quell'1 per cento è triplicata dagli anni 70. Alla metà degli anni 70 l'1 per cento guadagnava circa l'8 per cento del reddito nazionale. Negli anni 80 quella percentuale è salita fino al 14 per cento. Alla fine degli anni 90 quell'1 per cento guadagnava il 19 per cento. E oggi, mentre la classe media sprofonda, quell'1 per cento guadagna il 23 per cento del reddito nazionale, cioè più di quel che guadagna la metà della popolazione. Oggi, se riuscite a crederci, un decimo di quell'1 per cento intasca 12 centesimi di ogni dollaro guadagnato in America.
Parliamo di molte cose nell'aula del Senato, ma in un modo o nell'altro ci dimentichiamo di parlare di chi vince in questo sistema economico e di chi perde. È molto chiaro a chiunque passi due minuti a studiare il problema che la gente in cima alla scala sta straordinariamente bene, e che al tempo stesso la classe media sprofonda e la povertà aumenta. Molti sono arrabbiati e si chiedono cosa stia succedendo ai loro guadagni, alle loro vite, alle vite dei loro figli.
Se riuscite a crederci, tra il 1980 e il 2008 l'80 per cento di tutti i nuovi redditi creati in questo paese è andato a quell'1 per cento — l'80 per cento di quei guadagni è andato all'1 per cento. Ecco perché la gente si fa domande e chiede: cosa sta succedendo? Perché lavoro di più e guadagno di meno? Perché mi preoccupo all'idea che i miei figli avranno un livello di vita più basso del mio? Dal 1980 al 2007 l'80 per cento dei nuovi redditi è andato a quell'1 per cento.
Oggi gli amministratori di Wall street, i mascalzoni di Wall street le cui azioni hanno dato come risultato la recessione nella quale ci troviamo, la gente le cui azioni illegali e sconsiderate hanno dato come risultato la perdita di un lavoro, di una casa e dei risparmi di milioni di americani, indovinate?... Dopo che li abbiamo salvati, quegli amministratori guadagnano più soldi di prima del salvataggio. E mentre la classe media sparisce e i ricchi diventano molto più ricchi gli Stati Uniti si ritrovano con la distribuzione di ricchezza più sbilanciata di tutti i grandi paesi del mondo.
Signor Presidente, quando andavamo a scuola leggevamo libri di testo che parlavano delle repubbliche bananiere dell'America Latina. Leggevamo libri su paesi nei quali un gruppetto di individui controllava la maggioranza dei redditi. Bene, indovinate?... Questo è esattamente quel che succede oggi negli Stati Uniti. E a quanto pare l'unica preoccupazione di alcuni dei ricchi più ricchi del nostro paese è accumulare sempre più soldi e sempre più potere. Non tutti i più i ricchi. Non tutti. Ci sono molti ricchi che capiscono e che sono fieri di essere americani, che capiscono quanto sia importante che stiamo bene tutti. E questo è un problema, il problema dell'avidità, al quale dobbiamo confrontarci.
Nel bel mezzo di questa crescita diseguale di guadagni e di ricchezze ci troviamo ora di fronte al problema di decidere cosa fare dei tagli delle tasse del 2001 e del 2003 dell'amministrazione Bush. E, se riuscite a crederci, c'è molta gente qui, molti dei miei colleghi Repubblicani, che dice: oh, sono tanto preoccupato dal nostro deficit record. Sono terribilmente preoccupato dai 13.700 miliardi di deficit pubblico. Sono terribilmente preoccupato dal debito che lasceremo in eredità ai nostri figli e nipoti. Ma, un momento: è molto importante che offriamo su un periodo di dieci anni una riduzione delle tasse di 700 miliardi al 2 per cento dei più ricchi. Oh, sì, siamo preoccupati dal deficit, ma siamo più preoccupati dal fatto che i milionari — gente che guadagna come minimo un milione di dollari all'anno — abbiano almeno 100.000 dollari all'anno di riduzione di tasse. Quindi abbiamo 13.700 miliardi di debito — in aumento — abbiamo le disuguaglianze che aumentano, eppure la prima priorità di molti colleghi Repubblicani è di assicurarsi che molti milionari e miliardari paghino meno tasse. Per me è assurdo.
Ma non si tratta solo dei tagli delle tasse sul reddito. Si tratta anche dei tagli delle tasse sul patrimonio. E siamo chiari: mentre alcuni dei miei colleghi vogliono eliminare completamente le tasse sul patrimonio — tasse che esistono dal 1916 — ogni centesimo di quei benefici andrà a un terzo di quell'1 per cento. Se facessimo ciò che alcuni dei miei amici vorrebbero, cioè eliminare completamente le tasse sul patrimonio, la cosa ci costerebbe mille miliardi su un periodo di dieci anni, soldi che andrebbero tutti in tasca all'1 per cento dei più ricchi.
Sono certo che tra poco i miei amici verranno a parlare dicendo che sono molto preoccupati dal deficit, però sapete cos'è più importante? Ridurre drasticamente le tasse dei più ricchi del nostro paese.
Signor Presidente, il problema delle tasse è solo una parte di ciò che i nostri amici più ricchi vorrebbero accadesse nel nostro paese. La realtà è che molta di questa gente vorrebbe riportare il paese indietro ai livelli del 1920, e così vogliono fare il possibile per eliminare ogni traccia di leggi che le famiglie hanno lottato con le unghie e coi denti per far adottare e per raggiungere un minimo di sviluppo e di stabilità nelle loro vite.
C'è gente là fuori — non sono tutti, ma sono molti — che vuole privatizzare o eliminare completamente l'assistenza sanitaria. Vogliono privatizzare o tagliare drasticamente la mutua. Sì, se hai 75 anni e non hai soldi, buona fortuna per trovare un'assicurazione sanitaria a un costo ragionevole da una compagnia privata! Sono sicuro che ci sono un sacco di compagnie di assicurazione che saranno felici di occuparsi dei senior poveri che lottano contro il cancro o contro altre malattie.
E poi ci sono amministratori e molti membri del Congresso che non vogliono solo continuare, ma vogliono sviluppare le nostre disastrose politiche commerciali. L'altro giorno sono andato a fare shopping con mia moglie, siamo andati a comperare i regali di Natale. Guardavamo e guardavamo e praticamente tutti i prodotti in vendita erano Cina, Cina, Cina. Sembra che siamo un paese con un cinquantunesimo stato chiamato Cina che produce praticamente tutto quello che consumiamo in America.
La nostra politica commerciale ha dato come risultato la perdita di milioni di impieghi mentre gli amministratori e i presidenti di consigli d'amministrazione dicevano: perché dovrei reinvestire in America quando posso andare in paesi dove gli operai sono pagati 50 o 75 centesimi all'ora? Ecco quel che farò, e al diavolo i lavoratori di questo paese. Quindi non solo ci siamo accollati una politica commerciale disastrosa, ma vogliamo espanderla.
Una cosa che vedremo succedere è che mentre ci dibattiamo contro un deficit nazionale mai visto prima, provocato dalle guerre in Irak e in Afghanistan, provocato dai tagli delle tasse dei ricchi, provocato da un programma di rimborso delle medicine non budgetizzato, provocato dal salvataggio di Wall street che ha aumentato il deficit, c'è gente che dirà: accidenti, ci sono tutte quelle spese e oltre tutto dobbiamo ridurre le tasse dei milionari e dei miliardari, però vogliamo equilibrare il bilancio. Mamma mia, come faremo?
Ovviamente sappiamo come faranno. Taglieranno le spese di assistenza sanitaria, taglieranno le spese della scuola, taglieranno le spese di assistenza ai bambini, taglieranno le borse di studio. Taglieranno i buoni pasto. Non abbiamo abbastanza soldi per le famiglie e le educatrici. Non aumenteremo certo i sussidi di disoccupazione. Abbiamo priorità più importanti, Signor Presidente: dobbiamo, dobbiamo, dobbiamo ridurre le tasse dei milionari. Dopo tutto, non è per questo che siamo qui? Loro sovvenzionano le nostre campagne elettorali, dobbiamo restituirgli ciò che gli è dovuto.
Straodinariamente gli amministratori di Wall street e le grandi istituzioni finanziarie vogliono ridurre o sopprimere i pochi investimenti — molto pochi — nelle leggi a venire. Io ho votato per la riforma finanziaria ma voglio dire chiaramente che questa non è andata da nessuna parte, è solo andata lontano a favore dei nostri amici di Wall street e alle loro lobby, che sono dappertutto. E in cambio delle centinaia di milioni di dollari che Wall street spende per le lobby, Wall street vuole ridurre o sopprimere le riforme.
Vogliono ridurre i poteri del ministero dell'ambiente e di quello dell'energia, così ExxonMobil potrà continuare ad essere la compagnia più lucrativa nella storia del mondo mentre le compagnie petrolifere e carbonifere continueranno a inquinare la nostra aria e la nostra acqua. L'anno scorso ExxonMobil ha guadagnato 19.000 milioni di dollari. Indovinate?... Ha pagato zero tasse. Ha avuto un rimborso di tasse di 156 milioni. Ma non è abbastanza. Dobbiamo tagliare ancora di più le tasse delle compagnie petrolifere.
Quindi ecco dove siamo. Dobbiamo ammetterlo. Siamo in guerra. La classe media lotta per sopravvivere e si scontra con alcune delle forze più facoltose e potenti del mondo, la cui avidità non ha limiti. E se non incominciamo ad alzarci in piedi per rappresentare quelle famiglie non ci sarà più una classe media in questo paese.

mercoledì 1 dicembre 2010

(Quasi) Natale



Presepe 2010.

San Giuseppe: Marcello Dell'Utri
La vergine: non ce n'è
Gesù Bambino: il nostro Amato Leader
Il bue: Paolo Bonaiuti
L'asino: Sandro Bondi
La cometa (che passa e va): Aldo Brancher
Le stelle: Mara Carfagna, Michela Vittoria Brambilla, Daniela Santanché, Stefania Prestigiacomo, Mariastella Gelmini, Giorgia Meloni
I pastori in adorazione: Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Franco Frattini, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri
Gli angeli che cantano: Emilio Fede, Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti
La stalla: palazzo Grazioli (in alcune regioni d'Italia, villa San Martino; in Sardegna, villa Certosa; all'estero, la villa di Antigua)
La culla: il lettone di Putin
La mangiatoia: l'Italia
Il fieno: tutti noi
L'acqua che scorre: i nostri soldi
Le donne di Betlemme: Noemi Letizia, Ruby, Patrizia D'Addario, più molte altre, tutte con i tacchi alti
Lo scemo del villaggio: il Trota
Il gran sacerdote: Gianni Letta
I centurioni: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Vito Ciancimino & Co.
Lo spazzino napoletano: Guido Bertolaso
Gli infedeli che sghignazzano: Gianfranco Fini, Italo Bocchino
Il suonatore di tromba: Augusto Minzolini
Gli appestati: Michele Santoro, Giovanni Floris, Milena Gabanelli, Gad Lerner, Fabio Fazio
Il lebbroso (molto contagioso): Roberto Saviano
Il cammelliere: Lele Mora
L'invasato: Antonio Di Pietro
Il senza tetto: Antonio Scajola
L'analfabeta: Umberto Bossi
Il lustrascarpe: Mauro Masi
La pescivendola: Alessandra Mussolini
Quelli che stanno a guardare: Pier Luigi Bersani e i suoi amici
La sfinge (che è lì da tremila anni): Massimo D'Alema
Il poverello: Giulio Tremonti
I re magi: Vladimir Putin, Muhammar Gheddafi, Bojko Borisov