martedì 17 luglio 2018

Zakir



È solo un piccolo aneddoto, ma che mi ha reso felice.
Ieri ero all'Empoli Jazz Festival per il concerto di Dave Holland, Chris Potter e Zakir Hussain. Ci ero andato soprattutto per Hussain, musicista che amo molto ma che non avevo mai sentito dal vivo.
Il direttore del festival, Filippo d'Urzo, mi aveva indicato l'ora prevista per il sound-check, che è sempre un momento nel quale si possono fare foto più informali di quelle durante il concerto. Siccome, viste le previsioni meteo, la serata era stata spostata al chiuso, alle 18 sono arrivato al Teatro del Momento. I musicisti però, che avevano mancato una corrispondenza aerea, sono arrivati più di un 'ora dopo. Oltre tutto, pochi minuti prima del loro arrivo mi è stato detto che preferivano non essere fotografati durante il sound-check, quindi ho rimesso la macchina fotografica nello zaino e me ne sono andato. Ero lì fuori a chiedermi come avrei occupato le due ore seguenti, quando ho visto arrivare Zakir Hussain. Si guardava intorno, cercando l'ingresso degli artisti, che non è indicato perché in realtà è l'ingresso di un chiostro attraverso il quale si accede a un museo. Ho spiegato a Hussain da dove doveva passare, poi però non ho resistito e gli ho chiesto se poteva concedermi due minuti perché volevo raccontargli una storia. Ecco la storia.
Una trentina di anni fa ero in India per una piccola tournée con il mio Ubu re. Quella sera avevo fatto spettacolo a Hyderabad, capitale dell'Andhra Pradesh. Alla fine dello spettacolo il direttore dell'Alliance Française, co-organizzatrice della tournée, mi aveva portato a cena in uno dei ristoranti dell'Hotel Oberoi con alcuni amici indiani. Ero salito in macchina e all'accensione del motore era partito un CD.
Era una musica strana, che non conoscevo, con un sassofonista, un chitarrista, un flautista e un tablista. A quei tempi ascoltavo rock, folk e classica, soprattutto Schubert. Incuriosito, avevo chiesto cosa fosse quella musica e il direttore dell'Alliance me lo aveva spiegato.
Tornato in Francia una decina di giorno dopo, mi ero ricordato di quell'ascolto e avevo deciso di tentare il colpo. Ero andato al reparto CD del Virgin megastore di Marsiglia e avevo parlato con un venditore:
Sto cercando un CD di cui non ricordo né il titolo, né i nomi dei musicisti. So solo che sono in quattro, due europei e due indiani, e che uno dei due europei è quel chitarrista inglese di cui mi sfugge il nome, che vive con una delle due sorelle Labèque [che sono un duo pianistico classico francese che allora andava per la maggiore oltralpe].
Naturalmente non mi aspettavo la risposta che ricevetti:
Ah, sì, Making Music, di Zakir Hussain.
Making Music è un bellissimo CD, che ascolto ancora spesso: Jan Garbarek ai sax, John McLaughlin alla chitarra, Hariprasad Chaurasia al flauto bansuri e Zakir Hussain ai tabla.
Quel CD, ho spiegato a Hussain, mi aveva aperto le porte delle due musiche che oggi amo di più, il jazz e la musica classica indiana. E gli ho detto quanto fossi felice di poterlo ringraziare di persona, tanti anni dopo, per avere cambiato la mia vita. Perché la musica ti cambia la vita
Ci siamo stretti la mano, lo ringraziavo, e lui thank you, thank you, thank you, ringraziava me, e si è inchinato e ha portato la mia mano e la sua alla fronte dicendo thank you, oh, you made my day. E io lì a ringraziare lui e il tempo si è fermato ed è stato uno di quei momenti in cui ti senti così felice che ti viene voglia di metterti a ballare, semplicemente perché hai appena avuto la conferma di ciò che sospettavi, che quell'immenso musicista è anche una bella persona e che tu hai avuto il privilegio di fargli un piccolo regalo.
Più tardi, dopo il concerto, mi ha visto e si è avvicinato. Thank you for the story you told me e mi ha stretto la mano e mi ha abbracciato, manco fossimo stati amici da trent'anni. E io me ne sono tornato verso la macchina, sotto la pioggia, con sulla faccia un sorriso che andava da orecchio a orecchio.