In
origine The Basement Tapes è
un doppio LP firmato da Bob Dylan e The Band e pubblicato nel 1975
dalla Columbia Records. Contiene 24 pezzi, cantati in parte da Dylan
e in parte da Rick Danko e Levon Helm, della Band. In realtà quei
pezzi, più un'altra ottantina, furono registrati nel 1967. Perché
allora aspettare otto anni per pubblicarli?
In
un certo senso tutto era
incominciato il 29 luglio del '66. Dylan se ne stava tornando a casa
in moto, una Triumph T100 del '64, quando, forse a causa di una
macchia d'olio sull'asfalto, perse
il controllo e si schiantò, fratturandosi una vertebra. L'incidente
fu tenuto segreto, ma portò comunque all'annullamento di un paio di
tournée.
Era
ormai un anno che Dylan girava e registrava con la Band, che
all'inizio si chiamava ancora The
Hawks.
I
cinque componenti, tutti canadesi,
si
erano
scelti quel nome quando erano diventati gli accompagnatori ufficiali
di Ronnie Hawkins, soprannominato The
Hawk,
il falco, un cantante di rock, rockabilly, country e bluegrass,
originario
dell'Arkansas, ma trapiantato in Canada.
Dylan
li
aveva
sentiti
in un locale di Toronto, Le
Coq d'Or Tavern,
e aveva ingaggiato prima il batterista Levon Helm e il chitarrista
Robbie Robertson, poi l'insieme della band per quelle che sarebbero
state le sue prime tournée elettriche.
Oggi
può sembrare strano, ma nel '65 e nel '66, sera dopo sera e concerto
dopo concerto, sia negli Stati Uniti che in Europa e in Australia, i
fan, che conoscevano Dylan come cantante folk “impegnato”, lo
fischiavano, gli urlavano “traditore!”, “Giuda!”, “venduto!”
e altre amenità che lo lasciavano peraltro totalmente indifferente.
Gli amanti del folk vedevano con grande diffidenza la musica che
andava per la maggiore, sia
quella
dei Beatles, dei Rolling Stones, delle Supremes, dei Mamas and Papas,
o
di
Sonny & Cher, che
quella psichedelica che incominciava a farsi strada e avrebbe
travolkto tutto in breve tempo. Per i puristi,
che “il menestrello della sua generazione” si fosse messo a
suonare la chitarra elettrica era
semplicemente scandaloso e inaccettabile.
Tra
l'ottobre del '65 e il marzo del '66, due membri
della Band, il bassista Rick
Danko e il chitarrista Robbie Robertson (che magari non c'entra
niente però era figlio di un'indiana mohawk e di uno scommettitore
professionista di origine ebraica), avevano accompagnato Dylan
durante le registrazioni del mitico doppio LP Blonde on
Blonde, quello con Just
Like a Woman, Sad-Eyed
Lady of the Lowlands, Rainy
Day Women #12
& 35
e altri capolavori.
Sta
di fatto che l'incidente in moto mise fine a quel periodo caotico
fatto di tournée, di fischi, urla e insulti, e di polemiche a non
finire. Dylan si ritirò dalla scena, anzi dalle scene, visto che non
apparve più in pubblico per otto anni, fino al gennaio del '74.
È
così che nel '67 se ne andò a vivere con la famiglia, cioè la
moglie Sara e i primi due figli, Jesse Byron e Anna Lea, dalle parti
di Woodstock, 150 chilometri a nord di New York.
Allo
stesso momento tre membri della Band,
il bassista Rick Danko,
il
tastierista Garth Hudson
e il
cantante e tastierista Richard Manuel,
presero in affitto una casa isolata,
a
una quindicina di chilometri da Woodstock, sul
territorio del paesino di Saugerties. Hudson, al quale piaceva
armeggiare con microfoni, registratori e amplificatori, improvvisò
uno studio di registrazione del tutto amatoriale, prima nella red
room
del primo piano (che rossa non era, ma si diceva lo fosse stata un
tempo)
e più tardi nella cantina.
Senza
un vero piano di lavoro, Dylan e la Band, presero l'abitudine di
ritrovarsi per provare cose nuove, oppure nuove versioni di cose
vecchie, registrandole
sul magnetofono rigorosamente mono di Hudson.
Nel
frattempo l'editore delle musiche di Dylan continuava a chiedergli
nuove canzoni da dare ad altri gruppi, visto anche il successo che i
Byrds
avevano avuto con Mr.
Tambourine Man e
All I Really
Want to Do,
oppure Peter,
Paul and Mary
con Blowin'
in the Wind
e The Times
They Are a-Changin'.
Ma
l'essenziale lo ricorda Robbie Robertson in un'intervista di qualche
anno fa:
[Suonavamo
quella musica] solo
per noi. Eravamo in cerchio e l'idea che fosse possibile fare quella
musica e registrarla
dicendoci che non importava se nessuno l'avesse mai sentita, era
eccitante. Era così strano e così grandioso suonare tutte quelle
canzoni. La libertà musicale delle Basement
Tapes forse
non è stata più raggiunta da nessuno fino a oggi.
In
un'altra intervista Robertson, parlando del fatto di registrare in
casa, ricorda:
Oggi lo fanno tutti. Ma a
quei tempi la cosa era molto rara. Les Paul l'aveva fatto, ma tutti
gli altri, per fare un disco, andavano là dove si fanno i dischi
[…],
dove c'è un grosso orologio al muro e un membro del sindacato che ti
dice che è arrivata l'ora della pausa pranzo.
Garth
Hudson racconta
a sua volta
come
alcune delle canzoni fossero nate direttamente sul posto: Dylan si
metteva alla macchina da scrivere, scriveva un testo, poi tutti
scendevano in cantina, trovavano una melodia e registravano. Tutto
lì.
La
cosa andò avanti per mesi. Alcune registrazioni vennero date
all'editore musicale di Dylan, altre finirono qua e là, dimenticate
per anni. In
un filmato su YouTube si vedono perfino dei vecchi nastri che fanno
capolino da una vecchia scatola di cartone con su scritto Cantina
Sociale Colli Albani – Ariccia.
Poco
per volta però qualche furbetto riuscì a procurarsi
delle copie di
alcune registrazioni
ed
è così che iniziarono a circolare i primi bootleg.
Fino a quando, nel '74, la Columbia decise di farne un doppio LP.
Quello
che non sapeve o che ho scoperto un po' per caso su internet una
decina di giorni fa à che nel 2014, dopo un lungo lavoro di ricerca
e di restauro, la Columbia ha pubblicato un cofanetto di 6 CD,
intitolato
The
Basement Tapes Complete,
che comprende 138 Pezzi. Non sono 138 canzoni, perché 17 sono in
due versioni e 3 in 3. Ma
ciò che conta è che il
cofanetto è una meraviglia da tutti i punti di vista. Innanzitutto,
viste le sue dimensioni (22x21x4
cm)
bisognerebbe chiamarlo cofanone piuttosto
che cofanetto. Poi il libro cartonato di 40 pagine che contiene i 6
CD e quello di 122 pagine che lo accompagna sono estremamente
interessanti sia per l'iconografia e l'impaginazione che per le
informazioni che offrono. E poi c'è la musica! Una musica spontanea,
senza fronzoli, improvvisata, calda come la copertina di Linus,
intelligente, autentica. Una goduria totale.
E
se credi che il prezzo del cofanone, che supera di poco i 100€, sia
eccessivo, beh, continua
pure a comprarti delle mutande griffate.
Peggio per te. Io il
,mio cofanone ce l'ho
e sono felice come una Pasqua.
Adesso
ti lascio e vado a riascoltarmi
il CD 3, quello con le due versioni di I
Shall Be Released.
E magari mi faccio pure un buon caffè.