domenica 31 maggio 2015

Una lettera di Einstein


Qualche giorno fa ho pubblicato sulla mia pagina Facebook il link verso un testo di Einstein che non conoscevo, intitolato Perché il socialismo? Per caso, poco dopo, sempre su Facebook, ho trovato una lettera di Einstein a Eric Gutkind, filosofo ebreo tedesco, dal pensiero mistico-pacifista. Gutkind faceva parte di un gruppo informale di pacifisti come Kandinsky, Tagore, Oppenheimer e Benjamin. Non avendo trovato una traduzione italiana della lettera su internet, me la sono tradotta io e te la propongo qui perché mi piace assai. 
 

Princeton, 3. 1. 1954
Caro Signor Gutkind,
ispirato dalle insistenze di Brouwer1 ho letto gran parte del suo libro e la ringrazio di avermelo prestato. Ciò che mi ha colpito è questo: [lei e io] abbiamo molto in comune per quanto riguarda il nostro modo fattuale di affrontare la vita e la comunità umana. Il suo ideale personale di lotta per la libertà contro i desideri egoisti, per rendere la vita bella e nobile, con un'enfasi sull'elemento puramente umano ci unisce in una stessa “attitudine non americana.”

Ciò nonostante, senza il suggerimento di Brouwer non mi sarei mai impegnato così instensamente nella lettura del suo libro, scritto in una lingua per me inaccessibile. La parola Dio per me non è niente di più che l'espressione e il prodotto delle debolezze umane, la Bibbia è una collezione di leggende certo onorevoli, ma puramente primitive ed estremamente infantili. Non c'è interpretazione, per quanto sottile, che possa farmi cambiare opinione. Per me la religione ebraica, come tutte le altre religioni, è l'incarnazione delle superstizioni più infantili. E il popolo ebreo, di cui sono felice di fare parte e con il cui modo di pensiero provo molte affinità, non ha per me nessuna qualità diversa da quella di altri popoli. Se giudico dalla mia esperienza, gli ebrei non sono migliori di altri gruppi umani, anche se sono protetti dai peggiori cancri [le guerre] dalla mancanza di potere. A parte questo, non vedo niente di “eletto” in loro.

In maniera generale trovo penoso il suo rivendicare una posizione privilegiata e il suo tentativo di difenderla alzando due muri di orgoglio, uno esterno, come uomo, e uno interno, come ebreo. Come uomo lei afferma, in un certo senso, di sentirsi dispensato dalla causalità che tutti accettano, mentre come ebreo rivendica il privilegio del monoteismo. Ma una causalità limitata non è più una casualità, come il meraviglioso Spinoza lo ha indicato per inciso, probabilmente per primo. E le interpretazioni animistiche delle religioni della natura non sono annullate dalla monopolizzazione. Con muri di questo tipo non solo possiamo arrivare unicamente a un certo auto-accecamento, ma i nostri sforzi morali non ci guadagnano nulla. Al contrario.

Ora che ho chiamaramente indicato le differenze nelle nostre convinzioni mi è chiaro che siamo vicini l'uno all'altro in cose essenziali come le nostre valutazioni del comportamento umano. Ciò che ci separa intellettualmente sono solo gli “accessori” e la “razionalizzazione”, per dirlo nella lingua di Freud. Quindi credo che ci intenderemmo bene se parlassimo di cose concrete.

Ringraziamenti amichevoli e cordiali saluti.

Suo

Albert Einstein.



1Immagino si tratti del matematico Luitzen Brouwer