domenica 23 novembre 2014

Il poeta della settimana: Omero

Alle Medie, come tutti, ho studiato l'Iliade. Quell'anno e solo quell'anno ho avuto un insegnante di lettere straordinario. Era uno del Sud, un quarantino, forse calabrese, che parlava con un forte accento. Aveva una specie di modo distaccato di insegnare, sempre al limite dell'ironia e soprattutto dell'autoironia. Contrariamente agli altri insegnanti dava l'impressione di fare il suo lavoro per noi, più che per lo stipendio di fine mese.
È con lui che ho scoperto Omero ed è probabilmente da lì che è nato, o almeno si è strutturato il mio amore per le epopee classiche. Se non ci fosse stato lui probabilmente molto più tardi non avrei amato il Mahabharata indiano, lo Shanameh persiano e l'epopea mandinga di Sunjata.
Di Omero mi piacevano tantissimo le similitudini, che il professore si dilettava a farci commentare. "Perché piangi, o Patroclo, come una bimba, / piccola che corre dalla madre per essere presa in braccio, / le prende la veste, e non la lascia camminare, / ma piangendo la guarda dal basso, perché la prenda in braccio: / a lei assomigli, Patroclo, versando tenere lacrime." Oppure "Come quando un uomo, improvviso scorgendo un serpente, indietreggia / in una balza montana, tremito gli avvolge le gambe, / si allontana e livido diventa il suo viso, / così di nuovo si nascose nel folto dei Troiani gloriosi…"
Oltre alle similitudini però c'erano le liste, due in particolare: la descrizione dello scudo di Achille nel XVIII canto e il catalogo delle navi achee nel II. È questo che ti propongo di (ri)leggere oggi. In realtà adoro tutta l'Iliade, ma un post con il testo integrale sarebbe stato davvero troppo lungo.

Il catalogo delle navi - Iliade Canto II 493-760
[…]
Ma dirò i capi di navi e tutte le navi.
   Dei Beoti Penèleo e Leito erano a capo,
e Arcesílao e Clonio e Protoènore,
Iría abitavano alcuni ed Aulide petrosa,
e Scheno e Scolo, e il ricco di vette Eteone,
e Tespia e Graia e Micalesso spaziosa;
altri abitavano intorno ad Arma, a Ilisio, a Eritra;
avevano altri Eleone ed Ile e Peteone,
Ocalea e Medeone, borgo ben costruito,
Cope, Eútresi e Tisbe dalle molte colombe;
altri Coronea e Alíarto erbosa,
e altri avevan Platea, e abitavan Gli santo,
e avevano Ipotebe, borgo ben costruito,
e Onchesto sacra, recinto nobile di Poseidone;
altri avevano Arne ricca di grappoli, e Mídea
e Nisa divina e la lontana Antedone;
vennero di costoro cinquanta navi, in ognuna
centoventi giovani dei Beoti eran saliti.
    Ma quelli che Aspledone e Orcòmeno Minio abitavano,
di questi erano a capo Ascàlafo e Iàlmeno, figli d’Ares,
che nel palazzo d’Àttore Azeíde, al piano di sopra,
generò Astioche, vergine degna d’onore,
al forte Ares; ch’egli le giacque accanto furtivo.
Per loro trenta navi concave s’allineavano.
    E dei Focesi Schedío ed Epístrofo erano a capo,
figli d’Ifito magnanimo Naubolíde;
questi avevan Cipàrisso e Pito petrosa,
Crisa divina e Daulíde e Panopeo,
e ad Anemoria vivevano e a Iàmpoli,
e presso il fiume Cèfiso divino abitavano,
e avevano Lílaia, sulla sorgente del Cèfiso;
costoro quaranta navi nere seguivano,
e i capi ordinavan le file dei Focesi attivamente;
accanto ai Beoti, a destra, stavano armati.
    Dei Locri era a capo l’Oileo, il rapido Aiace,
meno grande, non tanto grande quanto l’Aiace Telamonio,
molto meno grande, piccolo anzi e con cotta di lino,
ma con l’asta vinceva tutti gli Elleni e gli Achei.
Questi abitavano Cino e Oponto e Callíaro,
e Bessa e Scarfe, e l’amabile Augea,
e Tarfe e Tronio, sulla corrente del Boagrio.
Costui quaranta navi nere seguivano,
dei Locri, che vivono in faccia alla sacra Eubea.
    Quelli che avevan l’Eubea, gli Abanti che spirano furia,
e Calcíde ed Eretria e Istíea ricca di grappoli,
e Cerinto marina e l’alta città di Dione,
e quelli che avevano Càristo, e abitavano Stira,
di questi era a capo Elefènore, rampollo d’Ares,
figlio di Calcodonte, magnanimo principe degli Abanti;
a lui obbedivan gli Abanti rapidi, chiomati alla nuca,
armati di lancia, bramosi coi lunghi frassini
di rompere la corazza intorno al petto ai nemici.
Costui quaranta navi nere seguivano.
    E quelli che avevano Atene, città ben costruita,
popolo del magnanimo Eretteo, che Atena un tempo
allevò, la figlia di Zeus – lo generò la terra feconda –
e pose in Atene, dentro il suo ricco tempio;
e lui qui con tori e agnelli propiziano
i giovani degli Ateniesi al tornare dell’anno:
di questi era a capo il figlio di Peteòo, Menesteo:
mai sulla terra nacque uomo simile
per ordinare cavalli e uomini armati di scudi.
Soltanto Nestore entrava in gara, poi ch’era più vecchio.
Costui cinquanta navi nere seguivano.
    Aiace da Salamina guidava dodici navi;
e li dispose ordinandoli dov’erano le falangi ateniesi.
    Quelli che avevano Argo e Tirinto murata,
Ermione e Asine sul golfo profondo,
Trezene, Eione, Epídauro piantata a vigneti,
e avevano Egina e Màsete, giovani degli Achei,
di questi era a capo Diomede, potente nel grido,
e Stènelo, caro figlio di Capaneo glorioso,
terzo Euríalo andava con essi, mortale pari agli dèi,
figlio di Mecisteo, del re Talaonide;
ma su tutti imperava Diomede, potente nel grido.
Costoro ottanta navi nere seguivano.
    Quelli che avevan Micene, città ben costruita,
e l’abbondante Corinto, e il ben costruito Cleone,
o che abitavano Ornea e l’amabile Aretirea,
e Sicione, là dove Adrasto prima regnò,
e quelli che Iperesía e l’alta Gonòessa
avevano e Pellene, e abitavano intorno ad Ègio,
e in tutto quanto l’Egialo, e intorno all’ampia Elíce,
cento navi di questi guidava il potente Agamennone,
figlio d’Atreo; con lui moltissime e nobili
schiere venivano; egli era vestito di bronzo abbagliante,
e andava superbo, tra tutti gli eroi primeggiava,
perché era il più forte, guidava moltissime schiere.
    Quelli che avevano Lacedèmone concava, avvallata,
e Fari e Sparta e Messe ricca di colombe,
e abitavano Brisea e l’amabile Augea,
che avevano Amicla ed Elo, borgo sulla riva del mare,
che avevano Laa e che abitavano Ètilo,
di questi guidava il fratello, Menelao potente nel grido,
sessanta navi; a parte stavano armati;
egli in mezzo moveva, fidando nel suo coraggio,
e li spingeva alla guerra; moltissimo ardeva in cuore
di vendicare d’Elena le ribellioni e i gemiti.
    E quelli che Pilo abitavano e l’amabile Arene,
e Trio, guado dell’Alfeo, ed Epi ben costruita,
e Ciparissento ed Anfigènia abitavano,
e Pteleo ed Elo e Dorio, là dove le Muse
fattesi avanti al tracio Tàmiri tolsero il canto,
mentre veniva da Ecalia, da Euríto Ecaleo,
e si fidava orgoglioso di vincere, anche se esse,
le Muse cantassero, figlie di Zeus egíoco!
Ma esse adirate lo resero cieco e il canto
divino gli tolsero, fecero sí che scordasse la cetra;
di questi era a capo il gerenio cavaliere Nestore.
Novanta concave navi egli metteva in linea.
    E quelli che avevan l’Arcadia, ai piedi dell’alto Cillene,
presso la tomba d’Epíto, dove gli uomini lottano corpo a corpo,
quelli che abitavano Fèneo e Orcòmeno ricca di pecore,
e Ripe e Stratíe ed Enispe ventosa,
e avevano Tegea e l’amabile Mantinea,
ed avevano Stínfalo e abitavano Parrasia,
di questi guidava il figlio d’Anceo, il potente Agapènore,
sessanta navi; e in ogni nave molti
eroi arcadi eran saliti, abili in guerra.
E donò loro, il sire di genti Agamennone,
le navi buoni scalmi, da andar sul cupo mare,
il figlio d’Atreo, ché quelli non sanno di cose marine.
    Quelli poi che abitavano Buprasio e l’Èlide divina,
fin là dove Irmíne e Mírsino lontana
e la rupe Olenia la chiudono e Alesio,
di questi i capi eran quattro, seguivano ognuno dieci
navi veloci, e molti Epei vi salirono.
Erano dunque a capo degli uni Anfímaco e Talpio,
uno figlio di Ctèato, l’altro d’Euríto, Attoridi;
degli altri erano capo il forte Diore Amarincíde,
degli ultimi Polísseno simile a un dio,
figliuolo d’Agàstene, signore Augeiade.
    Ma quelli di Dulichio e delle sacre Echinadi
isole che son di faccia all’Èlide di là dal mare,
di questi era a capo Mege, simile ad Ares,
Fileíde, che il cavaliere Fileo generò, caro a Zeus,
il quale un tempo emigrò a Dulichio, irato col padre.
Questo quaranta navi nere seguivano.
    Odisseo conduceva i Cefalleni magnanimi,
quelli che avevan Itaca e il Nèrito, sussurro di fronde:
e abitavano Crocílea e l’aspra Egílipa,
e avevan Zacinto e abitavano Samo,
e possedevan le coste e le rive di faccia abitavano;
di questi era a capo Odisseo, simile a Zeus per saggezza.
Andavan con esso dodici navi dai fianchi vermigli.
    Degli Etòli era a capo Tòante, figlio d’Andrèmone,
e quelli abitavano Pleurone ed Òleno e Pilene,
Calcíde in riva al mare e Calidone petrosa;
ché non vivevano più i figli d’Oineo magnanimo,
e neppur esso viveva più, era morto, il biondo Melèagro;
a lui dunque spettava regnare su tutti gli Etòli.
Quaranta navi lo seguivano.
    Sui Cretesi comandava Idomeneo buono con l’asta,
e quelli avevano Cnosso e Gòrtina cinta di mura,
Licto, Míleto e Lícasto bianca,
e Festo e Rítio, città ben popolate,
altri abitavano Creta dalle cento città;
su questi dunque regnava Idomeneo buono con l’asta
e Merione pari a Enialio massacratore.
Costoro ottanta navi nere seguivano.
    Tlepòlemo, il figlio d’Eracle nobile e grande,
guidava da Rodi nove navi di Rodii superbi,
i quali abitavano a Rodi, divisi in tre sedi,
Lindo e Iàliso e Càmiro bianca.
Su questi regnava Tlepòlemo buono con l’asta,
che Astiòchea generò alla possanza d’Eracle;
la portò via da Efira, via dal fiume Sellèento,
dopo che molte città di pupilli di Zeus ebbe atterrato.
Tlepòlemo, dunque, come crebbe nel solido palazzo,
ecco uccide lo zio del padre suo,
già vecchio ormai, Licimnio, rampollo d’Ares.
E presto costruì navi, e raccolto un esercito grande,
andò fuggendo sul mare; ché lo minacciavano gli altri
figliuoli e nipoti della possanza d’Eracle.
Ma a Rodi egli giunse errando, soffrendo dolori;
e qui in tre sedi si stanziarono, per tribù; e furono amati
da Zeus, che regna sui numi e sugli uomini:
a loro divina opulenza versava il Cronide.
    Nirèo pure guidava da Sime tre navi ben fatte,
Nirèo, figlio d’Aglaia e del sire Caropo,
Nirèo, l’uomo più bello che venne sotto Ilio,
fra tutti gli altri Danai, dopo il Pelide perfetto.
Debole egli era però; lo seguiva piccolo esercito.
    Quelli che avevano Nísiro e Cràpato e Caso
e Cos, città d’Eurípilo, e l’isole Calidne,
sopra questi regnavano Fídippo e Àntifo,
figli ambedue del re Tessalo, un Eraclide.
Essi mettevano in linea trenta concave navi.
    Ora dirò anche quelli che stavano in Argo Pelasga,
e quelli che Alo ed Alope, o che abitavan Trachine,
e che avevano Ftia, e l’Ellade belle donne,
che Mirmídoni erano detti ed Èlleni e Achei;
di costoro guidava cinquanta navi Achille.
Ma questi della guerra odiosa non si davan pensiero,
non v’era infatti chi li ordinasse in file;
ché tra le navi Achille divino piede veloce, sedeva,
irato per la giovane Briseide dai bei capelli,
che s’era presa a Lirnesso, dopo aver tanto sudato
nell’abbatter Lirnesso e le mura di Tebe;
e Minete abbatté, ed Epístrofo, lance robuste,
i figliuoli d’Eveno, del sire Selepíade;
a causa di lei sedeva irato; ma presto doveva levarsi!
    E quelli che avevan Fílache e Píraso fiorita,
recinto sacro di Demetra, e Itona madre di greggi,
e Antrona marina, e Pteleo letto d’erba,
su questi regnò Protesílao bellicoso,
sin che fu vivo, ma stava già allora sotto la terra nera;
di lui rimaneva a Fílache la sposa, graffiata in viso,
e un palazzo incompiuto; l’uccise un eroe dardano,
che dalla nave balzava, primissimo fra gli Achei.
Certo non erano senza capo, però rimpiangevano il primo:
li ordinava Podarche rampollo d’Ares,
figlio d’Ificlo ricco di pecore, Filachíde,
fratello germano di Protesílao magnanimo,
più giovane d’anni; l’altro era il primo ed era un eroe
più forte, Protesílao guerriero; così l’esercito
non mancava di guida, ma rimpiangeva il più forte.
Costui quaranta navi nere seguivano.
    Ma quelli che abitavano Fere, sulla palude Boibeide,
e Boibe e Glafire e Iaolco ben costruita,
di questi guidava il caro figlio d’Admeto undici navi,
Èumelo, che generò da Admeto una donna divina,
Alcesti, bellissima tra le figliuole di Pelia.
    E quelli che abitavano Metone e Taumacia,
e avevano Melíbea e l’aspra Olizone,
di questi guidava Filottete esperto dell’arco
sette navi; e cinquanta rematori in ognuna
salivano, esperti a combattere gagliardamente con l’arco.
Ma quello giaceva in un’isola, soffrendo violenti dolori,
in Lemno divina, dove lo lasciarono i figli degli Achei,
che spasimava per piaga maligna di serpe funesto.
Egli giaceva laggiù straziato, ma presto dovevano ricordarsi
gli Argivi, presso le navi, del sire Filottete.
Certo quelli non erano senza capo, ma rimpiangevano il primo,
li ordinava Mèdonte, il figlio bastardo d’Oileo,
che Rene generò da Oileo distruttore di rocche.
    Quelli che avevano Tricca e Itome dirupata,
e che avevano Ecalia, città d’Euríto Ecaleo,
su questi regnavano i due figliuoli d’Asclepio,
i buoni due guaritori, Podalirio e Macàone.
Essi mettevano in linea trenta concave navi.
    Quelli che avevano Ormenio e la sorgente Ipèrea,
che avevano Asterio e le cime bianche del Titano,
d’essi era capo Eurípilo, lo splendido figlio di Evèmone.
Quaranta navi nere lo seguivano.
    Quelli che avevano Àrgissa e abitavano Girtone,
Orte ed Elone, e la città d’Oloòssono bianca,
su questi regnava il forte guerriero Polipete,
figlio di Pirítoo, che Zeus immortale generò.
Lui da Pirítoo generò Ippodamia gloriosa,
il giorno che fece vendetta dei Centauri pelosi,
li cacciò dal Pelio, li spinse verso Etíci;
non da solo, con esso Leonteo rampollo d’Ares,
figlio dell’animoso Corono Ceneíde;
questi quaranta navi nere seguivano.
    Gunèo conduceva ventidue navi da Cifo,
e lo seguivano gli Enieni e i forti guerrieri Perebi,
quelli che intorno a Dodona inclemente si fecero case,
quelli che intorno all’amabile Titaresio coltivavano i campi,
che nel Peneo getta l’acque, belle correnti,
ma non si mischia con Peneo flutto d’argento,
gli scorre di sopra, a fior d’acqua, come olio,
perché è un braccio di Stige, l’acqua tremenda del giuramento.
    Dei Magneti era a capo Pròtoo, figliuolo di Tentredòne,
essi intorno al Peneo e al Pelio sussurro di fronde
abitavano, e li guidava Pròtoo veloce;
quaranta navi nere lo seguivano.
    Questi erano i capi e i guidatori dei Danai.
[…]