lunedì 4 febbraio 2019

Consigli di ascolto


  • Matching Mole

Un po' di storia. Intorno al 1949 era nato il rock and roll. Frutto della fusione di elementi di blues, country and western, gospel, jazz e rythm and blues allora chiamato race music, musica razziale, perché suonato da musicisti afro-americani il rock ebbe tra i suoi primi interpreti Fats Domino, Sister Rosetta Tharpe, Jimmy Preston e Bill Haley & The Comets. Poi arrivarono Chuck Berry, Bo Diddley, Little Richard, Jerry Lee Lewis e Gene Vincent. Infine Elvis Presley.
Quella musica si diffuse oltreoceano con Cliff Richards nel Regno Unito, Eddy Mitchell e Johnny Halliday in Francia, i Rokes, i Camaleonti e l'improbabile Peppino Di Capri che cantava Let's Twist Again di Chubby Checker. Ai primi del '63 i Beatles ebbero il loro primo successo internazionale con Please Please Me. E nei tre o quattro anni successivi successe di tutto. Stanchi dell'eterno utilizzo dei tre accordi-base MI FA SI7, molti gruppi incominciarono ad abbandonare lo schema canonico per arricchire i loro pezzi di nuove sonorità integrando elementi sia della musica melodica (o musica leggera) che della classica.
Contemporaneamente gli sviluppi degli strumenti (chitarra elettrica e tastiere) e delle tecniche di registrazione, nonché l'arrivo dello stereo sfociarono nella nascita del progressive rock con i Pink Floyd, i Beach Boys, I Byrds, gli stessi Beatles, i Pretty Things e altri. Uno dei gruppi principali di questa nuova tendenza fu Soft Machine, fondato nel '66 a Canterbury dal batterista, tastierista, compositore e cantante inglese Robert Wyatt e dal chitarrista, poeta e cantante australiano Daevid Allen. Quattro anni dopo Wyatt uscì dal gruppo (Allen se n'era andato nel '67, quando il Ragno Unito gli aveva rifiutato il rinnovo del visto di soggiorno) e fondò Matching Mole. Il nome del gruppo è un'omofonia del francese machine molle, traduzione di soft machine, a sua volta derivato dal titolo di un romanzo scritto a Tangeri da William Burroughs e pubblicato nel '61 negli USA e nel '65 in Italia con il titolo La macchina morbida.
Io sono cinquant'anni che ascolto con goduria sempre rinnovata i primi due album dei Soft Machine (The Soft Machine e Volume Two), ma devo dire che anche anche questo doppio CD è anche lui un piccolo capolavoro.




  • Ace of Cups

Anche questo è sia il titolo di un album che il nome di un gruppo. Nato come quintetto nel 1967, l'Ace of Cups ha due particolarità: è composto da sole donne e ha registrato il suo primo album... l'anno scorso. Il nome del gruppo deriva dall'immagine dell'asso di coppe del mazzo di tarocchi Ryder-Waite disegnati dall'esoterista americana Pamela Colman Smith nel 1909. Su quella carta appare una coppa d'oro dalla quale sgorgano cinque zampilli d'acqua. E le donne del gruppo erano per l'appunto cinque, anche se sono soltanto quattro su questo doppio CD.
Le Ace of Cups ebbero un certo successo in California, dove parteciparono anche a concerti con i Grateful Dead, i Jefferson Airplane e Jimi Hendrix. Ma rapidamente alcune di loro incominciarono ad avere dei figli e a quei tempi era impossibile per una donna partire in tournée, magari in autobus, come lo facevano molti gruppi, con un figlio da allattare. Nel '69 poi l'allora chitarrista e oggi bassista Denise Kaufman, che aveva fatto parte dei Merry Pranksters di Ken Kesey, fu ferita gravemente in testa da una bottiglia di birra lanciata non si sa da chi durante l'infausto concerto dei Rolling Stones ad Altamont, dove ci furono quattro morti e numerosi feriti. Denise era incinta e la ferita era grave, ma gli Stones rifiutarono di prestare il loro elicottero per trasportarla in un ospedale di san Francisco. Denise si fece i novanta chilometri in ambulanza, poi fu operata al cervello. Ricontattati più tardi con una richiesta di aiuto finanziario per le spese chirurgiche, gli Stones rifiutarono anche quello. Ma lasciamo perdere.
Ritrovatesi l'anno scorso a quattro, senza la tastierista Marla Hunt, le ormai settantenni musiciste hanno registrato 26 brani – più altri che saranno pubblicati a fine 2019 – avvalendosi anche di contributi canori di Bob Weir (ex-Grateful Dead), Taj Mahal, Peter Coyote (sì, l'attore) e Buffy Sainte-Marie (la cantante indiana Cree il cui grande successo negli anni '60 fu Universal Soldier).
In questo doppio CD c'è tutta l'energia degli anni '60, senza un briciolo di nostalgia. Non sarà un capolavoro, ma di sicuro non è nemmeno un insieme raffazzonato da quattro vecchiette. È musica di quella che ti fa stare bene e ti da voglia di berci sopra una buona birra. Cosa che peraltro vado a fare immediatamente senza nemmeno salutarti.