È
solo un piccolo aneddoto, ma che mi ha reso felice.
Ieri
ero all'Empoli Jazz Festival per il concerto
di
Dave Holland, Chris Potter e Zakir Hussain. Ci ero andato soprattutto
per Hussain, musicista che amo molto ma che non avevo mai sentito dal
vivo.
Il
direttore del festival, Filippo d'Urzo, mi aveva indicato l'ora
prevista per il sound-check, che è sempre un momento nel quale si
possono fare foto più informali di quelle durante il concerto.
Siccome, viste le previsioni meteo, la serata era stata spostata al
chiuso, alle 18 sono arrivato al
Teatro del Momento. I musicisti però, che avevano mancato una
corrispondenza aerea, sono arrivati più di un 'ora dopo. Oltre
tutto, pochi minuti prima del loro arrivo mi è stato detto che
preferivano non essere fotografati durante
il
sound-check, quindi ho rimesso la macchina fotografica nello zaino e
me ne sono andato. Ero lì fuori a chiedermi come avrei occupato le
due ore seguenti, quando ho visto arrivare Zakir Hussain. Si guardava
intorno, cercando l'ingresso degli artisti, che non è indicato
perché in realtà è
l'ingresso
di un chiostro attraverso
il quale si accede a un museo. Ho spiegato a Hussain da dove doveva
passare, poi però non ho resistito e gli ho chiesto se poteva
concedermi due minuti perché volevo raccontargli una storia. Ecco la
storia.
Una
trentina di anni fa ero in India per una piccola tournée con il mio
Ubu
re.
Quella sera avevo fatto spettacolo a Hyderabad, capitale dell'Andhra Pradesh. Alla fine dello spettacolo il direttore
dell'Alliance
Française,
co-organizzatrice della tournée, mi aveva portato a cena in uno dei
ristoranti dell'Hotel Oberoi con alcuni amici indiani. Ero salito in
macchina e all'accensione del motore era partito un CD.
Era
una musica strana, che non conoscevo, con un sassofonista, un
chitarrista, un flautista e un tablista. A quei tempi ascoltavo rock, folk e classica, soprattutto Schubert. Incuriosito, avevo chiesto
cosa fosse quella musica e il direttore dell'Alliance
me lo aveva spiegato.
Tornato
in Francia una decina di giorno dopo, mi ero ricordato di quell'ascolto e avevo deciso di tentare il colpo. Ero andato al reparto CD
del Virgin megastore di Marsiglia e avevo parlato con un venditore:
— Sto
cercando un CD di cui non ricordo né il titolo, né i nomi dei
musicisti. So solo che sono in quattro, due europei e due indiani, e
che uno dei due europei è quel chitarrista inglese di cui mi sfugge
il nome, che vive con una delle due sorelle Labèque
[che
sono un duo pianistico classico francese che
allora andava per la maggiore oltralpe].
Naturalmente
non mi aspettavo la risposta che ricevetti:
— Ah,
sì, Making
Music,
di Zakir Hussain.
Making Music è un bellissimo CD, che ascolto ancora spesso: Jan Garbarek ai sax, John McLaughlin alla chitarra,
Hariprasad Chaurasia al flauto bansuri
e Zakir Hussain ai tabla.
Quel
CD, ho spiegato a Hussain, mi aveva aperto le porte delle due musiche
che oggi amo di più, il jazz e la musica classica indiana. E gli ho
detto quanto fossi felice di poterlo ringraziare di persona, tanti
anni dopo, per avere cambiato la mia vita. Perché la musica ti cambia la vita
Ci
siamo stretti la mano, lo ringraziavo,
e lui thank
you, thank you, thank you,
ringraziava me, e si è inchinato e ha portato la
mia
mano e la sua alla fronte dicendo thank
you, oh, you made my day.
E io lì a ringraziare lui e il tempo si è fermato ed è stato uno
di quei momenti in cui ti senti così felice che ti viene voglia di
metterti a ballare, semplicemente perché hai appena avuto la
conferma di ciò che sospettavi, che quell'immenso musicista è anche
una bella persona e che tu hai avuto il privilegio di fargli un
piccolo regalo.
Più tardi,
dopo il concerto, mi ha visto e si è avvicinato. Thank
you for the story you told me
e mi ha stretto la mano e mi ha abbracciato, manco fossimo stati
amici da trent'anni. E io me ne sono tornato verso la macchina, sotto
la pioggia, con sulla faccia un sorriso che andava da orecchio a
orecchio.