Gioachino Rossini. Proprio un bel ragazzo
Sì,
va bene, mi dirai. Però con tutto quello che succede nel mondo tu
stai lì a farti girare i testicoli per una robina simile?
Lo
so, non ne vale la pena. Ma non ci posso fare niente, sono fatto
così.
Ma incominciamo dall'inizio.
Siccome
Gioachino Rossini (al battesimo Giovacchino Antonio Rossini) è nato
nel 1868, quest'anno ricorre il suo 150° anniversario. Ovvio quindi
che il Comune di Pesaro, sua città natale, abbia deciso di
celebrarlo in pompa magna.
Cosa
fa un Comune in questi casi? Prima di tutto mette su un bel comitato,
che decide di chiamarsi Rossini 150; poi cerca degli sponsor e trova
la Rai, la Conad, e tutta una serie di altri volonterosi; infine
chiede e ottiene il patrocinio dell'Unesco, il che non è roba da poco. Fatto questo, si cerca
un'agenzia di comunicazione, che in questo caso è la Omnia
Comunicazione, con base a Fano. E la Omnia lavora un po' sul progetto e se
ne viene fuori con un'immagine e con uno slogan. Lo slogan che quei
geni della Omnia trovano è Celebrazioni
rossiniane – Pesaro brings Rossini in the world, Rossini brings
Pesaro in the world.
E
a me girano subito i testicoli. Prima di tutto mi girano per
l'inutile utilizzo dell'inglese per una campagna pubblicitaria
destinata magari, sì, all'estero, ma anche all'Italia. Davvero
sarebbe costato troppo mettere qualcosa in italiano per la campagna
italiana?
Ma
soprattutto: davvero non c'era una persona, una sola, nella Omnia, o
nel comitato messo su dal Comune di Pesaro, in grado di rendersi
conto che quel brings
Rossini in the world
in inglese è un errore che fa ridere anche i polli e che comunque
farà ridere tutti gli anglofoni che lo leggeranno? Davvero sarebbe
costato troppo fare una telefonata di verifica, o mandare una mail a
qualcuno che parla abbastanza l'inglese, o anche solo verificare su
internet per assicurarsi che quella frase in inglese era corretta?
Pesaro brings
Rossini to
the world, cacchio!
Non in the world!
Te la immagini una campagna pubblicitaria di un comitato americano
che ti parlerebbe di persone che “fanno decisioni”, solo perché
in inglese si dice decision-maker?
Chiamalo
provincialismo, chiamalo anglofilia de nojantri, chiamalo stupidità,
chiamalo come vuoi, ma a me fa girare i testicoli. E in questi casi
c'è un solo rimedio: andarsi a fare un buon caffè. Cosa che vado immediatamente a mettere in cantiere, magari ascoltandomi lo Stabat Mater.