Un francobollo fatto a mano, emesso dal cargo cecoslovacco Lednice
Sai
com'è al risveglio: certe volte ti vengono in mente cose strane.
Oggi è Pasqua e ieri un amico ebreo americano aveva messo su
Facebook la ricetta del piatto tradizionale che aveva preparato per
Pèsach, la Pasqua ebraica. Probabilmente è per questo che al
risveglio mi sono chiesto come cacchio avesse fatto il popolo ebreo
per metterci 40 anni per andare dal Cairo a Gerusalemme.
Mi
sono alzato, ho aperto il computer, sono andato su Google Maps e ho
visto che il viaggio a piedi da una capitale all'altra è di 728
chilometri. Ho fatto due calcoli, partendo da 40 anni che fanno
14.610 giorni (365 x 40 + 10 giorni degli anni bisestili) e ho
scoperto che in media gli ebrei avevano fatto un po' meno di 50 metri
al giorno. Il che, dobbiamo ammetterlo, non è un granché.
Poi
però, rinfrescando qua e là la mia memoria su vari siti, ho visto
che il Faraone biblico è spesso identificato con Ramsete II, che non
aveva la sua capitale al Cairo, bensì a Pi-Ramses (“Dimora di
Ramsete”), un centinaio di chilometri a nord-est del Cairo. La cosa
è interessante non solo perché adesso so che dimora in
egiziano antico si diceva pi,
che è una cosa che può sempre servire, ma anche perché ho visto che da Pi-Ramses a Gerusalemme i
chilometri sono solo 706, il che abbassa ulteriormente la media
giornaliero-chilometrica dell'Esodo.
Naturalmente
tutti quelli che credono nella Bibbia come in un libro sacro
sostengono che i 40 anni sono simbolici, come lo fanno per tutte le
cose particolarmente bizzarre e assolutamente indifendibili contenute
in quel librone, cose tipo la creazione del mondo in 6 giorni (Gen
1-11), i 950 anni di vita di Mosé (Gen 9, 28-29),
la storia di Giacobbe che fa nascere animali striati mostrando ai
loro genitori non striati dei rami intagliati a strisce mentre si
accoppiano (Gen 30, 37-43),
il fatto che la lepre sia un ruminante (!) (Lv 11, 6),
o che il Sole giri intorno alla Terra (Gs 10-12),
tanto per citare alcune delle più divertenti.
Guardando
Google Maps però ho scoperto
un'altra cosa: Mosè
& Co. non avevano
nessuna ragione di passare dal
Mar Rosso, visto che anche considerando che sia il Golfo di Suez che
quello di Aqaba fanno parte integrante del Mar Rosso, andare fin lì
per attraversare sarebbe stato
un po' come passare da Genova
per andare da Torino a Venezia. Si
può sempre fare, ma si allunga.
Anche
in questo caso naturalmente ci sono quelli che dicono che Mar
Rosso è da prendere
simbolicamente e che in realtà Mosè e i suoi hanno attraversato uno
dei due Laghi Amari, probabilmente il Grande, visto che pare che il
Piccolo ai tempi dei Faraoni fosse privo d'acqua. Lasciando
momentaneamente perdere la bizzarria dell'ignoto autore che,
probabilmente per ignoranza geografica, aveva deciso contro ogni logica di far
passare i suoi antenati da un bacino acquifero, ho continuato a
passeggiare su Google Maps e
Wikipedia, fino a quando è
arrivata una sorpresa. Ho
trovato una storia che non conoscevo e che vado immediatamente a
raccontarti nel caso non la conoscessi nemmeno tu.
Tutto
è incominciato il mattino
del 5 giugno 1967, mentre
il cargo inglese Agapenor
stava attraversando il Canale di Suez in
un convoglio che comprendeva
in tutto quattordici
navi. Ora, se vogliamo essere
precisi (cosa che vogliamo sempre essere),
il Canale di Suez parte, a sud, dal porto di Suez (cosa in
sé assai logica) sale a nord
fino al Piccolo Lago Amaro,
passa nel Grande, riprende la
sua forma canalosa (aggettivo
da preferire sempre a canaliana, canalese e soprattutto canalotica),
passa dal Lago Timsah
e fila diritto verso nord fino a Porto Said.
Verso
le 9 del mattino del 5 giugno 1967, l'Agapenor era da qualche parte
nel Grande Lago Amaro quando improvvisamente
i marinai hanno visto uno stormo di caccia israeliani che volavano a
bassa quota verso ovest e poco dopo hanno sentito dei grossi boati. Un
paio d'ore prima, il comandante era stato informato dell'inizio di
quella che sarebbe diventata la
Guerra dei Sei Giorni, quindi
non si stupì. Quello era l'attacco preventivo degli israeliani, preventivo come tutti glmi attacchi di tutti quelli che alla fine vincono la guerra. Il comandante decise
però di gettare l'ancora al
centro del lago, il che gli
sembrava molto meno rischioso che continuare lungo il canale. I
comandanti degli altri tredici cargo fecero la stessa cosa.
Saggia decisione.
Senonché
gli egiziani decisero rapidamente di chiudere il canale, sia a nord che a sud,
facendo affondare due navi che avevano lì e delle quali probabilmente non avevano gran bisogno e, già che c'erano, distruggendo pure un
ponte. E le 14 navi, che,
detto per inciso, battevano bandiera inglese (4), tedesca, svedese,
polacca, (2 ciascuna), bulgara, statunitense, cecoslovacca e francese
(1 ciascuna), restarono bloccate… per otto anni.
In
realtà nessun membro di nessun equipaggio fu costretto a passare
otto anni in mezzo a un lago amaro in pieno deserto. Dopo i primi tre
mesi tutti furono sostituiti da equipaggi più ridotti,
che a loro volta furono poi sostituiti ogni tre mesi. Però,
nonostante questo alternarsi di persone diverse, incominciò
rapidamente a formarsi una strana ed eterogenea comunità. Le navi
dovevano essere mantenute in buono stato e ogni tanto i comandanti
ordinavano di accendere i motori e di fare un giretto nel
lago, senza però avvicinarsi
troppo alle rive, visto che da una parte c'era l'esercito egiziano e
dall'altra quello israeliano, entrambi
piuttosto nervosetti.
I
marinai passavano il
tempo come potevano, facendosi trainare su una
tavola da surf dalle
scialuppe di salvataggio, approfittando della piscina della nave
svedese Killara, del piccolo cinema della bulgara Vasil Levski, del
vasto ponte dell'inglese Port Invercargill per dei tornei di calcio e
perfino di una sala della tedesca Norwind per le messe domenicali.
Nell'ottobre
del '67 gli equipaggi, riuniti a bordo della svedese Melampus,
fondarono la GBLA, la
Great Bitter Lake Association,
che l'anno successivo organizzò i Giochi Olimpici di
Bitter Lake proprio mentre a
Città del Messico si svolgevano gli altri. Quelli
di Bitter Lake comprendevano tra l'altro prove di vela, tuffi, corsa
a piedi, salto in alto e tiro a segno, oltre ai tornei di calcio e di
pallanuoto. I giochi furono sponsorizzati dal Daily Express
londinese e il medagliere vide vincitori i polacchi, seguiti dai
tedeschi e dagli inglesi.
Nessuno
ricorda esattamente quale nave emise i primi francobolli fatti a
mano, ma ciò che è sicuro è che il governo egiziano li riconobbe
come emissioni ufficiali e che oggi quei francobolli sono molto
ricercati sul mercato filatelico.
Altra
certezza: qualora dei futuri archeologhi (o
se preferisci archeologi, per me è lo stesso) dovessero
scavare un giorno sul fondo di quello che oggi è il Lago
Amaro, sarebbero
probabilmente sorpresi dal ritrovamento, bottiglia più, bottiglia
meno, di circa un milione e mezzo di bottiglie di birra, più un
numero imprecisato di bottiglie di vino, tutte
rigorosamente svuotate in otto anni dagli equipaggi
britannico-statunitenso-cecoslovacco-tedesco-franco-polacco-bulgaro-svedesi.
La stima del numero di
bottiglie la dobbiamo a tale
Arthur Kensett, comandante
della Port Invercargill a
partire dal 1969, che
ringraziamo vivamente anche se, visto che se
di mestiere faceva il
comandante di cargo trentanove anni fa, oggi
ha buone probabilità di trovarsi sotto terra.
Nel
corso degli otto anni dal '67 al '75, tremila uomini si sono
avvicendati sulle 14 navi, alle quali ne va peraltro aggiunta una
quindicesima, la statunitense Observer,
isolata sul vicino Lago Timsah. Nel
1969 tutti gli equipaggi
furono drasticamente ridotti e i membri della GBLA
passarono da 200 a 50 tra
giugno e dicembre. Il canale
fu finalmente riaperto nel 1975.
Il
libro Stranded
In The Six-Day War,
di Cath Senker, che racconta tutta la storia, è diponibile su
Amazon.uk
per la modica somma di 11,99£ e se credi che io non me lo compri ti
sbagli di grosso. Non subito però; prima vado a farmi un buon caffè.