lunedì 23 ottobre 2017

Prima colazione

Non essere impaziente: il significato dell'immagine lo scoprirai leggendo


Tipica prima colazione. Ho il computer aperto e ascolto France Inter, la radio pubblica francese. Mentre addento le mie fette di pane con burro di arachidi e marmellata sorseggiando tè indiano, sfoglio le prime pagine di vari quotidiani italiani e stranieri, leggiucchiandomi qualche mezzo articolo. Poi guardo se qualcuno che non si chiami Amazon o Zalando mi ha scritto, nel qual caso leggo la posta, e infine vado su Facebook. Lì, oltre a trovare cosette varie postate da amici in giro per il mondo — in particolare link verso altri articoli di altri giornali — vedo anche (troppe) pubblicità, (troppe) fesserie e qualche segnalazione più o meno interessante da gruppi e/o compagnie e istituzioni che seguo. Tra queste c'è TED, che organizza conferenze spesso interessanti, ma che certe volte, come stamattina, mi manda a sua volta dei link verso altri articoli.
L'articolo che mi viene segnalato oggi è intitolato Lo strano comitato che in Islanda approva o rifiuta i nomi dei neonati. Non so come reagiresti tu, ma davanti a un titolo del genere io non resisto: leggo.
Scopro così che nell'esotica, ancorché gelida, Islanda i tamarri di servizio non possono chiamare il figlio Elvis o la figlia Deborah con l'h finale. Devono scegliere tra le 1.888 possibilità di nomi maschili e le 1.991 di nomi femminili approvate dal Mannanafnanefnd, il Comitato dei Nomi di Persona, autorità suprema che è lì per assicurarsi che nessun islandese si possa chiamare Elvis o Deborah con l'h finale.
Incuriosito, vado su Google e scrivo icelandic names. Mi si apre allora una pagina un po' generica, nordicnames.de, il cui suffisso de mi indica chiaramente che si tratta di una roba tedesca, anche se per fortuna il sito è in inglese. Sulla sinistra della pagina c'è una lista di bottoni cliccabili che riguardano via via i nomi danesi, faroesi (cioè delle Isole Fær Øer), finlandesi, groenlandesi, islandesi, norvegesi, sami (cioè lapponi) e svedesi. C'è poi un ultimo bottone, Altri nomi nordici, cliccando sul quale scopro altre otto eterogenee possibilità: nomi vichinghi, nomi di neonati nordici, statistiche dei nomi nordici, cognomi nordici, vecchi soprannomi norvegesi, nomi di Astrid Lingren (che è l'autrice di Pippi Calzelunghe), nomi IKEA e infine premi nobel nordici. Turbato dall'aspetto un po' confuso di questa pagina, decido di rimandare a più tardi il probabilmente affascinante studio dei nomi IKEA e torno alla pagina precedente, dove clicco risolutamente sui nomi islandesi. Eccomi su una nuova pagina. Potendo scegliere tra nomi maschili e nomi femminili, scelgo i secondi e da lì vado direttamente alla lettera D. Qual'è il primo nome islandese che mi appare? Debora! Sì, vabbè, senza l'h finale, ma pur sempre Debora!
Ohibò, mi dico, vuoi vedere che Debora è un nome islandese? Clicco su Debora. Anzi, esito un istante perché non c'è solo Debora, c'è anche Debóra. Cosa devo fare? Dò un'occhiata rapida al secondo e scopro che Debóra è solo la forma islandese di Debora. Uff, l'ho scampata bella.
Clicco su Debora. E leggo: forma nordica dell'ebraico דְּבוֹרָה, (Deborah) = ape.
Basito dal fatto che un personaggio biblico abbia portato lo stesso nome del noto semovente a tre ruote della veneranda ditta Piaggio, non resisto alla tentazione di cercare Deborah su Wikipedia. Dopo tutto, mi dico donabbondianamente, Deborah, chi era costei?
Prima di tutto scopro che quel nome, che diventerà Δεββωρα (Debbora) in greco e Debbora in latino, ha lo stesso significato di Melissa, che però viene dal greco μέλισσα (mèlissa), a sua volta derivato da μέλι (mèli), miele, dal quale derivano anche Pamela e Mellito, che però hanno origini molto diverse, visto che Pamela è un nome inventato alla fine del '500 dallo scrittore inglese Philip Sidney a partire dai lemmi greci παν (pan, "tutto") e μελι (meli, "miele") per significare “tutta dolcezza.” Poi vedo che Debora significa “colei che dà miele”, il che è una bella cosa. Vedo anche che ben due personaggi biblici si chiamavano Deborah, una profetessa e una serva di Rebecca, che come tutti sappiamo era la moglie d'Isacco nonché la madre di Giacobbe.
Sconvolto dal fatto che i membri del pur onorabile Mannanafnanefnd possano considerare Debora, o comunque Debóra, come nome tradizionale islandese, decido coraggiosamente di cercare Elvis. E lo trovo! Anche Elvis è considerato islandese, tant'è che fa proprio Elvis al nominativo, all'accusativo e al dativo, mentre diventa Elvisar al genitivo. Echecacchio!
Voglio saperne di più. Scopro che l'etimologia di Elvis è incerta. C'è chi lo fa derivare dall'antico norvegese Alviss, onnisciente, derivato a sua volta dal germanico alla (intero) e dall'antico norvegese viss, saggio; c'è però chi lo fa derivare dall'inglese Elwin, che verrebbe a sua volta da Ælfwine, che deriverebbe o dal protonorvegese albiz (elfo, essere soprannaturale) e dal germanico winiz (amico), oppure dal più recente Æðelwine, dal germanico adal (nobile), unito al già citato winiz.
Piacevolmente sorpreso da queste scoperte che arricchiscono la mia cultura generale di elementi così indispensabili, torno alla lista generale dei nomi islandesi e tanto per curiosità do un'occhiata a quelli che incominciano per A. Fermi tutti! Trovo Akira!
Ma come Akira? Ma Akira non era il nome di Kurosawa? Vuoi vedere che ho sempre confuso il cinema giapponese con quello islandese?
Clicco su Akira e vedo che viene proprio dal giapponese /(akira, luminoso), oppure da (akira, chiaro), che è un po' la stessa cosa, ma non importa. Vedo anche che il venerabile Mannanafnanefnd l'ha accettato come nomle islandese… femminile (!) il 29 novembre del 2013. Incuriosito, vado sul sito del Mannanafnanefnd, dove lo trovo effettivamente, tra Agneta e Alanta, ma senza nessuna spiegazione.
A questo punto sono molto turbato. Perché mai Akira è diventato un nome islandese? Perché è diventato femminile?
Cerco Akira su Wikipedia. Pare che in giapponese sia sia maschile che femminile. Scopro anche che Akira è un cantante, attore e ballerino del gruppo pop Exile, che è il titolo di un manga cyberpunk di Katsuhiro Ōtomo, di un videogioco della Nintendo e di una classe di astronavi in Star Trek. Con rammarico, scopro poi che il nome Akira è adespoto.
E secondo te cosa fa uno quando scopre un nome adespoto? Si precipita sul vocabolario Treccani per vedere cosa cacchio voglia dirte adespoto:

adèspoto (raro adèspota) agg. [dal gr. ἀδέσποτος «senza padrone», comp. di ἀ- priv. e δεσπότης «padrone»], letter. – Propr., senza padrone, e quindi senza nome di autore, anonimo: codice, frammento adespoto
 
A questo punto dalla quantità e dalla qualità delle cose che ho imparato in una sola mattina. La mia prima colazione è finita da un bel po'. Mi sono anche fumato una sigaretta e poi mi sono pure pappato una (succosa) pera. Sono quasi le 9, cioè tardissimo. Sento l'imperioso bisogno di agire. Mò vado a farmi una doccia e a strigliarmi la dentizione, poi andrò a comprarmi il giornale con il quale, come ogni mattina, mi siederò al mio caffè preferito sorseggiando l'espresso preparato da Marilena. Noi pensionati abbiamo vite trepidanti.