Alboino
ordina
alla moglie Rosmunda
di
bere vino
dal cranio del padre Cunimondo.
Rosmunda
berrà, ma giurerà vendetta
e
finirà con l'uccidere il crudele marito
Non
so quanto sangue longobardo mi scorra nelle vene. So che ne ho un
quarto di germanico, un quarto di piemontese e due quarti di pavese.
Il che lascia supporre la presenza di un certo numero di globuli
rossi ereditati da qualche amico di Alboino.
Parlo di Longobardi perché stamattina,
leggendoo un articolo del Corriere della sera intitolato Longobardi
- la cerniera dell'Italia, una frase mi ha sorpreso: Per la gente dalla lunga
barba sembra arrivata la fine.
Perdinci! Non avevo mai saputo che il termine longobardo
significasse dalla lunga barba.
Sì,
lo so, certe volte la vastità della mia ignoranza stupisce anche me.
Poi magari mi consolo dicendomi che è bello continuare a imparare
cose nuove a quasi settant'anni, però nel frattempo mi sento una
capra.
Ho cercato barba sul
dizionario etimologico, e ho trovato:
bàrba
lat. BÀRBA,
che probabilmente sta per BARDA
(con la facilità per la quale le due lettere B
e D
si sostiuiscono a vicenda: es. a.
lat. duònus
= class. bònus,
duèllum = bellum) e confronta col ted. BÀRT, ang. sass.
e
ing. beard,
frison. BERD, let. BARDA, lit BARZDÀ, a. slav. BRADA,
pol. BRODA, celto
(gall.) BARF, (armor.) BARÔ,
ecc., e rannodasi per alcuni alla rad. sscr. BHAR
portare;
propr.
ciò che l'uomo
porta al mento.
[Però giova aver presente il sscr. BÀRBARAS
chioma lanosa]
I
peli che l'uomo ha sulle guance e sul mento; e per analogia il
Complesso de' filamenti della radice di piante o d'altre cose, ed
anche le Radiche dei denti. Dicesi inoltre per Zio più specialmente
paterno, ed è voce già usata da Dante (Paradiso
19, 136)
[ho cercato e ho trovato: E
parranno a ciascun l'opere sozze / del barba e del fratel, che tanto
egregia / nazione e due corone han fatte bozze],
che vive tutt'ora [cioè nel 1907, anno della pubblicazione del
Dizionario Etimologico di Ottorino Pianigiani] in alcune parti
d'Italia: dal bass.
lat. BÀRBA
o BARBÀNUS,
che pur significò zio:
forse da BÀRBA
come segno di età matura e quindi di rispetto. Siccome poi la barba
è segno di virilità e sembra che accresca la dignità del volto
[non sono proprio sicuro che accresca la dignità del mio, ma non
importa], così dicesi in astratto «Barba d'uomo» per uomo di
eminenti qualità [ah beh, allora sì]: onde «non va barba d'uomo
che ti superi» = non v'è alcuno per valente ch'ei sia che ti
superi; e «Barba» dicesi per uomo che se la pretenda, che presuma
di se [e no, così non va bene]. «Stare in barba di gatto o di
micio» vale in modo basso per Stare con tutti gli agi (quasi come le
gatte di fattoria). «Fare una cosa in barba ad alcuno» = Farla a
dispetto di alcuno (cioè proprio sotto i suoi occhi. «Far la barba
di stoppa ad alcuno» = Ingannarlo, Abusarsi della sua semplicità
(quasi dargli ad intendere di fargli venire la barba vera e fargliene
invece una di stoppa). «Barbagrazia» usato avverbialmente con le
particelle In, Per e simil.
vale In grazia particolare (come se dicesse In grazia della vostra
barba).
Ammetterai
volentieri che la bellezza di questa lunga spiegazione meritava
ampiamente di essere riportata in esteso.
Sì,
però se torniamo ai Longobardi troviamo bardi.
Vuoi vedere che anche bardo
viene
da barba e che l'espressione il
bardo di Stratford-upon-Avon
era un modo di dare dello zio a Shakespeare?
E
invece no, visto che:
bardo
dal celt. BARDD
poeta,
cantore,
che cercasi di spiegare o col gall. BAR
furore,
entusiasmo,
o coll'irl.
armoric. BAR
illustre,
dotto.
Nome che presso gli antichi popoli celtici e gallici si dava ai
Cantori o Poeti destinati a celebrare le imprese degli uomini
illustri [e a questo punto è ovvio che, visto che i miei spettacoli
hanno sempre avuto la tendenza a celebrare le imprese di uomini
illustri, al prossimo rinnovo di carta d'identità esigerò che dopo
Professione
mi scrivano bardo].
Tornando
ai Longobardi, pare siano scesi in Italia dalla valle dell'Elba,
nell'est della Germania, facendosi prima un giretto in Pannonia, il
che però non vuol dire che io possa vantarmi di avere anche un po'
di sangue magiaro, visto che i Magiari arrivarono in Ungheria dalla
valle del Volga cinque secoli dopo che i Longobardi avevano già
abbandonato le terre oggi governate dal simpatico Viktor Orbàn.
Peccato.
In
conclusione di questo post longobardo-barbuto-bardico ti consiglio
vivamente di guardarti questo video
nel quale I Gufi si
ebiscono nell'immortale Va
Longobardo.
P.S.
Per i non milanesi e i non anzianotti in generale, specifico che I
Gufi furono un gruppo musicale molto celebre in Lombardia tra il '64
e il '69. Era composto da Gianni Magni (cantante e mimo, il che
sembra un ossimoro, ma non lo è), Lino Patruno (chitarrista jazz),
Roberto Brivio (cantante, fisarmonicista e chitarrista) e Nanni
Svampa (cantante e chitarrista, stranamente qui assente).