sabato 2 settembre 2017

Cose di Longobardi


Alboino ordina alla moglie Rosmunda
di bere vino dal cranio del padre Cunimondo.
Rosmunda berrà, ma giurerà vendetta
e finirà con l'uccidere il crudele marito

Non so quanto sangue longobardo mi scorra nelle vene. So che ne ho un quarto di germanico, un quarto di piemontese e due quarti di pavese. Il che lascia supporre la presenza di un certo numero di globuli rossi ereditati da qualche amico di Alboino.
Parlo di Longobardi perché stamattina, leggendoo un articolo del Corriere della sera intitolato Longobardi - la cerniera dell'Italia, una frase mi ha sorpreso: Per la gente dalla lunga barba sembra arrivata la fine. Perdinci! Non avevo mai saputo che il termine longobardo significasse dalla lunga barba.
Sì, lo so, certe volte la vastità della mia ignoranza stupisce anche me. Poi magari mi consolo dicendomi che è bello continuare a imparare cose nuove a quasi settant'anni, però nel frattempo mi sento una capra.
Ho cercato barba sul dizionario etimologico, e ho trovato:

bàrba lat. BÀRBA, che probabilmente sta per BARDA (con la facilità per la quale le due lettere B e D si sostiuiscono a vicenda: es. a. lat. duònus = class. bònus, duèllum = bellum) e confronta col ted. BÀRT, ang. sass. e ing. beard, frison. BERD, let. BARDA, lit BARZDÀ, a. slav. BRADA, pol. BRODA, celto (gall.) BARF, (armor.) BARÔ, ecc., e rannodasi per alcuni alla rad. sscr. BHAR portare; propr. ciò che l'uomo porta al mento. [Però giova aver presente il sscr. BÀRBARAS chioma lanosa]
I peli che l'uomo ha sulle guance e sul mento; e per analogia il Complesso de' filamenti della radice di piante o d'altre cose, ed anche le Radiche dei denti. Dicesi inoltre per Zio più specialmente paterno, ed è voce già usata da Dante (Paradiso 19, 136) [ho cercato e ho trovato: E parranno a ciascun l'opere sozze / del barba e del fratel, che tanto egregia / nazione e due corone han fatte bozze], che vive tutt'ora [cioè nel 1907, anno della pubblicazione del Dizionario Etimologico di Ottorino Pianigiani] in alcune parti d'Italia: dal bass. lat. BÀRBA o BARBÀNUS, che pur significò zio: forse da BÀRBA come segno di età matura e quindi di rispetto. Siccome poi la barba è segno di virilità e sembra che accresca la dignità del volto [non sono proprio sicuro che accresca la dignità del mio, ma non importa], così dicesi in astratto «Barba d'uomo» per uomo di eminenti qualità [ah beh, allora sì]: onde «non va barba d'uomo che ti superi» = non v'è alcuno per valente ch'ei sia che ti superi; e «Barba» dicesi per uomo che se la pretenda, che presuma di se [e no, così non va bene]. «Stare in barba di gatto o di micio» vale in modo basso per Stare con tutti gli agi (quasi come le gatte di fattoria). «Fare una cosa in barba ad alcuno» = Farla a dispetto di alcuno (cioè proprio sotto i suoi occhi. «Far la barba di stoppa ad alcuno» = Ingannarlo, Abusarsi della sua semplicità (quasi dargli ad intendere di fargli venire la barba vera e fargliene invece una di stoppa). «Barbagrazia» usato avverbialmente con le particelle In, Per e simil. vale In grazia particolare (come se dicesse In grazia della vostra barba).

Ammetterai volentieri che la bellezza di questa lunga spiegazione meritava ampiamente di essere riportata in esteso.
Sì, però se torniamo ai Longobardi troviamo bardi. Vuoi vedere che anche bardo viene da barba e che l'espressione il bardo di Stratford-upon-Avon era un modo di dare dello zio a Shakespeare?
E invece no, visto che:

bardo dal celt. BARDD poeta, cantore, che cercasi di spiegare o col gall. BAR furore, entusiasmo, o coll'irl. armoric. BAR illustre, dotto. Nome che presso gli antichi popoli celtici e gallici si dava ai Cantori o Poeti destinati a celebrare le imprese degli uomini illustri [e a questo punto è ovvio che, visto che i miei spettacoli hanno sempre avuto la tendenza a celebrare le imprese di uomini illustri, al prossimo rinnovo di carta d'identità esigerò che dopo Professione mi scrivano bardo].

Tornando ai Longobardi, pare siano scesi in Italia dalla valle dell'Elba, nell'est della Germania, facendosi prima un giretto in Pannonia, il che però non vuol dire che io possa vantarmi di avere anche un po' di sangue magiaro, visto che i Magiari arrivarono in Ungheria dalla valle del Volga cinque secoli dopo che i Longobardi avevano già abbandonato le terre oggi governate dal simpatico Viktor Orbàn. Peccato.
In conclusione di questo post longobardo-barbuto-bardico ti consiglio vivamente di guardarti questo video nel quale I Gufi si ebiscono nell'immortale Va Longobardo.

P.S. Per i non milanesi e i non anzianotti in generale, specifico che I Gufi furono un gruppo musicale molto celebre in Lombardia tra il '64 e il '69. Era composto da Gianni Magni (cantante e mimo, il che sembra un ossimoro, ma non lo è), Lino Patruno (chitarrista jazz), Roberto Brivio (cantante, fisarmonicista e chitarrista) e Nanni Svampa (cantante e chitarrista, stranamente qui assente).