martedì 6 gennaio 2015

Parole, parole, parole

Bello l'articolo di questa mattina sulla Repubblica. Firmato da Raffaella De Santis è intitolato Terra di mezzo o cyberspazio, così nascono gli “autorismi”.
Il termine autorisma è la versione italiana dell'inglese authorism, coniato dal lessicologo americano Paul Dickson, autore di Authorisms, words wrought by writers, ovvero “Autorismi, parole forgiate da autori”. Pubblicato l'anno scorso, cioè, come ce lo fa notare l'editore, nel sesquiquadricentenario (sesquiquadricentennial) della nascita di Shakespeare, presenta tutta una serie di parole la cui invenzione è attribuibile a un autore preciso. Proprio Shakespeare è stato probabilmente il più prolifico coniatore di lemmi, almeno in inglese, visto che tra le 17.245 parole che ha usato nei suoi scritti ce ne sono migliaia di nuove. Il mio autorisma preferito è però decisamente freelance, che lungi dall'essere contemporaneo, è opera di Walter Scott nel suo Ivanhoe, bellissimo, ancorché assai antisemita romanzo, la cui lettura consiglio a tutti cum grano salis.
Dopo aver letto l'articolo me ne sono andato un po' a spasso su internet, passando da “neologismi” a “italiese” e da “francesismi” ad “anglicismi” e ho trovato delle cose divertenti. Eccone alcune:
  • l'ente governativo britannico YouGov è il creatore di nomophoby, nomofobia, che designa la paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile;
  • a un gruppo di etnobotanici e studiosi di mitologia e religioni si deve entheogen, enteogeno, che letteralmente significa “che ha Dio al suo interno” e che viene usato in riferimento a particolari sostanze psicoattive di tipo psichedelico e allucinogeno;
  • stavo cercando l'eventuale autore della parola andamentale, quando il primo sito che ho aperto mi ha dato da vedere una pagina che incominciava con “La valutazione andamentale si sostanzia nel monitoraggio operato dalla banca sui rapporti che l’azienda intrattiene” e ho deciso di lasciar perdere;
A questo punto la mia attenzione è stata deviata verso termini che non sono autorismi, ma che mi sono sembrati curiosi, o irritanti, o semplicemente stupidi:
  • primo tra i più stupidi è senz'altro rallenty, che in inglese si dice slow motion e che mi ricordo di aver sentito per la prima volta con sbigottimento qualche decennio fa in occasione della ritrasmissione televisiva di non so più quale partita di calcio.
L'orrendo rallenty mi ha fatto venire in mente qualche altro finto anglicismo:
  • slip in inglese comune è un verbo, non un sostantivo; le mutande si chiamano underwear, comprese quelle ridicolamente piccole che ti spremono i testicoli; l'utilizzo di slip come sostantivo è raro e indica una sottoveste femminile;
  • tanto per rimanere nella biancheria, il body in inglese si chiama leotard, o eventualmente bodysuit;
  • smoking in inglese non è sostantivo, ma verbo; lo smoking si chiama tuxedo e viene da Tuxedo Park, una ricca zona residenziale del paese di Tuxedo, 3.600 abitanti, a nord-ovest di New York;
  • golf invece si dice sweater, o cardigan, o pullover, o jumper; da notare che la parola inglese golf deriva dall'olandese kolf, che vuol dire bastone;
  • per rimanere nell'ambito vestimentario, non posso non citare la parola sweat (in Italia pronunciata suìt), che andrebbe in realtà pronciata suèt; se dici “suìt” a un inglese, lui capirà sweet, cioè dolce; è solo se gli dici “suèt” che capirà sweat, cioè sudore e magari, se è un tipo immaginativo, indovinerà pure che gli volevi dire sweatshirt, cioè felpa (che pare venga dall'antico bavarese felber, che voleva dire sia salice che salvia);
  • l'orrendo stage (pronunciato steig, con la g di Giulio) in inglese vuol dire palcoscenico, mentre è apprenticeship che indica un periodo di apprendistato; è in francese che stage (pronunciato con la a normale e la ge che si pronuncia come il pronome personale je) vuole dire ciò che intendiamo noi;
  • sul patetico media pronunciato midia mi limiterò a soprassedere;
  • il mister calcistico, ovvero, per i non calciofili, l'allenatore, suscita ilarità in tutti i concittadini di Camilla ex-Parker Bowles, oggi Duchessa di Cornovaglia;
  • antidoping è ovviamente un'altra fesseria, traducibile tutt'al più con dope test;
  • il tessuto sintetico che molti chiamano pile (pronunciato pail), fu inventato da una ditta del Massachusetts, la Malden Mills, nel 1979 che lo chiamò polar fleece, come si chiama a tutt'oggi oltreoceano.
E la smetto qui anche se potrei andare avanti per ore perché andare a caccia di parole è sempre una bellissima cosa.
Alè, un'ultima parola, paltò. Evidentemente viene dal francese paletot, parola che però nessuno usa più in Francia, preferendole manteau o pardessus. Ma cercando l'etimologia di paletot ho trovato:
  1. che paletot viene dal vecchio inglese paltok;
  2. che paltok viene da pall (dal latino pallium, mantello, coperta, o tenda, da cui deriva anche il Palio di Siena) e ock, dal protogermanico ukaz, suffisso diminutivo, che pare non abbia niente a che vedere col russo ukaze, che indicava un editto dello zar o del patriarca.
Il naufragar m'è dolce in questo mare.