sabato 10 ottobre 2015

Una foto non di Roberta Vinci


Nonostante il titolo del post, questa è una foto di Roberta Vinci.
Ma è di un'altra foto di Roberta Vinci che ti voglio parlare. Una che se io fossi Roberta Vinci mi farebbe arrabbiare. Molto.
In realtà mi sono arrabbiato anche senza essere Roberta Vinci. Molto.
Mo' ti spiego.
Mi ero appena seduto al solito tavolino del solito caffé dove vado ogni mattina dopo avere comprato il giornale e avevo appena appoggiato la tazzina fumante all'altra estremità del tavolino; ho aperto il giornale e, siccome è sabato, ho tirato fuori il supplemento del sabato, D. D come donna, lo dico per i non lettori della Repubblica.
Ho visto la copertina e mi sono arrabbiato. Molto.
Non mi sono arrabbiato perché in copertina c'era la faccia di Roberta Vinci. Mi sono arrabbiato perché in copertina, al posto della faccia di Roberta Vinci, c'era la faccia photoshoppata e taroccata di una persona che non esiste e la cui presenza in copertina aveva l'unico scopo di farmi pensare, a me, lettore, che quella tennista di carattere, che in copertina non c'era, assomiglia in tutto e per tutto a una qualsiasi delle migliaia di giovinette prive di carattere le cui facce ci sono quotidianamente imposte da pubblicità di ogni genere e tipo.
Avrei voluto pubblicare qui la foto di quella copertina, ma non avendola trovata ne pubblico un'altra, che appare nello stesso servizio fotografico.

 

E ti pare Roberta Vinci, questa? Perché i capelli sono diventati neri? Dove sono finiti nei, lentiggini ed efelidi? Da dove viene quella sfumatura azzurra negli occhi? Dove sono quei due bei segni ai lati della bocca? Dove sono le rughe? Come mai gli zigomi si sono spostati verso l'esterno e le guance si sono scavate? Come mai il collo è diventato più stretto?
Saranno anche domande retoriche, ma cacchio!, è mai possibile che un settimanale femminile, diretto da una donna, supplemento a un quotidiano che si pretende di sinistra pubblichi porcherie del genere? È mai possibile che questi idioti e, ahimé, queste idiote patentate non si rendano conto neanche un istante del messaggio che riceveranno tutte le bambine e giovinette che fanno sport sognando magari di diventare un giorno come Roberta Vinci?
Questo genere di cose mi fa ribollire il sangue. Da sempre. O almeno da un'abbondante quarantina d'anni, da quando cioè qualche ragazza ha incominciato a farmi notare come dietro le apparenze del giovane progressista, libertario eccetera che mi sforzavo di essere ci fosse ancora ben saldo sulle gambe un patetico maschilista di estrazione cattolica e piccolo borghese. Ma, ri-cacchio!, erano i primi anni '70. Da allora il mondo è cambiato. O no?
Sì, il mondo è cambiato. Ma vedendo la pseudo Roberta Vinci che mi osserva dalla copertina di D mi dico che ciò che è cambiato principalmente è la misura dei tappeti sotto i quali ci ostiniamo a nascondere la polvere. Tappeti ormai enormi, giganteschi, sesquipedali. Tappeti spessi, sempre più soffici, morbidi e allettanti. Tappeti di destra e tappeti di sinistra. Tappeti sui quali finiamo col camminare senza nemmeno più pensarci, dimenticando le tonnellate di porcherie che nascondono, come se fosse normale.
Ma normale non lo è. Per nulla.

domenica 4 ottobre 2015

Fiocchi d'avena e masturbazione


Si sa, più uno ha "amici" su Facebook, più ha amici di amici e più vede moltiplicarsi le segnalazioni di foto, film, articoli, libri e avvenimenti di ogni genere e tipo. È così che qualche giorno fa mi è apparso in bacheca il titolo di un articolo: The foreskin: Why is it such a secret in North America? (Il prepuzio: perché è tanto un segreto in Nordamerica?). Tu cos'avresti fatto? Io ho cliccato sul link e ho letto.
Devo ammettere che ignoravo che il prepuzio costituisse un segreto in Nordamerica. Sapevo che da noi, in Europa, non è così, anzi: qui di prepuzio si è sempre parlato, tant'è che di Santi Prepuzi, ovvero di prepuzi di Cristo, ne abbiamo avuti fino a 18 nei secoli passati, sparsi tra Roma, Santiago di Compostela, Anversa, Hildesheim e varie località francesi. Naturalmente noi italiani abbiamo sempre saputo che l'unico vero Santo Prepuzio, quello che fu regalato a Carlo Magno da un angelo e poi a Papa Leone III da Carlo Magno è quello che fu poi adorato per secoli nella chiesa di Calcata, in provincia di Viterbo, fino al giorno in cui qualche miscredente, ateo, comunista, puzzone lo rubò, facendolo sparire per sempre.
Oggi non abbiamo più prepuzi. Per fortuna ci restano:
  1. il Santo Pannolino del Bambin Gesù, nel Duomo di Spoleto;
  2. la colonna della flagellazione, nella Basilica di Santa Prassede, a Roma;
  3. ben 5 chiodi della crocefissione, uno in Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, uno in San Nicolò l'Arena, a Catania, uno nel Duomo di Monza, uno in quello di Milano e uno in quello di Colle di Val d'Elsa;
  4. il Sacro Catino, che servì prima per servire l'agnello pasquale durante l'ultima cena e poi a raccogliere il sangue di Cristo sul Golgota (si vede che i catini erano rari), nella Cattedrale di San Lorenzo, a Genova;
  5. una spina della Santa Corona, nella chiesa di San Gaetano, a Barletta;
  6. senza parlare di altre cose di indubbia santità, come la mammella di Sant'Agata, il berrettino di San Vincenzo, il vestito di Santa Rita, il dito indice di Giovanni Battista (del quale esistono peraltro altri 11 indici sparsi in giro per l'Europa), la cintura di Maria, vari suoi capelli, il latte delle sue mammelle, il suo anello nuziale e altro ancora.
Ma, siamo giusti, l'articolo di cui sopra non parlava di santi prepuzi, bensì del prepuzio in generale, ovvero di quella piega cutanea che ricopre il glande, secondo la precisa descrizione sia del Treccani che del Garzanti, che diventa involucro cutaneo del glande sull'Hoepli.
E siamo ancora più giusti: le cose che mi hanno veramente stupito nell'articolo sono altre. Ignoravo per esempio che nell'Inghilterra vittoriana prima e negli Stati Uniti poi, la circoncisione fosse consigliata come rimedio contro sifilide, epilessia, paralisi, ernia, mal di testa, piede torto, alcolismo, gotta e sopratutto (soprattutto!) contro quel terribile flagello che era la masturbazione.
Già, la masturbazione. Nello spensierato clima vittoriano, questa pratica non solo era considerata immorale, ma era sopratutto (soprattutto!) vista come fonte di febbri, pustole, epilessia, tubercolosi spinale, nonché morte.
Ma da dove veniva questa paura della masturbazione? Fondamentalmente da un opuscolo pubblicato anonimamente a Londra nel 1715 e ristampato più di 20 volte negli anni successivi: Onania: ovvero l'odioso peccato dell'autopolluzione e tutte le spaventose conseguenze per entrambi i sessi, con consigli spirituali e materiali per coloro che si sono già rovinati con questa pratica abominevole e opportuni avvertimenti ai giovani della nazione di ambo i sessi. Qualche decennio dopo, il medico svizzero Samuel Auguste Tissot diede vita, con il suo Onanismo, trattato sulle malattie prodotte dalla masturbazione, a una teoria "scientifica" secondo la quale, visto che il fluido vitale era un elemento importante nello sviluppo e nel funzionamento normale dell'organismo maschile, era importante non sprecarlo attraverso inutili attività sessuali che avrebbero potuto solo indebolire il corpo e provocare terribili malattie. In altri termini, si doveva avere un rapporto sessuale solo quando c'era una ragionevole probabilità che da questo risultasse una gravidanza. Il libro di Tissot ebbe 63 ristampe tra il 1760 e il 1905.
Curiosamente, durante lo stesso periodo vittoriano, la masturbazione, sotto controllo medico, era consigliata come terapia alle donne afflitte da "isteria". Metto isteria tra virgolette perché, come lo ricorda la ricercatrice Laura Briggs in un testo pubblicato dalla John Hopkins University, negli stessi anni un tale Dottor George Beard pubblicò una lista, da lui stesso definita incompleta, di possibili sintomi dell'isteria che andava avanti per 75 pagine. A quei tempi l'aggettivo isterica era una specie di sinonimo di donna.
Ma torniamo agli uomini. Tra i medici statunitensi più preoccupati dai danni provocati dalla masturbazione maschile ce n'era uno del Michigan, il buon Dottor John Harvey Kellogg. Se il suo nome ti dice qualcosa non è un caso, perché è proprio lui l'inventore dei corn flakes, i fiocchi d'avena. Ma quello che forse non sai è la ragione che lo spinse a quella invenzione: un cibo così blando e privo di sapore, pensò Kellogg, avrebbe di sicuro provocato una diminuzione dell'eccitazione e dei desideri sessuali in chi se ne fosse nutrito regolarmente. Ebbene sì: i corn flakes nacquero come antidoto alla masturbazione.
Il Dottor Kellog mise su una fabbrichetta col fratello Will. Tutto andava a gonfie vele, ma poi Will ebbe la strampalata idea di aggiungere dello zucchero ai fiocchi, in modo da renderli meno insipidi. "Zucchero?, urlò il Dottore. Mai! Lo zucchero dà piacere, nutre l'erotismo, sviluppa l'onanismo!" Ed è così che i due fratelli si separarono e non si parlarono più per il resto delle loro vite rispettive. Nel 1906 Will fondò la Battle Creek Food Company, che più tardi diventerà la Kellogg, mentre John continuò a occuparsi dei danni dell'onanismo.
Se già sapevi queste cose, ti chiedo scusa di averti fatto perdere del tempo. Ma se non le sapevi, la tua gratitudine già mi riscalda il cuore.
E mò vado a farmi un buon caffè.

mercoledì 9 settembre 2015

Verso una nuova guerra?

La cima del Monte Bianco
 
Si sa, i litigi sulle frontiere hanno provocato numerose guerre nella lunga storia del mondo. E, si sa pure questo, bisogna risalire alla saggezza di Tullo Ostilio, terzo re di Roma, e del suo collega Mezio Fufezio, sovrano di Albalonga, per trovare un conflitto risolto da sei soli combattenti, tre da una parte e tre dall'altra. Ma, sarà perché dopo la vittoria degli Orazi sui Curiazi il re sconfitto venne diligentemente squartato, sarà perché in fondo gli uomini hanno sempre avuto una morbosa passione per guerre e conflitti, i governanti dei cinque continenti non hanno mai esitato a infiammare gli animi con discorsi aulici e altisonanti, destinati a mandare al macello migliaia, vedi milioni di poveri cristi che, fosse stato per loro, sarebbero stati prontissimi a fare il tifo per dei nuovi Orazi e magari anche per dei Curiazi, pur di evitare inutili carneficine.
Va bene, forse sto esagerando un po': tra Italia e Francia non siamo ancora alle minacce di guerra e al bruit de bottes, ovvero rumore di stivali, come amano dire i transalpini. Ventimiglia non sembra in pericolo e Mentone nemmeno. Per ora.
Anche se il litigio è serio, visto che ciò che divide cittadini e citoyens è la sovranità sul cucuzzolo del Monte Bianco.
Ho fatto qualche ricerca e ora, avvalendomi del fatto che godo (si fa per dire) sia del possesso di una carta d'identità italiana che di una carte d'identité française, sono pronto a presentare in questo blog una soluzione pacifica e definitiva che non potrà che essere approvata dai Parlamenti direttamente interessati.
Incominciamo dalla Storia con la S maiuscola. All'inizio il Monte Bianco era semplicemente lì e nessuno si preoccupava di sapere a chi appartenesse. Poi, nella prima metà dell'XI secolo, arrivò un tedesco, Umberto Biancamano, o meglio Humbert mit den weißen Händen. Chi era Umberto Biancamano? Semplice: era figlio di tale Beroldo di Sassonia, nonché pronipote di Ottone II, Duca di Sassonia, che aveva sposato la Principessa Teofano (o Teofania), figlia di Romano II, imperatore di Bisanzio. E Umberto fu fatto Duca di Savoia.
E qui apro una parentesi. Perché mai, ti sarai chiesto/a mille volte, il capostipite dei Savoia si era guadagnato il soprannome di Biancamano? Sapessi quante volte me lo sono chiesto io!... Per fortuna ho trovato la risposta: pare che tutto venga dall'errore di un amanuense poco scrupoloso, che invece di trascrivere blancis moenibus, ovvero "dalle bianche fortezze", ebbe la leggerezza di scrivere blancis manibus, cioè "dalle bianche mani".
E adesso che ti ho risolto questo enigma, chiudo la parentesi e vado avanti.
Il bravo Umberto, volendo ampliare i suoi territori, ordinò al figlio Oddone di sposare la figlia del Marchese di Torino, Adelaide. È così che il nostro sassone trapiantato mise le mani sul territorio di Susa, nonché sul Marchesato di Torino. Naturalmente tutti sappiamo che quell'insieme territoriale finì, attraverso i secoli, per diventare prima Regno di Sardegna, poi Regno d'Italia e infine Repubblica Italiana.
Senonché nel frattempo, per essere più precisi il 22 settembre 1792, mentre a Parigi veniva proclamata la Rébublique Française, la Savoia era invasa e annessa alla stessa République cinque giorni dopo.
Passarono 4 anni. Napoleone si lanciò nella Campagna d'Italia sconfiggendo pesantemente i piemontesi a Cherasco e imponendo un armistizio che faceva della Savoia una terra francese. Il Monte Bianco diventava Mont Blanc.
Per trovare qualche novità bisognerà aspettare il 1860 e il Trattato di Torino, stipulato tra la Francia e il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II, il cui articolo 3 dice:
Una commissione mista determinerà in uno spirito di equità le frontiere dei due Stati, tenendo conto della configurazione delle montagne e delle necessità della difesa.
E infatti la commissione determina: la frontiera tra i due paesi passa, come è logico, dallo spartiacque, ovvero dal cucuzzolo, che è così metà italiano e metà francese. Tutto sembra in ordine, nessuno ha niente da ridire.
Poi arrivano i militari. 
Nel 1865, lo Stato Maggiore transalpino incarica un certo Capitano Jean-Joseph Mieulet, cartografo, di disegnare una cartina militare della zona del Monte Bianco. E cosa fa Mieulet? Senza pensarci due volte, sposta la frontiera di qualche centinaio di metri a valle sul versante italiano e fa del cucuzzolo un semplice sommet!
Ora sappiamo tutti come sono i militari: una volta fatta una cosa, è dura, molto dura per loro, dire che c'è stato un errore. E infatti la carta di Mieulet è ripresa sistematicamente da allora sulle carte dell'État-Major prima e dell'Institut Géographique National poi. Ovviamente le carte italiane non tengono conto della stravagante e univoca decisione di un oscuro capitano con la r moscia, ma i francesi si dicono je m'en fous e nessuno ne parla più.
Passano così un'ottantina d'anni e due guerre mondiali. Poca roba. 
Nel settembre del 1946 tre sindaci francesi, quelli di Saint-Gervais-les-Bains, di Les Houches e di Chamonix-Mont-Blanc, si mettono a litigare: ognuno dei tre pretende di essere sindaco anche del famoso cucuzzolo. Non trovando un accordo, i tre si rivolgono al prefetto, che stabilisce salomonicamente, ancorché avventatamente, che la cima della montagna costituisce il punto d'incontro dei tre territori comunali (e tant pis pour les Italiens).
Il trattato di Parigi del febbraio 1947 sancisce cinque piccole modifiche alla frontiera franco-italiana (tutte a favore della Francia che, contrariarmente all'Italia, aveva avuto la buona idea di vincere la guerra), ma non si pronuncia sul Monte Bianco.
La commissione mista franco-italiana che si riunisce per la prima volta a Nizza nel 1988 dice che la cosa è troppo complicata e che va risolta a livello ministeriale. È così che i ministri mettono su un Gruppo di lavoro ad alto livello che, come tutti i gruppi di lavoro ad alto livello, non decide niente, tanto più che i francesi sostengono che le carte geografiche stabilite dopo l'accordo del 1860 sono andate perse durante l'occupazione tedesca. Pas de problème, rispondono gli italiani, che forniscono una copia di quelle carte, che loro non hanno perso, e dalle quali si deduce che il confine passa dal cucuzzolo. Senonché a quel punto i francesi trovano una foto delle carte perse e, guarda caso, la loro foto mostra che il confine passa più in là.
Nel 1999 il deputato Luciano Caveri, dell'Union Valdôtaine, sottopone al governo italiano un'interrogazione parlamentare alla quale risponde il sottosegretario agli affari esteri Umberto Ranieri, dicendo che la questione resta aperta. 
Nel 2011 Google Maps, che fino ad allora aveva fatto passare la frontiera dal cucuzzolo, la sposta. I francesi sono contenti.
Venerdì scorso poi, pare su richiesta del sindaco di Chamonix, dei militari francesi hanno ufficializzato la loro versione, chiudendo semplicemente a chiave la frontiera. Come si fa a chiudere a chiave una frontiera a più di 4.000 metri di altezza?, mi dirai. Leggi i giornali, bestia!, ti dirò.
Ora, mentre da un lato ci si cinge dell'elmo di Scipio, dall'altro si canta Marchons, marchons!
Io da venerdì me ne vado in giro con i miei due passaporti in tasca. Non si sa mai. 
Ma per concludere, ecco, come promesso, la mia proposta di soluzione pacifica e definitiva del litigio, che non potrà che essere approvata da ambo i Parlamenti interessati: 
“Oh francesi, ma la finite di romperci le palle?”

martedì 8 settembre 2015

Avventure postali


Forse un giorno scriverò un lungo resoconto intitolato “Avventure di un cittadino all'ufficio postale”; oppure un lunghissimo poema epico intitolato “Postìade”; o magari un libro di confessioni, da pubblicare postumo col titolo “Perché alla fine ho preferito suicidarmi”. Intanto poco fa sono andato all'ufficio postale del mio Comune di residenza.
Visto che siamo stati via da casa per quasi un mese, avevamo deciso di beneficiare del servizio “Aspettami”, che prevede che la posta ti aspetti, per l'appunto, fino al tuo ritorno. L'operazione aveva dato adito alla consueta orgia di burocrazia a base di numeri di codice fiscale (sia quello del richiedente che quello della consorte), carte d'indindirindà, documento riempito e firmato per poi essere copiato parola per parola al computer dall'impiegato, consulto con un altro impiegato, che sembrava saperne un po' di più di quello che era capitato a noi, ma che aveva comunque preferito chiedere a un terzo, più anziano, eccetera eccetera.
Stamattina vado allo sportello, dico buongiorno e porgo all'impiegata la ricevuta dell'operazione fatta un mese fa e la mia carta d'indindirindà. Lei mi lascia il documento, prende la ricevuta, la studia per un po', poi dice:
Ah, questa è la cosa... come si chiama... che lei voleva che la posta la tenessimo qui?
Sì, rispondo laconicamente rendendomi conto che il prevedibile calvario non fa che incominciare.
L'impiegata si alza, va da un impiegato maschio, gli fa vedere la ricevuta. Lui le dice che al piano inferiore ci sono delle scatole con su i nomi. Lei sparisce per un certo tempo. Un certo lungo tempo. Poi torna.
Guardi, mi dice, il suo nome non c'è. Posta non ne ha.
No, sbotto malgrado tutte le previe promesse che mi ero fatto, posta ce n'è di sicuro.
E penso soprattutto ai quattro, dico quattro(!) numeri della Settimana enigmistica alla quale sono abbonato grazie alla generosa iniziativa di quella santa donna di mia suocera. E mi trattengo dall'urlare cazzo! Le mie Settimane enigmistiche! Le vogliooo!
Eh..., dice lei tra il dubbioso e il complice.
Poi si gira di nuovo verso il collega maschio che, quasi spazientito, le ripete:
Ma sì, sotto. Chiedi a uno dei postini, ché tanto adesso sono lì.
Nuova sparizione della mia impiegata. Nuovo certo lungo tempo.
Dopodiché appare un'altra impiegata (ammettiamolo: dall'aria più sveglia), con uno smartphone in mano.
È lei per “Aspettami”?, mi chiede.
Sì, rispondo, ormai sull'orlo di una crisi di nervi ad alto tasso depressivo.
La posta non ce l'abbiamo noi, è a Poggibonsi.
Come a Poggibonsi?
Eh, sì, c'hanno diviso le cose, è così. Ma guardi, sono al telefono con la postina, parli pure.
Pronto?
Sì, buongiorno. Se lo sapevo, la posta gliela portavo, ma adesso sono sulla superstrada e c'ho pure una Raccomandata 1 per lei. Ma lei è a casa?
No, sono all'ufficio postale, rispondo trattenendo a stento i singhiozzi.
Ma a che ora c'è a casa?
­— Non so, verso le 11.
Va bene, tanto io prima di mezzogiorno e mezzo non passo. Poi magari l'altra posta gliela porto domani.
Seguono ringraziamenti e saluti. L'impiegata sveglia riattacca il telefono (i lettori più giovani, se non capiscono l'arcaica espressione “riattaccare il telefono”, potranno domandarne il senso a genitori, zii, o nonni), poi si lancia in una confusa spiegazione del fatto che i servizi tra il mio Comune e Poggibonsi sono stati divisi in due, il che, preso parola per parola, non ha molto senso, ma probabilmente ne ha nell'universo parallelo di Burocratolandia.
Se mi fosse stato detto quando ho fatto la pratica, che dovevo andare a Poggibonsi..., azzardo timidamente.
Eh già. Ma sa com'è, certe volte uno non ci pensa.
Non insisto, rendendomi perfettamente conto dell'assurdità del mio sogno di vivere in un universo nel quale anche gli impiegati degli sportelli degli uffici postali pensano.
Saluto e vado a farmi un caffé.

lunedì 31 agosto 2015

Della Nestlè



Così, tanto per informazione, una lista neanche completa delle marche di proprietà della Nestlè.

CEREALI
  • Cheerios (fuori dagli USA)
  • Chocapic
  • Cini Minis
  • Clusters
  • Cookie Crisp (fuori dagli USA)
  • Crunch (cioccolato)
  • Curiously Cinnamon
  • Curiously Strawberry
  • Estrelitas
  • Fitness
  • Force Flakes
  • Gold Flakes
  • Golden Grahams (fuori dagli USA)
  • Golden Morn (Nigeria)
  • Golden Nuggets
  • Honey Stars
  • Koko Krunch
  • Lion Cereal
  • Milo cereals
  • Nesquik Breakfast Cereal
  • Nestlé Corn Flakes
  • Shreddies (GB & Irlanda)

YOGURT
  • Acti-V (Filippine)
  • ActiPlus (Pakistan)
  • Fruit Selection Yogurt (Filippine)
  • Hirz (Svizzera)
  • Longa Vida (Portogallo)
  • Molico (Brasile)
  • Munch Bunch
  • Nestlé Raita (Menta & Cumino) (Pakistan)
  • Rawaytee Maza (Pakistan)
  • Ski
  • Sweet N Tasty Yogurt (Pakistan)
  • Yelly (Mango & Strawberry) (Pakistan)

CAFFÈ
  • Bonka
  • Buondi (Portogallo)
  • Christina (Portogallo)
  • Dolca (Argentina)
  • Dolce Gusto
  • Ecco (Peru, Cile)
  • El Chaná (Uruguay)
  • International Roast
  • Kirma (Peru)
  • Loumidis (Grecia)
  • Mountain Blend
  • Nescafé
  • Nespresso
  • Partner's Blend
  • Ricoffy
  • Ricoré
  • Ristretto
  • Sical
  • Sunrise (India)
  • Taster's Choice
  • Tofa
  • Zoégas

ACQUA
  • Aberfoyle
  • Acqua Panna
  • Al Manhal (Medio Oriente)
  • Alaçam (Turchia)
  • Aqua D'Or
  • Aqua Mineral (Polonia)
  • Aqua Pod
  • Aqua Spring (Grecia)
  • Aquarel (Spagna)
  • Arctic (Polonia)
  • Arrowhead (USA)
  • Baraka (Egitto)
  • Buxton (GB)
  • Cachantun (Cile)
  • Calistoga (USA)
  • Carola (Francia)
  • Charmoise (Belgio)
  • Ciego Montero (Cuba)
  • Contrex (Francia)
  • Cristalp (Svizzera)
  • Da Shan YunNan Spring (Cina)
  • Dar Natury (Polonia)
  • Deep Spring (California)
  • Deer Park (USA)
  • Eco de los Andes (Argentina)
  • Erikli (Turchia)
  • Frische Brise (Germania)
  • Fürst Bismarck (Germania)
  • Gerber (Messico)
  • Ghadeer (Giordania)
  • Glaciar (Argentina)
  • Henniez (Svizzera)
  • Hépar (Francia)
  • Hidden Spring (Filippine)
  • Ice Mountain (USA)
  • Κorpi (Grecia)
  • La Vie (Vietnam)
  • Levissima (Italia)
  • Los Portales (Cuba)
  • Minéré (Thailandia)
  • Montclair (Canada)
  • Nałęczowianka (Polonia)
  • Nestlé Selda (Portogallo)
  • Nestlé Vera (Italia)
  • Neuselters (Germania)
  • Ozarka (USA)
  • Pejo (Italia)
  • Perrier (Francia)
  • Petrópolis (Brasile)
  • Plancoët (Francia)
  • Poland Spring (USA)
  • Porvenir (Cile)
  • Powwow
  • Pure Life/Pureza Vital/Vie Pure
  • Quézac (Francia)
  • Recoaro (Italy)
  • Saint-Lambert (Francia)
  • Sainte-Alix (Francia)
  • San Bernardo (Italia)
  • San Pellegrino (Italia)
  • Santa Bárbara (Brasile)
  • Santa Maria (Messico)
  • São Lourenço (Brasile)
  • Sohat (Libano)
  • Springs (Arabia Saudita)
  • Theodora (Ungheria)
  • Valvert (Belgio)
  • Viladrau (Spagna)
  • Vittel (Francia)
  • Water Line (Corea del Sud)
  • Waterman (Cina)
  • Zephyrhills (USA)

ALTRE BEVANDE
  • Carnation
  • Caro
  • Chocolate D'Onofrio (Perù)
  • Chuckie (Filippine)
  • Enviga (joint-venture con Coca-Cola, Beverage Partners Worldwide)
  • Good Host
  • Growers Direct Organic Fruit Juices
  • Ideal (Perù)
  • Juicy Juice
  • Libby's
  • Milo
  • Nescao (Perù)
  • Nescau (Brasile)
  • Nesfruta (Filippine, India, Pakistan, Indonesia, Canada)
  • Nesquik
  • Nestea (joint-venture con Coca-Cola, Beverage Partners Worldwide)
  • Nestomalt (Sri Lanka)
  • Ovaltine (USA)
  • Sjora
  • Ski up and go (Yogurt e bevande cereali)
  • Supligen (Caraibi)
  • Sweet Leaf Tea
  • Vascolet (Uruguay)

GELATI
  • Åhusglass (Svezia)
  • Aino (Finlandia)
  • Camy (Spagna)
  • Connoisseur (Australia)
  • D'Onofrio (Perù)
  • Delta (Bulgaria, Grecia)
  • Dibs
  • Dreyer's
  • Drumstick
  • Edy's
  • Eskimo (Finlandia)
  • Frigor (Argentina)
  • Frisco (Svizzera)
  • Fruit Selection Yogurt (Filippine)
  • Häagen-Dazs (Nord America e GB)
  • Heaven (Filippine)
  • Hjem-IS (Norvegia)
  • Kimo (Egitto)
  • Kimy (Filippine)
  • Kotijäätelö (Finlandia)
  • Maxibon
  • Mivvi
  • Motta (Italia)
  • Mövenpick (Svizzera)
  • Nestlé Drumstick - The Original Sundae Cone
  • Nestlé Ice Cream
  • Nestlé Princessa (Polonia)
  • Oreo (Canada)
  • Outshine
  • Peters (Australia)
  • Pingviini (Finlandia)
  • Push-Up
  • Savory (Cile)
  • Schöller (Germania, Austria)
  • Skinny Cow
  • Sorbetes (Filippine)
  • Temptations (Filippine)
  • Underground is (Danimarca)
  • zer0% Fat (Filippine)

OMOGENEIZZATI
  • Alfare
  • Beba
  • Bona (Finlandia)
  • Cérélac
  • Farinha Láctea (Brasile)
  • FM 85
  • Gerber
  • Good Start
  • Guigoz
  • Lactogen
  • Nan
  • NAN HA
  • NanSoy
  • NaturNes
  • Neslac
  • Nestlé
  • Nestogen
  • Nestum (Portogallo)
  • Nido
  • Piltti (Finlandia)
  • PreNan

CIBI VITAMINICI
  • Musashi
  • Neston
  • Nesvita
  • Pria
  • Supligen

CIBI ORGANICI
  • Boost
  • Carnation Instant Breakfast
  • Compleat
  • Crucial
  • Diabetisource
  • Fibersource
  • Glytrol
  • Impact
  • Isosource
  • Meritene
  • Modulen
  • Nutren
  • Optifast
  • Optifibre
  • Peptamen
  • Resorb
  • Resource

CONDIMENTI
  • Buitoni
  • Carpathia
  • CHEF
  • Haoji
  • Maggi
  • Thomy
  • Totole
  • Winiary

SURGELATI
  • Buitoni
  • California Pizza Kitchen Frozen
  • Delissio Pizza (Canada)
  • DiGiorno Pizza
  • Herta
  • Hot Pockets
  • Jack's Pizza
  • Katie's Pizza
  • La Cocinera (Spagna)
  • Lean Cuisine
  • Lean Pockets
  • Nestlé
  • Papa Giuseppe
  • Stouffer's
  • Toll House
  • Tombstone Pizza
  • Wagner Pizza (UE)

CIOCCOLATO, BISCOTTI E AFFINI
  • 100 Grand Bar
  • Abuelita
  • Aero
  • After Eight
  • Allen's
  • Animal Bar
  • Baby Ruth
  • Bertie Beetle (Australia)
  • Big Turk (Canada)
  • Bon Pari (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Russia e Ungheria)
  • Butterfinger (Canada, USA)
  • Butterfinger Bites (USA)
  • Butterfinger Crisp (USA)
  • Butterfinger Peanut Butter Cups (USA)
  • Butterfinger Snackerz
  • Cailler
  • Capri (Cile)
  • Caramac
  • Carlos V
  • Charge (Brasile)
  • Chips Ahoy! (Canada)
  • Chocolate Surpresa (Brasile)
  • Chokito (Brasile, Svizzera e Australia)
  • Cocosette (Venezuela)
  • Coffee Crisp (Canada)
  • Chunky
  • D'Onofrio (Perù)
  • Damak (Turchia)
  • Drifter
  • Fizzfindle
  • Frigor
  • Galak/Milkybar
  • Goobers
  • Heaven
  • Hercules Bars (Disney)
  • Icebreakers
  • Joff
  • JOJO (Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia)
  • Kit Kat (negli USA, distribuito da Hershey's)
  • Lion
  • Lollo (Brasile)
  • Matchmakers
  • Milky Bar
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