Matsuo Bashō
Dopo Ferlinghetti la scorsa settimana, ecco il mio secondo poeta della settimana: Matsuo Bashō. Nato nel 1664 e morto nel '94, è considerato il maestro dell'haiku. Il che mi permette di dar sfoggio di un po' di (falsa) erudizione.
Un
haiku è un tipo di poesia che incominciò a diffondersi in Giappone
nel '600. È composto da tre versi, rispettivamente di 5, 7 e 5 more.
Cosa fosse una mora non lo sapevo neppure io prima di scoprirlo su
internet qualche minuto fa, ma mò te lo spiego.
La
mora non
è una sillaba. È, fondamentalmente nella
prosodia greca e latina, la minima unità di misura del ritmo,
corrispondente a una sillaba breve. In linguistica invece è la
durata di una vocale breve o di una consonante implosiva.
Ho trovato qualche spiegazione supplementare su un altro sito:
"Fin
dai primi tempi c'è stata una certa confusione tra i termini Haiku, Hokku, e
Haikai.
Il termine hokku
significa letteralmente 'verso iniziale' ed era il primo anello di
una più lunga catena di versi conosciuta come haikai.
Poiché l' hokku
dava il tono al resto della catena poetica, svolgeva un ruolo
privilegiato nella poesia haikai
e non era raro che un poeta componesse un hokku
indipendente senza poi andare più in là.
In
gran parte grazie al lavoro di Masaoka Shiki, questa indipendenza fu
formalmente stabilita nell'ultimo decennio dell'800 attraverso la
creazione del termine haiku.
Questa nuova forma di poesia doveva essere scritta, letta e intesa
come una poesia indipendente, completa in sé stessa, invece che che
come parte di una più lunga catena.
Quindi
in un certo senso la storia dell'haiku
inizia solo negli ultimi anni dell'800. I famosi versi dei maestri
del periodo di Edo (1600-1868), come Basho, Yosa Buson e Kobayashi
Issa, sono quindi degli hokku
e vanno visti nella prospettiva della storia dell'haikai
anche se oggi vengono generalmente letti come haiku
indipendenti."
Detto
questo, torniamo a Bashō.
È
nel '72, credo a New York, che trovai un libretto della Penguin
Books
intitolato The
narrow road to the deep North and other travel sketches
(La stretta strada verso il profondo nord e altri schizzi di
viaggio). Perché comprai quel libro, non ricordo. Il Giappone non mi è mai particolarmente interessato, ma può darsi che qualcuno mi
avesse consigliato quel libro particolare. È una specie di diario di
viaggio, molto meditativo e zen. Bashō racconta le sue giornate in
prosa, a schizzi, intercalando la narrazione con i suoi haiku
(o hokku,
o come ti fa più piacere).
La
poesia che ti propongo oggi è una delle più famose ed è conosciuta
come L'haiku
della rana.
In giapponese fa così:
Furu
ike ya
kawazu tobikomu
mizu no oto
kawazu tobikomu
mizu no oto
Il
che, tradotto letteralmente, significa:
Vecchio
stagno
rana
si è tuffata dentro
rumore
d'acqua.
Dal
che dovrebbe apparirti ovvio che tradurre un haiku
è praticamente impossibile. D'altronde su un altro sito anglofono ho
trovato ben 30 traduzioni dello stesso poema, che vanno da Into
the ancient pond / A frog jumps / Water’s sound! (Nell'antico
stagno / salta una rana / Rumore d'acqua!) a A
lonely pond in age-old stillness sleeps ... Apart, unstirred by
sound or motion.... till / Suddenly into it a lithe frog leaps (Uno
stagno solitario dorme in un'immobilità antica... / Più in là,
indisturbato da suoni e movimenti... / Improvvisamente un'agile rana
vi si butta dentro).
Vabbè,
sono conscio del fatto che qui ho già perso la metà dei miei
lettori. Quindi la smetto. Forse ciò che mi affascina negli haiku
è che siano così lontani da me, dal mio modo di pensare e di
sentire. Qualche volta fa bene andare a dare un'occhiata altrove.
Nel vecchio stagno
una
rana si tuffa.
Rumore
d'acqua.