Lewis Allan Reed
Un amico americano
mi ha mandato il link verso un articolo dell'Huffington Post
transatlantico, intitolato
L'identità giudaica di Lou Reed: uno sguardo all'indietro
verso i rapporti dell'iconico rocker con la sua fede.
L'articolo, come sempre, mi ha rimandato ad altri link.
Che
Lou Reed fosse ebreo non lo sapevo e devo dire che la mia prima e
spontanea reazione nel venirlo a sapere è stata di totale
indifferenza. Non ho l'abitudine di valutare le creazioni di un
artista in funzione della sua provenienza, sia questa geografica,
culturale, sociologica, o religiosa, anche se può essere
interessante, a posteriori, conoscere queste cose. È comunque sempre
la creazione che primeggia per me sulle motivazioni più o meno
profonde che l'hanno originata.
Dico
questo e al tempo stesso mi rendo conto che faccio delle eccezioni.
Se, per esempio, riesco a leggere il bellissimo Ivanhoe
di Walter Scott nonostante l'evidente antisemitismo dell'autore, mi è
molto più difficile abbordare il Viaggio al termine della
notte di Céline dimenticando
che lo scrittore pubblicò anche vari scritti, come Bagatelle
per un massacro, La
scuola dei cadaveri, o Le
belle bandiere, apertamente
antisemiti e filo-hitleriani. Immagino che questa differenza di
trattamento mi venga spontanea a causa della distanza temporale di
Scott e della vicinanza di Céline.
Ma
torniamo a Lou Reed. E all'America, Paese nel quale, contrariarmente
all' Europa, l'identità comunitaria, il fatto di essere ebreo,
irlandese, polacco o battista è senz'altro più importante che da
noi.
Quel
che mi fa sorridere nei credenti, come in molti di quelli che si
identificano fortemente con una comunità culturale, etnica,
sociologica o religiosa, è che basta che uno muoia per far partire
tutta una litania di "sembrava che la pensasse in modo diverso,
però in fondo era uno di noi." Al che mi viene da far notare
che magari, sì, era uno di voi, però sembrava pensarla proprio in
modo diverso, no?...
Il
giornalista dell'Huffington Post
riporta due citazioni di Reed. la prima: "Il mio Dio è
il rock and roll. È un potere oscuro che può cambiarti la vita.
[...]
La parte più
importante della mia religione è suonare la chitarra."
Della seconda citazione troviamo traccia su una pagina del sito
clashmusic.com nel 2001: "Dopo che aveva fatto qualche osservazione antisemita, fu chiesto a Reed
se fosse ebreo e lui rispose: 'Naturalmente, non lo sono tutti i
migliori?' Poi però, quando il giornalista rock Lester Bangs gli
chiese in che modo le sue canzoni fossero in relazione col suo essere
ebreo, Reed, contrariato, rispose che non conosceva nessun ebreo."
Cosa
fa allora il giornalista del Post?
Prende atto delle risposte di Reed? Nient'affatto: ci spiega che
Reed ha dato concerti in Israele e che recentemente un gruppo di
ricercatori ha deciso di chiamare loureedia
annulipes una
nuova specie di ragno scoperta nel deserto del Negev, nel sud d'Israele. Sarà... Ma è perché il ragno è stato scoperto in Israele o perché è di colore viola (velvet
in inglese) e che vive essenzialmente sotto terra (underground)? È perché Lou Reed era nato ebreo, o perché aveva fondato i Velvet
Underground?
Spesso gli scienziati si divertono coi nomi che danno
alle loro scoperte; basti ricordare gli astronomi milanesi che
chiamarono Geminga (pronunciato Gheminga, dal milanese gh'è
minga,
non c'è) a un pulsar, ovvero una stella di neutroni della
costellazione Gemini che ruota su se stessa 5 volte al secondo, ma
che non emette radiazioni, rendendosi così invisibile; ricordiamo
anche il
Carbonio60, la cui molecola ha la forma e la struttura di un
pallone da football e che fu in origine chiamata soccerina (pronuncia
soccherina,
da soccer,
gioco del calcio) e fui poi definitivamente battezzata
buckminsterfullerina in onore dell'architetto Buckminster Fuller, a
cui dobbiamo le famose cupole geodesiche (vedi la Biosfera di
Montréal, costruita in occasione dell'Expo 1967).
Questa
smania dei credenti di voler a tutti i costi inglobare nella loro
comunità anche chi, pur essendoci nato, se ne è poi chiaramente
distanziato, è cosa che mi ha sempre fatto girare i testicoli a
velocità vertiginosa. È come se si dicesse di me che sono cristiano
semplicemente perché i miei genitori hanno deciso di battezzarmi e
poi mi hanno pure mandato per due anni a scuola dalle suore. Ma siamo
matti? E tutto il resto della mia vita non conta niente? E allora il
cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger (1926-2007) non era un vero
cristiano perché era nato ebreo? E San Paolo di Tarso? E Paul
Claudel? E Ashok, il più grande imperatore buddista della storia
dell'India, non era buddista perché era nato induista? E Mohammed
Alì?
Questo
volere a tutti i costi reintegrare in una comunità di pensiero
qualcuno che si è dato un male bestia per venirne fuori non è solo
una grande mancanza di rispetto, è anche qualcosa che contiene in sé
il germe dell'intolleranza e, diciamolo pure, di un certo razzismo. È
come dire sì, è vero che sei nato uno di noi e che poi hai deciso
di diventare un altro, però hai fatto cose belle e importanti e
siccome solo noi facciamo cose belle e importanti, allora è chiaro
che in fondo uno di noi lo sei sempre stato.
E
invece no: esistono uomini degni e uomini indegni dentro ogni
comunità, ogni religione, ogni cultura. Non continuare
instancabilmente a ripetere una verità tanto ovvia significa portare
acqua al mulino dei modi di pensare più gretti e insopportabili,
srotolare il tappeto rosso davanti a "pensatori" del tipo
dei fanatici cristiani statunitensi, dei talebani afghani, dei peggiori
fanatici induisti, degli ultranazionalisti storici giapponesi, di
tutte le Oriane Fallaci e i Juan Gines Sepùlveda del mondo, di tutti
gli xenofobi e i fondamentalisti che ci inquinano la vita.
Allora
lasciamo riposare Lou Reed in pace e ricordiamocelo per quello che è
stato: un grande musicista rock, un uomo tormentato e traumatizzato
dagli elettroschok ai quali fu sottoposto in gioventù dai genitori
che volevano guarirlo dalla sua bisessualità; un uomo che,
nonostante la sua evidente nevrosi e il consumo massiccio di
metanfetamine, ha scritto e interpretato brani che fanno parte della
colonna sonora della nostra vita.
Take
a walk on the wild side.
Do
dodoo do dodododoo dodo dodo dodododoo...