venerdì 9 agosto 2013

Un po' di cultura sarda

Un mio continentale lettore che non avesse mai osato avventurarsi sui flutti tirrenici a bordo di un gigantesco ferry-boat grottescamente affrescato con i volti ridenti di vari personaggi di cartoni animati, né avesse mai commesso l'errore di lanciarsi in uno di quei viaggi aerei Ryanair che, partendo da Pisa per Alghero alle sei del mattino, l'avrebbero obbligato ad alzarsi come minimo alle tre, facendogli maledire non solo tutti i Ryan ma anche tutti gli irlandesi della Terra per sette generazioni, quel mio lettore, dicevo prima di lanciarmi in questa mia frase così interminabile da far fremere di gelosia il cadavere di Alexandre Dumas (che riposa dal 2002 sotto l'augusta volta di quel parigino Panthéon che fu in realtà costruito come chiesa Di Santa Genoveffa), potrebbe ignorare che la Sardegna non è solo un'arida isola popolata da pecore e turisti, ma altresì una terra di antica e vivace cultura.
Pur perfettamente conscio del fatto che il mio riferimento a "pecore e turisti" rischi di provocare nella mia sposa sassarese vive tentazioni di uxoricidio (parola che uso dopo debita consultazione del vocabolario Treccani, grazie al quale sono ora certo che la parola uxoricida significhi anche "per estens., uccisore del coniuge (e quindi anche, al femm., donna che uccide il proprio marito"), non esiterò a portare avanti con coraggio questo post la cui idea mi è venuta stamattina mentre, ancora a letto, cercavo una scusa qualsiasi per distogliere la mia attenzione da un'indecente erezione post-risveglio.
Cultura, dunque. Parliamone.
Alcuni giorni fa, camminando sul marciapiede di quella via cittadina che il comune di Sassari ha deciso di dedicare alla memoria di Attilio Deffenu, intellettuale, giornalista, sindacalista rivoluzionario, nonché indipendentista nuorese (sì, la Sardegna, oltre a ottimi pecorini e leccorniosissimi dolcetti produce anche indipendentisti nuoresi), mi è capitato sotto gli occhi un gigantesco manifesto a dominante nero-marrone sul quale erano stampate alcune parole misteriose: Associazione culturale Abbì presenta: Ciogghitta d'oro - gara di succiaddura di ciogga minudda.
Dopo il primo attimo di sgomento davanti al nome che un'associazione culturale aveva scelto di darsi, Abbì, nell'evidente incapacità di arrivare fino alla lettera c, non ho esitato a rivolgere uno sguardo interrogativo a quella moglie originaria dell'isola che gli antichi greci chiamavano Hyknusa e che mi camminava affianco (la moglie, non l'isola, of course), la quale moglie si è affrettata a spiegarmi il significato di quelle criptiche parole che mi guarderò bene dal definire dialettali onde non correre il rischio di un'infausta emasculazione mediante uso di un coltello di Santu Lussurgiu (Comune di 2500 anime in provincia di oristano) da parte della sopranominata moglie.
Cominciamo da ciogga, che altro non è che una lumaca. E proseguiamo con minudda, la cui forma maschile minuddu è ovviamente vicina non solo allo spagnolo menudo, al portoghese mendo, al provenzale menut e al francese menu, ma anche all'italiano minuto, nel senso di piccolo, come peraltro chiarito dall'etimo latino minutus, derivato lui stesso da minuere, impicciolire (senza per questo tralasciare l'importanza del greco minuntha, un pochetto).
Chiarito che ciogga minudda significa lumachina, anche se in alcune regioni le si preferirebbe chiocciolina, veniamo all'altra parola importante: succiaddura. Poiché la sua etimologia va ricercata nel basso latino suctiare, origine anche del francese sucer, dello spagnolo chupar, del portoghese chucar e fors'anco dell'inglese suck, pare ovvio che il suo corrispondente italiano sia succhiamento, ancorché mi sia stato necessario riconsultare il peraltro gradevolissimo e utilissimo vocabolario Treccani onde assicurarmi dell'esistenza di questo lemma il cui uso, diciamolo pure, è piuttosto limitato al di fuori di quella cerchia di individui di ambo i sessi impegnati in attività fisiche sulle quali il mio naturale pudore mi impedisce di attardarmi.
Ma torniamo al manifesto, che aveva ancora in serbo un paio di perle. La prima era l'annuncio di una mostra intitolata La ciogghitta nella cultura sassarese dal Medioevo all'età Contemporanea, titolo decisamente promettente e invitante. La seconda era l'informazione che i due presentatori della serata che si sarebbe svolta in piazza S. Caterina (non si sa se si tratti di Caterina da Siena, di quella d'Alessandria, di quella dello Ionio, di Caterina Valfurva, di Caterina Villarmosa, o di caterina Albanese, ma non importa), i due presentatori, dicevo prima di interrompermi da solo, facevano parte della compagnia teatrale Bobo Scianèl, il che fa ovviamente brillare la vita culturale sassarese di una luce tutta sua.
Avrei forse potuto resistere all'imperioso quanto prepotente desiderio che mi ha invaso l'anima alla lettura del manifesto che mi offriva anche la possibilità di andare sul sito www.ciogghittadoro.it, sul quale troverai alcune immagini dell'edizione 2012 della prestigiosa gara? Certo che no.
Ma di quella serata non ti racconterò nulla. Ti suggerisco solo di contattare già da oggi uno degli organizzatori, se non addirittura (da scriversi sempre con due t, poiché derivante da a dirittura) un qualsiasi membro del R.I.S.S., Reparto Investigativo Succhiatori Sassaresi (giuro che non sto inventando niente), onde annullare immediatamente le vacanze 2014 a Bali rimpiazzandole con un inestimabile viaggio culturale nell'isola che, oltre a tutto il resto, ha anche il privilegio di servire da contorno a vari possedimenti del pregiudicato Berlusconi Silvio, nonché ad ospitare regolarmente sulla più smeraldina delle sue coste il sempre meno comico e sempre più demente Grillo Giuseppe.
Detto questo, vado a riprendermi un caffé al bar, accompagnandolo con ciò che viene qui chiamato "frittella con la crema", ma è conosciuto nel resto del mondo come bombolone, bomba, o krapfen, e che però i tedeschi del nord chiamano Berliner Pfannkuchen, gli ungheresi fánk, i portoghesi Bola de Berlim, i finlandiesi berliininmunkki, i cechi kobliha, glii slovacchi šiška, i messicani berlinesa, i norvegesi berlinerbolle, gli argentini bola de fraile, i canadesi e alcuni statunitensi bismarck, i polacchi pączek e i bolzanini Faschingskrapfen, cioè krapfen del Carnevale, perché, in un collettivo quanto masochistico impulso, hanno da tempo deciso di privarsene il resto dell'anno (il che la dice lunga sui bolzanini, ma di questo parleremo un'altra volta) .