Titolo dell'Huffington Post italiano: Elezioni
2013: il NYTimes si interroga sul ritorno di Silvio Berlusconi La
Mummia, “L'opera
della politica italiana è fonte di eterna sorpresa”.
L'articolo
incomincia così: “La mummia è tornata ed è ancora
peggio che in passato".
Clicco
sul link e vado a leggermi l'articolo del New York Times.
Scopro allora che il giornalista, Franck Bruni, non dice affatto “La
mummia è tornata”. Quel che
dice è: “Il ritorno della mummia è stato il titolo di
prima pagina di un importante giornale francese che si riferiva a un
film del 2001 e insinuava, forse, che i numerosi interventi cosmetici
di Berlusconi avessero incluso l'imbalsamazione. Un importante
giornale tedesco si lamentava del Ritorno
del non morto (The return of the Undead)”.
Effettivamente
nel dicembre scorso, quando Berlusconi annunciò il suo ritorno,
Libération pubblicò
il titolo cubitale Il ritorno della mummia.
Mi
direte che sono dettagli e che comunque qualcuno quel titolo l'ha
scritto. Sì, qualcuno, ma non il New York Times.
Perché
questo tipo di approssimazione? Ovviamente il NYT è molto più
prestigioso di Libération
e una sua citazione ci colpisce più di quanto non lo faccia una del
quotidiano francese, dà più peso a ciò che leggiamo, lo densifica,
perché ci appare subito come una presa di posizione del più
importante organo di stampa americano, da sempre legato all'ala più
riformista del Partito Democratico.
Mi
chiedo allora se l'informazione data dall'Huffington Post
possa definirsi falsa, e credo proprio di sì. Falsa come le
frequentissime virgolettature negli articoli di Repubblica
(partner dell'edizione italiana dell'Huffington Post)
firmati Francesco Bei, giornalista che ormai non leggo più.
Virgolettature tipo “chiuso nel suo studio di Arcore con i più
fedeli collaboratori, Berlusconi ha detto “......”. Ma come fa
Bei a sapere, parola per parola, cos'ha detto qualcuno dentro uno
studio di Arcore? Ci aveva messo un microfono?
Queste
false citazioni non le sopporto proprio. Le vedo non solo come
insopportabili approssimazioni, ma come vere e proprie menzogne, e mi
arrabbio ancora di più se sono d'accordo sul fondo generale
dell'articolo.
Non
credo nell'esistenza di una verità assoluta che il singolo
giornalista potrebbe offrirmi ogni mattina; ma credo che uno sforzo
rigoroso verso la ricerca di quella verità dovrebbero essere alla
base del lavoro giornalistico. Altrimenti perché non limitarsi a
leggere gli editoriali di Sallusti deducendo semplicemente che la
verità è vicina al contrario di quanto si legge?
Scrivere
di politica ci fa inevitabilmente cadere in errori, che si tratti
della pagina di un blog come questo o di un articolo su un quotidiano
prestigioso. Questa consapevolezza mi spinge sempre, nella misura
delle mie modeste possibilità, a verificare le eventuali
informazioni che do. Eppure errori ne ho fatti e ne farò. Spesso,
non riuscendo ad andare in fondo a una verifica, non scrivo. E
comunque non mi verrebbe mai in mente di virgolettare frasi che non
ho sentito con le mie orecchie, o di citare qualcun altro senza dare
la fonte dell'informazione.
Non
per questo mi prendo per un giornalista, ovviamente. Ma mi chiedo: se
quel piccolo sforzo lo faccio io, semplice blogger, che non ho
nessuna credibilità professionale da difendere, perché tanti
giornalisti non lo fanno? E perché i loro redattori accettano di
pubblicare notizie tanto spudoratamente tendenziose e inverificabili?
No, lo
so che la risposta è ovvia. Era solo un modo di dire...
Però
mi arrabbio lo stesso.