sabato 15 gennaio 2011

L'esempio tunisino

La bandiera tunisina


E così i tunisini hanno finito col cacciar via a pedate nel sedere il dittatore Ben Ali, quello al quale il nostro Amato Leader era legato da “vera amicizia” (dichiarazione del 23 dicembre scorso).
Ho detto “dittatore”, anche se Ben Ali era un eletto del popolo. Nel 1987, due mesi dopo essere stato fatto Primo Ministro dall'allora presidente Bourguiba, lo depose per senilità. È vero che il vecchio aveva ormai 84 anni (ben 10 di più di quelli del nostro Silvio nazionale!). Nei due anni successivi Ben Ali soppresse la costituzione, ne fece una nuova e fu poi eletto col 99,27% dei voti, che è sempre una bella percentuale. Rieletto col 99,91% nel 1994, lo fu poi col 99, 52% nel 1999 e col 94,49% nel 2004. Vista la pericolosa caduta di percentuale, decise allora di cambiare la costituzione che aveva lui stesso promulgato rendendo possibile l'elezione di uno stesso presidente più di tre volte di seguito.
Queste invidiabili percentuali ricordano quelle di un altro amico dell'Italia, il bielorusso Aleksandr Lukashenko, quello che il popolo “ama tanto”, come è chiaro “dai risultati elettorali che sono sotto gli occhi di tutti” (berlusco-dichiarazione del 30 novembre 2009). Lukascenko fu eletto presidente nel 1994 con più dell'80% dei voti, poi nel 2001 col 75,65% e nel 2006 con l'84,2%.
È chiaro che di fronte a queste cifre i miseri 52,52 e 71,22% russi ridicolizzano il povero Putin (altro amico nonché fornitore di lettoni). Per fortuna un altro amico ancora, quel simpaticone di Muhammar Gheddafi, autore del colpo di stato del 1969 (da noi era presidente Saragat e c'era il secondo governo Rumor...) alle elezioni non ci ha proprio mai pensato e continua, impeterrito nel suo ruolo di leader della Grande Repubblica Araba di Libia Popolare e Socialista.
Dittatore, dicevo. Eh, sì. Ben Ali e Lukascenko (e molti altri in giro per il globo) ci hanno ormai dimostrato che per essere dittatori non è più necessario prendere il potere con le armi, magari marciare su Roma, bombardare Guernica, o, che so?, il palazzo della Moneda di Santiago. No: basta controllare tutto il resto e in primis i media.
Cosa vuol dire questo? Che San Silvio da Arcore è un dittatore? Certo che no. E qui sta la grandezza del Nostro, il suo lato post-moderno, la sua genialità. In realtà ormai ci si può comportare da padroni assoluti distribuendo favori, mantenendo nani e ballerine, delegittimando quotidianamente ogni voce dissenziente e raccontando barzellette. Il risultato poi è più o meno lo stesso: la trasformazione di tutto un popolo in risibile comparsa di una commedia di terz'ordine.
Io sul futuro immediato della Tunisia sono pessimista. Non perché non rispetti il popolo di quel paese a noi così vicino, ma per le stesse ragioni che mi rendevano pessimista nella Romania del dopo Ceausescu. In Romania ci andai a fare spettacolo quattro mesi dopo la caduta del Genio dei Carpazi (vi ricordate?, era così che lo chiamavano) ed ebbi occasione di parlare a lungo con molti rumeni. La cosa che mi fu subito chiara e che mi stupì molto fu il vedere come tutti (tutti!) quelli coi quali parlavo mi dicevano del male di tutti gli altri. In realtà Ceausescu era riuscito ad instillare nella gente un tale odio e una tale diffidenza che anche nel momento in cui ci sarebbe stato da rimboccarsi le maniche per ripartire tutti insieme e costruire qualcosa di nuovo, quel che primeggiava erano ancora lo stesso odio e la stessa diffidenza. Temo molto che la stessa cosa stia per succedere in Tunisia, così come temo molto che una volta che ci saremo sbarazzati del senile inceronato di Palazzo Grazioli ci vorranno anni, generazioni forse, per ritrovare quel senso della misura e dello Stato indispensabili a qualsiasi democrazia. Ed è proprio per questo che ho un'immensa ammirazione per personaggi come Nelson Mandela e Aung San Suu Ky, o anche Juan Carlos di Spagna, che hanno saputo (almeno per quel che riguarda Mandela e Juan Carlos, ma credo ci riuscirà anche Aung San Suu Ky) trovare le parole e gli atti giusti per garantire un passaggio calmo e ragionato verso la democrazia. Ma voi di gente così in Italia oggi ne vedete? Ahimé, se ci sono si nascondono. E in Tunisia è lo stesso.
La Storia si muove sempre e nulla è mai definitivo, ma i tempi possono essere tragicamente lunghi. Ovvero: tragicamente brevi nella corsa al peggio, ma tragicamente lunghi in quella al meglio.
Per carità, che questo non ci impedisca un momento di felicità davanti alla caduta di un dittatore. E se Berlusconi ha perso un amico, beh, mi sa che ce ne faremo una ragione.