Un bronzo di Riace
Ieri
ero in viaggio, non ho quindi potuto commentare uno degli articoli
più stupidi che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.
Tutto
è incominciato in maniera classica. Passata la frontiera tra Mentone
e Ventimiglia, mi sono naturalmente fermato al primo autogrill per
bere un caffè, visto che ogni permanenza in Francia, pur se di pochi
giorni, priva ineluttabilmente l'italiano espressofilo della sua
bevanda preferita, obbligandolo a ingurgitare brodaglie marron che di
caffè hanno solo l'immeritato nome. Con il caffè, ovviamente, ho
comprato il giornale. Risalito in furgone, ho chiesto a Elena di
guidare un po' e mi sono messo a leggere. Come sempre, e nonostante
le mie raccomandazioni, mentre io leggevo lei ha incominciato a
prendere tunnel su tunnel, mandandomi in bestia e obbligando le mie
pupille a una ginnastica degna di una preparazione olimpionica, ma
questa è un'altra storia.
In
prima pagina c'era un articolo il cui titolo integrale veniva ripreso
poi nella pagina lettere, commenti & idee:
Chi ha paura del velo e del tanga sui bronzi
di Riace. Ohibò,
mi son detto, vuoi vedere che qui c'è qualcuno che si è preso la
briga di perdere tempo e inchiostro per parlare di quel fotografo
francese?
I
fatti: tale Gerald Bruneau, di professione fotografo (anche se sulla
sua pagina Facebook alla voce Lavoro e
istruzione
si definisce prima 'artista' e poi 'free lance photographer', e uno
che si definisce 'artista' su Facebook già mi provoca
un'incontrollabile crisi di riso accompagnata da sonori ululati alla
luna piena, anche se non c'è), Gerald Bruneau, dicevo, è stato
chiamato da tale Simonetta Bonomi, che di lavoro fa la sovrintendente
ai beni archeologici della Calabria, per una campagna pubblicitaria
imperniata sull'immagine dei famosi bronzi che hanno fatto uscire
il ridente e marittimo Comune di Riace dall'anonimato nel quale si crogiolava senza complessi da secoli. Pare, dico pare, che Simonetta fosse stata
favorevolmente colpita da una precedente foto di Gerald, nella quale
l'artista aveva parzialmente ricoperto la statua di Paolina Borghese
del Canova con un velo rosso. Quella foto, visibile qui,
non mi dà l'impressione di costituire un gesto artistico degno di un
qualsiasi interesse e quindi non la commenterò.
Arrivato
in Calabria però, il buon Gerald ha pensato di andare più in là,
vestendo uno dei due bronzi di tanga leopardato, boa rosa e
velo bianco, con tanto di mazzolin di fiori in mano. La foto l'avevo
già vista nei giorni scorsi e mi era sembrata semplicemente una
boiata pazzesca, tant'è che non ci avevo più pensato. Poi ieri è
arrivata tale Giuia Soncini, giornalista, nonché autrice del libro
Elementi di capitalismo amoroso,
di cui pare che la giornalista inglese Tina Brown abbia detto che
"mai nella storia un tale talento è
stato messo al servizio di così turpi fini".
Giuia Soncini, chissa perché?, non mi era mai mancata.
Ignorarne l'esistenza non mi era mai pesato come un insostenibile
fardello. Ora so perché.
Temo che Giuia sia una di quelle donne, per fortuna rare, ma non abbastanza, che credono che
basti proclamarsi femministe per non essere stupide. Brutte notizie,
Giuia: a giudicare dal tuo articolo sei stupida come un garofano, o
come un porro cotto, o come una Fiat 600 di quelle prodotte in
Polonia tra il '98 e il 2010, vedi tu.
Già:
chi l'avrebbe mai immaginato? Se dall'Alpi alle Piramidi e dal
Manzanarre al Reno, tanto per dirla con l'Alessandro, varie voci si
erano alzate per dire che le foto di Brunel erano degne di interesse quanto una pera cotta nell'acqua di mare,
secondo Giuia questo è un tipico caso di palese maschilismo che
reagisce a un presunto crimine di lesa
virilità.
Prova ne sia che nessuno di coloro che trovano che la foto del Bronzo sia molto più interessante di quella della zia Gelsomina un bikini sulla spiaggia di Fregene avesse commentato negativamente il velo rosso messo a
Paolina Borghese.
Ma
certo! Come avevamo fatto a non pensarci prima? Mettere un tanga, un
boa rosa e un velo bianco a una statua del V secolo a.C. è una
potente denuncia del maschilismo calabro e magari italiano e forse
pure europeo e universale! Che dico? Magari è pure un coraggioso
gesto artistico, visto che dai baffi
fatti da Duchamp alla Gioconda al Pont Neuf o a Porta Pinciana
imballati da Christo e Jeanne-Claude: gli esempi di alterazione
dell'opera d'arte esistente che la renda un'opera d'arte nuova sono
parecchi e non esattamente di nicchia.
A parte, povero garofaninoo mio, che se una vuole entrare in questo
tipo di discussione farebbe bene a ricordarsi che i baffi Duchamp non
li mise alla Gioconda ma a una riproduzione della Gioconda, il che è
lungi dall'essere la stessa cosa; a parte che imballare Porta
Pinciana non è la stessa cosa che mettere tanga, boa e velo bianco a
una statua del V secolo a.C.; a parte questo, dimmi: il dubbio che sia
proprio perché Duchamp e altri hanno fatto quello che hanno fa un
secolo fa che le foto di Brunel sono solo boiate pazzesche non ti ha
nemmeno sfiorato l'anticamera di quella cavità cranica inizialmente
prevista ad ospitare il tuo cervello e rimasta invece tragicamente
vuota?
Viviamo
davvero un'epoca meravigliosa, nella quale basta che uno se ne venga
fuori con un'imbecillità qualsiasi per meritarsi il titolo di
artista. La mostra di Tampax usati che vidi a Parigi negli anni '70?
Opera di un artista! Uno squalo intinto nella formaldeide? Opera di
un artista! Una statua di porcellana bianca e dorata che rappresenta
Michael Jackson con in braccio uno scimpanzé? Opera di un artista!
E,
si sa, le opere artistiche sono intoccabili e indiscutibili, tant'è
che se uno le discute è automaticamente un reazionario bacchettone
con il terrore del diverso.
Leggendo
l'articolo di Giuia mi è venuta in mente una famosa citazione della giornalista, nonché femminista francese Françoise Giroud: La
donna sarà davvero uguale all'uomo il giorno in cui una donna
incompetente sarà nominata al posto di un uomo.
Da questo punto di vista, la presenza di quell'articolo sul
più prestigioso e diffuso quotidiano italiano è decisamente un
grande passo avanti verso l'eguaglianza dei sessi.