martedì 7 maggio 2013

Sangue umano

Sangue umano (400x)

Un amico ha pubblicato sulla sua pagina Facebook due brevi testi, che riproduco qui. Il primo è di una certa Lorella Presotto.

"Gentile signora Kyenge,
mi scuso, ma non riesco a chiamarla Ministro, non per razzismo come molti possano essere indotti a pensare, ma per criterio.
Non posso chiamare Ministro chi si dichiara a metà tra il mio paese ed un altro, mentre ha giurato fedeltà alla mia Costituzione.
Non accetto che lei parli a nome mio e dei miei concittadini definendoci "meticci". Io sono di generazioni italiana, nel mio albero genealogico ci sono persone che hanno dato la vita per questo paese, ho una cultura, la mia, quella del mio popolo, che amo e che non voglio cambiare con nessun altra.
Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini.
Io e il mio paese siamo tutt'uno. Lei ben sapendo di non appartenere completamente a questo paese ha espresso un giuramento sulla mia Carta , offendendola, perché lei stessa ha dichiarato di non sentirsi completamente italiana.
Non avrebbe dovuto farlo gentile signora Kyenge, solo per rispetto verso la mia gente che ha sempre accolto tutti con amore e solidarietà. Oggi lei forte dei poteri che le sono stati dati, e non dal popolo italiano, tuona possentemente che serve una nuova legge in materia di immigrazione; imperativamente lei afferma che serve il riconoscimento dello ius soli... ma forse le è sconosciuta quella parte del diritto millenario, conquistato con il sacrificio di molte vite umane, per cui non è sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza. 
Lei pretende diritti, senza offrire solidarietà, senza obblighi, anzi lei pretende che quel principio giuridico che dice "ove vi è un diritto vi è sempre un obbligo" di colpo venga smembrato dotando una parte di soli diritti ed un'altra di soli obblighi.
Io non ci sto signora Kyenge. Lei non mi rappresenta e non mi rappresenterà mai. Io non l'ho votata signora Kyenge; io amo la mia cultura, le mie tradizioni e non mi interessa che vengano integrate da altre, posso accettare di conoscerle, apprezzarle e rispettarle, ma pretendo la stessa contropartita.
Non si rispetta un popolo imponendogli un'invasione indiscriminata; non si può chiamare etica una sbilanciamento a favore di una singola parte.
Ci pensi signora Kyenge, le sue dichiarazioni hanno gettato un'ombra sulla storia di questo paese, lei non potrà essere di aiuto per gli italiani, tanto meno per gli immigrati.
"

Il secondo testo, sotto forma di post scriptum, è di Stefano Davidson.

"Gentile Signora Kyenge, io ho vissuto in Kenya ed ho avuto numerose esperienze in altri Paesi Africani (nord, centro e sud). In nessuno di essi ho mai trovato un centesimo della disponibilità e della tolleranza nei confronti del "msungu" italiano che gli immigrati di tutto il mondo in un modo o nell'altro trovano in Italia a partire dall'atteggiamento nei loro confronti tenuto dalle istituzioni. Questo mio intervento al termine della lettera soprascritta vuole unicamente sottolineare come ciò che la gran parte di coloro che arrivano in Italia e pretendono sia dal nostro Paese che dal nostro popolo, a casa loro spesso non lo trovano riservato nemmeno per loro stessi, figuriamoci per chi nei loro Paesi arriva per lavoro o per aprire un'attività.
Ovviamente non entro nei particolari per evitare alla lettera di diventare chilometrica e di assumere toni esageratamente polemici.
"
 

Poiché, una volta tanto, quanto precede è scritto in un italiano corretto e in maniera relativamente pacata, ho voluto cercare di rispondere sullo stesso tono. 

Cari Lorella Presotto e Stefano Davidson,
anch'io ho avuto numerose esperienze lavorative in varie parti dell'Africa e anch'io mi sono sentito chiamare msungu, toubab, o mundele, cioè bianco, a seconda dei Paesi. Avendo vissuto più di trent'anni (la maggior parte della mia vita adulta) in Francia mi sono spesso sentito chiamare rital (italiano), o macaronì, e non è raro che mia moglie, sarda, mi chiami ciuccianebbia. Sono italiano, anche se ho un quarto di sangue tedesco. Intorno ai trent'anni ho preso la cittadinanza francese, perdendo l'italiana, che ho recuperato tre anni fa, sempre mantenendo la francese. Ho quattro nipoti: due hanno sangue per metà francese, per un quarto americano, per tre sedicesimi italiano e per un sedicesimo tedesco; gli altri due hanno sangue per metà indiano, per un quarto francese, per tre sedicesimi italiano e per un sedicesimo tedesco. Questi ultimi due, visti con occhi europei, sono somaticamente chiaramente indiani, mentre visti con occhi indiani sono altrettanto automaticamente europei.
Culturalmente è tutta un'altra storia: i primi due sono di sicuro (per il momento) più francesi che americani, italiani o tedeschi; gli altri due sono decisamente franco-indiani, più che italiani o tedeschi. Ma nessuno può dire oggi cosa saranno tra trenta o quarant'anni.
Tanto per citare due esempi, il grande poeta russo Puskin era a metà eritreo, mentre la nonna di Alexandre Dumas era una schiava nera che i padroni chiamavano la femme du mas, ovvero la donna della masseria. Altri due facili esempi sono quelli di due Segretari di Stato americani, Zbigniew Brzeziński, polacco, che diventò americano a trent'anni e Henry Kissinger, ebreo ashenazita di nazionalità tedesca, che lo diventò a venti.
Negli anni, non ho mai conosciuto nessuno che, avendo preso una seconda nazionalità, oppure cambiato nazionalità, si sia mai scordato di quella d'origine. Che la ministra Kyenge si dichiari a metà tra il nostro paese e un altro, per riprendere la frase usata da Lorella, mi sembra la cosa più naturale del mondo. Il contrario mi sembrerebbe estremamente stupido, se non sospetto. Peraltro nella mia famiglia c'è anche un altro indiano, che fu adottato a otto anni dai genitori italiani e che ovviamente si considera sia italiano che indiano.
Non vedo che problema ci possa essere con Cécile Kyenge. È italiana? Sì, perché ha un passaporto italiano, oltre a vivere e lavorare in Italia, aver sposato un italiano e avere figlie italiane. È congolese? Sì, perché è di genitori congolesi e perché è in Congo che ha passato infanzia e adolescenza.
E allora? Dovrei forse essere più infastidito dalla sua pelle nera che dai capelli biondi di Josefa Idem (che vinse una medaglia d'oro e una di bronzo ai campionati mondiali per la Nazionale italiana due anni prima di diventare cittadina italiana), o dall'accento tedesco di vari altri campioni olimpionici e mondiali, o di certi uomini politici di origine altoatesina? Dov'è la linea di demarcazione? Cosa rende “uguali” un pastore della Basilicata e un cardiochirugo piemontese (o viceversa)? Cosa rende “diversi” il Grande Rabbino di Roma e Camillo Benso Conte di Cavour, che era a metà clavinista ginevrino? Tra l'altro mi viene in mente che una ventina d'anni fa il Cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, era un ebreo ashenazita, mentre l'ex Presidente Sarkozy è figlio di Pál István Ernő Sárközy de Nagy-Bócsa, aristocratico ungherese naturalizzato.
Oso sperare che il problema non sia quello del colore della pelle. Ma, ripeto, dov'è la linea di demarcazione? Lo sono i genitori? I nonni? I bisnonni?
Mi pare di capire che Stefano si sia spesso sentito rifiutato, come bianco, in Africa. Perdinci! Ma davvero credevi che il razzismo fosse un'esclusività europea? Posso assicurarti che bigotti, cretini e ignoranti ne ho incontrati in tutte le parti del mondo, Africa compresa. Ho visto le reazioni dei passanti quando mi sono trovato ad andare in giro per Dehli con degli amici del Mali. Ho sentito dei mauritani parlarmi con disprezzo dei senegalesi, degli zulù che dicevano del male degli xhosa, degli amara che dicevano peste e corna degli oromo, dei dominicani che detestavano gli haitiani e dei thailandesi che disprezzavano i laotiani. E allora? Erano le stesse bassezze dei lombardi della mia infanzia che chiamavano terroni tutti quelli che venivano dal sud di Roma (o di Firenze...).
Oggi abbiamo un ministro italo-congolese, o congoleso-italiana, come volete. Abbiamo avuto tre Presidenti della Repubblica sardi (Segni, Saragat e Cossiga). Provate a chiedere a un sardo se si sente più italiano o più sardo: nove volte su dieci la risposta sarà “più sardo”. Cosa è meglio? Avere una ministra nata e cresciuta in Congo o un ministro come l'italianissimo Umberto Bossi, che dichiarò “il tricolore lo uso per pulirmi il culo”?
Scrive Lorella: “Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini”. Posso solo dire che Cécile Kyenge possiede il 100% del mio sangue, perché apparteniamo entrambi alla specie umana; che il sangue dei cittadini italiani è, secondo le regioni, pieno di sangue degli etruschi venuti dall'Asia, dei fenici venuti dal medioriente, o dei berberi venuti dall'Africa del nord; che non vedo in cosa le differenze culturali tra me e un altro possano spingermi a “giustificarmi per le mie tradizioni”. 
Posso solo dire che Cécile Kyenge possiede il 100% del mio sangue, perché apparteniamo entrambi alla specie umana; che il "nostro" sangue italiano rigurgita, a seconda delle regioni, di globuli bianchi e rossi provenienti da etruschi venuti dall'Asia, da fenici venuti dal medioriente, o da berberi venuti dall'Africa del nord; che non vedo in cosa le differenze culturali tra me e un altro possano spingermi a “giustificarmi per le mie tradizioni”; che gli ordini non li accetto da chiunque non abbia diritto di darmene e che fino ad oggi mai un immigrato me ne ha dati, mentre so di centinaia di migliaia di italiani che ne hanno dati a milioni di etiopi, eritrei, somali e libici.
Credo abbia ragione Lilian Thuram, l'ex-calciatore del Parma, quando dice che “neri si diventa”. Lo si diventa quando si scopre che gli altri ti appiccicano sulla fronte quell'etichetta lì.
Tutt'altro è ciò che uno decide di diventare. Cécile Kyenge ha deciso di diventare italiana e questo diritto le è stato riconosciuto dalle nostre leggi. L'assenza di accordi di binazionalità tra Italia e Repubblica Democratica del Congo le ha fatto perdere la sua nazionalità di origine. Cambiare la propria nazionalità significa aderire al nuovo Paese di cui si vuol far parte. Perdere una nazionalità significa sentirsi amputato di un diritto (lo so per esperienza). Rifiutare la dignità della piena nazionalità e del diritto di esercitarla in tutti i suoi aspetti a qualcuno che prima ne aveva un'altra, non solo mi pare profondamente errato, ma mi fa dubitare delle ragioni di chi si proclama fedele a una Costituzione di cui poi dimentica lo spirito e la lettera. Sentir parlare di “invasione indiscriminata” come lo fa Lorella a proposito dell'arrivo di stranieri in Italia mi imbarazza, come italiano, quando so che la metà della popolazione argentina è di origine italiana e che noi italiani siamo partiti a milioni verso la Germania, la Svizzera o gli Stati Uniti nell'ultimo secolo, spesso non chiedendo di meglio che ottenere le cittadinanze locali. Pochi popoli europei (irlandesi a parte) hanno “invaso” il mondo quanto il nostro. Frank Sinatra (figlio di Natalia Della e Antonino Martino Sinatra), Joe DiMaggio (nato Giuseppe Paolo DiMaggio), Rudy Giuliani (figlio di Angelo Giuliani e Elena D'avanzo), Fiorello LaGuardia, Ann Bancroft (nata Anna Maria Luisa Italiano), Madonna (nata Madonna Louise Ciccone), Dean Martin (nato Dino Paul Crocetti), Enrico Fermi, Frank Capra (nato Francesco Rosario Capra): tutti italiani emigrati, diventati poi americani, come milioni d'altri. Perdio!, l'unico sopravvissuto alla battaglia di Little Big Horn si chiamava Giovanni Martino ed era nato a Sala Consilina, in provincia di Salerno!
Mi imbarazza anche ciò che dice Stefano: “la gran parte di coloro che arrivano in Italia e pretendono sia dal nostro Paese che dal nostro popolo, a casa loro spesso non lo trovano riservato nemmeno per loro stessi, figuriamoci per chi nei loro Paesi arriva per lavoro o per aprire un'attività”. Sembri scordarti che il Congo è una dittatura de facto con ampie parti del territorio nazionale in guerra civile. Vuoi che ci mettiamo sullo stesso piano?
Mio padre, nato Rudolph Augustin Schuster, era italiano. Come Cécile Kyenge.