Sono basito da questa nuova
polemichetta
da quattro soldi a proposito delle dichiarazioni di Paolo Becchi,
professore all'Università di Genova vicino al Movimento 5 stelle.
Sono basito in generale di fronte alla posizione del M5s che consiste
nel non dare interviste alla stampa (almeno a quella italiana).
Visto il mio lavoro, mi è capitato
varie decine di volte di dare interviste in giro per il mondo e fin
dalla prima (a un giornale di Toronto, nel '71) mi è stato chiaro
che bisogna sempre pesare bene quel che si dice in quei casi. Alla
radio o in televisione, tanto più quando non si va in diretta, è
anche importante decidere quando si fa una pausa per respirare se non
si vuole correre il rischio di vedere poi la frase troncata a metà,
a significare qualcosa di diverso. Il mio ricordo più buffo è
quello di un giornale di Singapore che intitolò una mia intervista:
“Schuster declares: the spirit of the 60s is dead”
(Schuster dichiara: lo spirito degli anni '60 è morto), manco fossi
stato Jean-Paul Sartre o Herbert Marcuse.
Ma come parlare durante un'intervista è
cosa che si impara rapidamente, non ci vuole un master in
comunicazione a Harvard. Certo, ci sono buoni e cattivi giornalisti,
virgolettatori abusivi e persone che cercano di restituire ciò che
uno ha detto davvero, individui in buona fede e altri che vogliono
sempre tirare la coperta dalla parte delle loro convinzioni. Ma non
sparare imbecillità e non esporsi a fraintendimenti e manipolazioni
non è poi così difficile.
Non parlare per paura di essere
fraintesi è come cavarsi gli occhi per paura di vedere un film con
Christian De Sica, come perforarsi i timpani per non correre il
rischio di sentire una canzone di Riccardo Cocciante, come infilarsi del
cotone nel naso per evitare di sentire il profumo al patchouli
dell'ex sessantottina seduta di fianco a noi sull'autobus alle otto
del mattino. A meno, naturalmente, che non sia una tattica
pubblicitaria in totale malafede...
La stampa non è il babau, né l'uomo
nero, né il lupo mannaro. La stampa non è necessariamente e
intrinsecamente più forte di te. I giornalisti non sono cloni né di
Darth Fener, né di Hannibal Lecter e neppure di Pietro Pacciani.
Semplicemente, non sono stupidi e se sanno che tu li tratti da
banditi e li accusi a priori di essere persone spregevoli, si
difendono e sanno fartela pagare. Ma davvero la cosa è così
scandalosa?
Il giornalista di base è ovviamente a
caccia di scoop: sta a te non darglielo, se non vuoi. Ma accusarlo di
vivere di scoop è come accusare Francesco Totti di prendere a calci
un pallone. Tu parla pacatamente, misura le parole, mostra empatia e il
giornalista sarà meno incline a ridicolizzarti. Dagli l'impressione
di considerarlo come un nemico e a lui verrà naturale trattarti da
nemico.
Fare di ogni erba un fascio e affermare
che tutta la stampa è merda
è di un infantilismo da far cadere le braccia. Scandalizzarsi di
essere stati fraintesi è di una stupidità senza limiti. Ed è
soprattutto di un'incredibile arroganza: vuoi farmi credere che tu
non fraintendi mai nessuno, povero idiota? “Non è questo che
intendevo”, “la mia frase è stata troncata”, “sono stato
frainteso”, sono imbecillità da bambino sorpreso con le dita
dentro il barattolo della marmellata e che dice che stava cercando il
barattolo del sale. È patetico, è ridicolo, è puerile.
Mi
viene in mente un'altra intervista, a una radio di Parigi. Stavo
parlando del mio Ubu re
e l'intervistatrice aveva già cercato un paio di volte di farmi dire
che Jarry era un orrendo maschilista. A un certo punto ho
inavvertitamente abbassato la guardia e lei, rapidissima, mi ha
interrotto nel mezzo di una frase, ha fatto un brevissimo commento
molto negativo e ha immediatamente fatto segno al tecnico di lanciare
la musica. Quella volta mi sono fatto fregare. Colpa mia. E infatti
mi sono molto arrabbiato con me stesso. Ma quella è stata l'ultima
volta che mi sono fatto fregare.
Prima di farsi
intervistare è sempre bene darsi una calmata, respirare
profondamente, dirsi che non si sta partendo in guerra alla testa
delle truppe beduine per riconquistare Aqaba, e presentarsi col
sorriso sulle labbra. Se ci si fa vedere col coltello tra i denti è
come dire “Ho paura! Ho paura!”. Il che è un invito a nozze per
il cacciatore di scoop.
Ma il fondo di
tutto questo è ancora più semplice: se parti con l'idea di avere
capito tutto, con l'idea che tutto ciò che dirai è importante e che
il mondo ha urgente bisogno di conoscere la tua opinione puoi star
certo che quando leggerai l'intervista la troverai schifosa.
Mi viene un dubbio:
non è per caso che sia così nei rapporti umani in generale?