martedì 20 dicembre 2011

Santa (quasi) subito



 Guardate bene questa immagine. Guardatela bene perché io quando l'ho vista non ci credevo. Questa dovrebbe essere Gah-Dah-Li Degh-Agh-Widtha secondo il sito www.caribuklabber.it).
E chi sarebbe Gah-Dah-Li Degh-Agh-Widtha, mi chiederà il curioso lettore poco informato sulla cultura irochese?
Gah-Dah-Li Degh-Agh-Widtha è la prima santa di origine amerindiana. Santa Gah-Dah-Li?, insisterà lo stupefatto lettore. No, no: Santa Caterina, visto che è questo il nome che le fu “imposto” (uso a proposito il verbo impiegato dal sito www.paginecattoliche.it) dai missionari francesi.
Gah-Dah-Li era un'indiana irochese della tribù dei Mohawk.
E chi erano i Mohawk, incalzerà il pellerossafilo lettore?
I Mohawk erano una tribù originaria del nord-est degli Stati Uniti (anche se Stati Uniti ancora non erano), che si distinse per la sua alleanza con gli olandesi prima, con gli inglesi e coi francesi poi, contro gli altri indiani. Verso il 1636, per esempio, i Mohawk uccisero il capo dei Pequot, tale Sassacus, che era venuto a rifugiarsi da loro perché ricercato dai bianchi. Più tardi, nel 1666, i francesi attaccarono e sconfissero i Mohawk, accettando poi la pace solo a condizione che gli indiani si facessero cristianizzare dai gesuiti.
Insomma, bella gente, questi Mohawk, che hanno sempre preferito allearsi con l'invasore piuttosto che difendere la propria cultura.
E qui non resisto e vi metto un'altra immagine di Gah-Dah-Li.


Ora, questa Gah-Dah-Li, diventata Caterina per volontà gesuita, morì alla giovane eté di 24 anni. Pare che in vita avesse il volto deturpato dal vaiolo, ma pare altresì che ogni traccia della malattia sparì miracolosamente pochi istanti dopo la morte. Meno male che era morta, mi dirà il cinico lettore, sennò avrebbe anche potuto incazzarsi un po': “Ma come?, avrebbe potuto dirsi, ho avuto una faccia mostruosa per 24 anni ed è mò che sono morta che torno fresca come una rosa?” (non si sa bene se i Mohawk usassero l'avverbio mò, ma io lo ipotizzo).
Ma torniamo a www.paginecattoliche.it. Questo eccellente sito ci informa che il padre della giovine altri non era che un "selvaggio pagano dei pellerossa Mohawks", il quale, durante "un'incursione nel Canada si era imbattuto in una giovane cristiana algonchina, se n'era invaghito e, invece di farla sua schiava, l'aveva fatta sua sposa". Cosa strana, sembra sottintendere il "Sac. Guido Pettinati SSP”, autore del testo, poiché tutti sappiamo che i selvaggi pagani sono soliti fare schiave le donne di cui si invaghiscono.
Forse dovrei limitarmi a copiare qui l'integralità del testo del Sac. Guido Pettinati SSP (qualcuno sa cosa vuol dire SSP?), che è da solo in grado di suscitare ilarità o indignazione, a scelta. Vediamo per esempio questo paragrafo:
A quattro anni la beata rimase orfana. Il vaiolo scoppiato nel 1660 le aveva distrutto la famiglia e le aveva deturpato il volto attorno agli occhi. Venne accolta nella capanna di un suo zio paterno, nel villaggio di Gandaouagué, costruito dopo l'epidemia, dove crebbe ritirata e serena, dedita alle faccende domestiche, con un'anima naturalmente cristiana". Ovvio: una bimba col volto deturpato dal vaiolo, nonché orfana a quattro anni, vive  ritirata e serena se ha l'anima naturalmente cristiana. Ma andiamo avanti:
Quando doveva uscire dalla capanna per andare a fare legna nella foresta o ad attingere acqua alla sorgente vicina, si avvolgeva in un ampio scialle dal colore cremisi per difendere gli occhi malati dalla viva luce del sole. Nelle ore di riposo, paga della compagnia delle zie e di una sorella adottiva, confezionava piccoli utensili domestici con le fibre delle radici o le cortecce degli alberi. Essendo assai ricercati, rappresentavano una fonte non indifferente di guadagno per la famiglia che l'ospitava. Più tardi imparerà a tramutare la pelle dell'alce e del bufalo in graziose borsette, e ad arabescare di cento disegni le grandi sciarpe dei guerrieri e dei cacciatori”. Perbacco! Signor Sac. Guido Pettinati SSP, ma lei è un grande! Lei è un poeta! Lei è il Leopardi di Santa Romana Chiesa, l'Ungaretti delle sacrestie, il Quasimodo dei conventi, il Montale dei chiostri, il Carducci dei presbiteri!
Tekakwitha crebbe senza scuola e senza studio, amante soltanto della solitudine e del lavoro, ma la grazia di Dio la condusse per vie misteriose alla pratica eroica di tutte le virtù, specialmente di quella più sconosciuta agli Indiani, la castità”. Ah, come ha ragione! La castità e gli indiani proprio non sono mai andati insieme. Ma sa che se non era per i Gesuiti questi qui sarebbero andati avanti a scopare come conigli? Non mi ci faccia pensare, mi vengono i brividi.
Comunque sia, nel 1666 ecco arrivare tre gesuiti, “decisi a evangelizzare quei selvaggi anche a costo della vita. (…) I tre "vestenera", P. Giacomo Frémin, P. Giovanni Bruyas e P. Giovanni Pierron furono accolti nella grande capanna dello zio di Tekakwitha (da non confondersi con lo zio Tom, anche lui selvaggio, ma per fortuna non pagano), capo del nuovo villaggio chiamato Caughnawaga. Nel breve tempo della loro sosta essi parlarono alla santa fanciulla di Dio e del suo infinito amore per gli uomini. L'anima di lei ne rimase conquisa per sempre tanto che crebbe con una invincibile ripugnanza, sconosciuta alla sua gente, per la vita matrimoniale”. Eh già: esiste forse per una donna migliore prova di cristianità dell'”invincibile ripugnanza per la vita matrimoniale”?
Ma cosa successe per davvero? Ebbene, certe vecchie zie della fanciulla “non vedevano l'ora di darla in sposa a qualche gagliardo cacciatore (nonché probabile scopatore come un coniglio). Alla proposta, la fanciulla impallidì, e non l'accettò sia perché era ancora troppo giovane e sia perché non intendeva contrarre matrimonio. Le zie, anziché darsi per vinte, sperarono di giungere al fidanzamento con la sorpresa e l'inganno (selvagge e pagane, quindi ingannevoli). Scelsero il fidanzato, stabilirono il giorno dell'incontro ufficiale d'accordo con i parenti, e incominciarono a circuire l'orfana con insolite cortesie (e già: di solito erano pure scortesi). Una sera la invitarono a sedere vicino al fuoco, al posto della zia più anziana. Frattanto la capanna cominciava ad affollarsi di invitati recanti sorrisi e regali. Ad un certo momento entrò anche il giovane prescelto, guardò la fanciulla a lui predestinata, si accostò incerto al focolare, fece cenno di sedersi accanto a Tekakwitha, ma costei, intuito il piano strategico delle zie, confusa e rossa in viso, si alzò di scatto e fuggì fuori della capanna sospirando: "Mio Dio, salvami da chi mi vorrebbe sua sposa. Prendilo Tu il candido giglio della mia verginità. E’ tuo, e tuo sarà per sempre".
Immagino che questo resoconto dettagliato l'eccellente Sac. Guido Pettinati SSP l'abbia ottenuto, se non da una videoregistrazione miracolosa, almeno da qualche testo scritto da uno di quei “selvaggi pagani” ispirati dalla grazia di Dio.
E qui mi fermo, perché c'è un limite a tutto. Anche alla stupidità.
E mi dico: ma è mai possibile che ancora oggi, nel XXI secolo, si possano imbastire tali imbecillità? È mai possibile dimostrare ancora una tale mancanza di rispetto verso qualcuno che aveva la pelle di un colore un po' diverso da quella di Sua Santità Ratzinger da far girare immaginette di questo tipo?
 

È mai possibile usare un linguaggio tanto infantilizzante, degno tutt'al più di un romanzo rosa di serie Z?
E qualcuno mi può spiegare cosa c'entrano queste baggianate perfettamente offensive per il buon senso e di marca prettamente razzista con una qualsiasi religione? Per carità, io dalle religioni tendo a star lontano quanto un deputato dalla povertà o una velina dalla castità, ma è mai possibile che un Sac. SSP (nel frattempo ho cercato su internet: vuol dire Società San Paolo) non faccia il minimo sforzo per stare altrettanto lontano dall'imbecillità?
Mi chiederai perché mai mi è venuta voglia di scrivere di questa Gah-Dah-Li Degh-Agh-Widtha, che magari era solo una povera ragazza morta di vaiolo a 24 anni. Semplicemente perché oggi è stata fatta santa. Eh, sì, nonostante il defunto papa polacco abbia fatto più santi in vita sua di quanti ne avessero fatti tutti i suoi 263 predecessori riuniti (compresi Urbano VII, che fu papa per 13 giorni e Pio IX, che lo fu per 31 anni, 7 mesi e 23 giorni), qualcuno se l'era scordato. Ovvero, questa Caterina lui l'aveva fatta solo beata, lasciando al suo successore il resto del lavoro. 
Ma soprattutto, questa nuova santa è anche stata nominata patrona dell'ecologia, perché “era particolarmente abile nella concia delle pelli e nel ricamo con le perline”, ci dice Il corriere della sera. E che una venga nominata patrona dell'ecologia perché era brava a infilare perline ce la dice lunga anche sulla sensibilità ecologica di Santa Romana Chiesa.
Amen.