mercoledì 5 dicembre 2018

La lettera su Dio di Einstein



I giornali di questa mattina parlano della vendita all'asta di una lettera manoscritta di Albert Einstein per 2 milioni e 892.500 dollari. Lasciamo perdere il fatto che lo stesso documento fosse stato venduto nove anni fa per 400.000 dollari e che gli esperti gli avessero recentemente attribuito un valore tra il milione e il milione e mezzo. Sono solo le solite fesserie da miliardari.
Ciò che mi interessa è che la lettera è nota come lettera su Dio. Einstein la scrisse il 3 gennaio del '54 a Eric Gutkind, filosofo ebreo che aveva lasciato la Germania nel '33. Due anni prima, Gutkind aveva pubblicato Choose Life: The Biblical Call to Revolt. Il libro era stato consigliato a Einstein dal matematico e filosofo olandese L.E.J. Brouwer.
L'articolo che ho letto questa mattina mi ha dato voglia di rileggere quel breve scritto che già conoscevo, ma cercando su internet non ho trovato nessuna traduzione integrale in italiano. Non conoscendo il tedesco, sono partito da una traduzione inglese (macchinosa) e da una francese (assai libera) per farne una italiana. Ho mantenuto la punteggiatura di Einstein – visibile su una foto del manoscritto – e il suo stile un po' complesso, soprattutto nel primo capoverso.
Inutile precisare che se te ne propongo la lettura è perché mi trovo essenzialmente d'accordo sul contenuto.

Princeton, 3 Gennaio 1954 
 
Caro Signor Gutkind!

Ispirato dai continui consigli di Brouwer ho letto gran parte del suo libro in questi ultimi giorni e la ringrazio di avermelo mandato. Ecco le cose che mi hanno particolarmente colpito. Riguardo al nostro modo di vedere la vita e la società umana siamo molto simili: un ideale che va al di là del personale che si batte per la libertà dai desideri individuali, si batte per fare dell'esistenza qualcosa di più bello e più ricco, con un'enfasi sul puramente umano, dove le cose inanimate sono viste solo come mezzi ai quali non si dovrebbe dare un ruolo dominante. (È in particolare questo modo che ci trova d'accordo su una vera “attitudine non-americana”)
Detto questo, se non fosse stato per l'incoraggiamento di Brouwer, non avrei mai pensato di immergermi nel suo libro, che è scritto in un linguaggio a me inaccessibile. Per me, la parola Dio non è altro che l'espressione e il prodotto delle debolezze umane, la Bibbia una raccolta di leggende onorevoli ma estremamente primitive. Non c'è interpretazione, per quanto acuta, che possa cambiare le cose (per me). Queste interpretazioni rarefatte sono per natura estremamente variegate e non sono quasi mai in relazione con il testo originale. Per me, l'autentica religione ebraica, come tutte le religioni, è l'incarnazione di una superstizione primitiva. E il popolo ebreo, del quale sono felice di fare parte e alla cui mentalità mi sento ancorato, non ha nessuna dignità diversa da quelle di altri popoli. Nella mia esperienza, non è nemmeno migliore di altri gruppi umani, anche se è protetto dai peggiori eccessi da una mancanza di potere. In altri termini non vedo niente di “eletto” in lui.
In generale mi addolora che lei reclami una posizione privilegiata e cerchi di difenderla attraverso due muri d'orgoglio, uno esterno come essere umano e uno interno come ebreo. Come umano lei reclama almeno in parte una dispensa dalla casualità generalmente accettata, come ebreo un privilegio monoteista. Ma una causalità limitata non è più una causalità, come il nostro meraviglioso Spinoza fu il primo a riconoscere in maniera incisiva. E l'idea animista di religioni naturali non è, per principio, resa nulla dal monopolio. Questi muri ci porteranno solo a un certo auto-imbroglio; ma i nostri sforzi morali non ne sono rafforzati. Piuttosto il contrario.
Ora che ho esposto apertamente le nostre differenze intellettuali, per me resta chiaro che siamo vicini l'uno all'altro nell'essenziale, cioè nella valutazione del comportamento umano. Ciò che ci separa è solo patina intellettuale o “razionalizzazione” in linguaggio freudiano.

Con i miei ringraziamenti e i miei saluti,
Suo,
Albert Einstein