sabato 26 agosto 2017

Ciumbia!


Se hai letto il mio post sai che ho lanciato un appello ai lettori per scoprire l'etimologia dell'esclamazione lombarda "ciumbia!" Purtroppo non solo non ho ricevuto risposte, ma è da ieri mattina che la cosa mi ossessiona. Ho cercato invano su tutta una serie di siti: niente. Poi ieri sera, a letto, mentre mi stavo quasi addormentando, mi è venuto in mente che l'origine di ciumbia dovevo forse cercarla in qualche altra lingua. La prima che mi è venuta in mente è il francese. Ma sai com'è, ero già sotto il lenzuolo e ho preferito dormirci sopra (non sopra il lenzuolo, sopra l'idea). Stamattina però mi sono dato da fare.
Siccome il suono della c di ciumbia in francese sarebbe scritto tch, ho guardato sul mio vocabolario Garzanti francese-italiano e ho visto che i lemmi che incominciano per tch vanno da "tchador" a "tchin-tchin". Niente che incominci per tchou.
Allora ho pensato allo spagnolo. Ho cercato su un vocabolario online e ho trovato "chumbera", che significa fico d'India. Solo parzialmente soddisfatto, ho proseguito le ricerche e sul sito della "Revista de Filología Española" ho trovato un articolo di tale José Vázquez Ruiz, intitolato "Etimología de chumbera y chumbo." L'inizio dell'articolo è deludente: "No stan de acuerdo los lexicólogos acerca de la etimogía de la voz chumbera" (che traduco per le capre con "I lessicologi non sono d'accordo sull'etimologia della voce chumbera") Se neanche i lexicólogos sono de acuerdo andiamo male, mi sono detto. E sono passato al portoghese, lingua nella quale "chumbo" significa piombo, dal latino "plumbum."
Si, vabbè, ma cosa c'entrano i portoghesi con la Lombardia? Niente. Gli spagnoli, quelli sì ce li abbiamo avuti sul groppone. A Milano in particolare, visto che dopo l'incoronazione di Carlo V da parte di papa Clemente VII, Milano è diventata spagnola. Lo sanno tutti, se non altro perché si ricordano dell'esortazione del cancelliere Ferrer al suo cocchiere, "Adelante, Pedro, cum juicio", nel capitolo XII dei Promessi sposi.
Allora sono tornato all'articolo di Vázquez Ruiz e ho letto che che la parola "chumbo" è "de origen incierto." Per essere precisi, non è Vázquez Ruiz che lo dice, ma nientepopodimeno che l'illustre "filólogo, lexicógrafo y etimólogo español" Joan Corominas, che come tutti sappiamo era non solo figlio del politico Pere Coromines e della pedagoga Celestina Vigneaux, ma anche fratello del matematico Ernest Corominas e della psicanalista Júlia Coromines, il che gli faceva una bella famiglia. (E qui apro una parentesi tonda per confessare che non ho la più pallida idea del perché in quella famiglia il padre e la figlia si chiamassero Coromines con la e, mentre i figli si chiamavano Corominas con la a. Ma non importa). È nel suo "Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico" pubblicato in 6 volumi tra il 1991 e il 1997 che Corominas se ne viene fuori col suo "origen incierto" della parola "chumbo."
Leggendo l'interessante articolo di Vázquez Ruiz ho scoperto che i botanici ritengono che il "Cactus opuntia", o fico d'India, sia arrivato dall'America, espandendosi prima nel sud della Spagna e dell'Italia, poi in tutta l'area mediterranea, in particolare in quei paesi, dalla Libia al Marocco, dove abitavano i berberi. Mentre da noi quel frutto incominciò ad essere chiamato fico d'India, anche se l'India non c'entrava niente, nei paesi berberi si chiamava fico dei cristiani, un po' come l'insalata russa, che in Russia si chiama insalata italiana. Secondo Vázquez Ruiz, l'appellativo "fico di Barberia" (usato ancora oggi in francese: "figue de Barbarie") "prueba sólo que [quel fico] se extendió por el Norte de Africa", cioè, per le solite capre, "prova solo che [quel fico] si estese a partire dall'Africa del Nord." Ma, ancora più interessante, Vázquez Ruiz ci informa che in Andalusia il fico d'India "lleva el nombre de higuera chumba=higuera bastarda", ovvero "porta il nome di higuera chuma=fico bastardo").
A questo punto tutto è diventato chiaro:
1) a Milano c'erano gli spagnoli e tra di loro c'erano degli andalusi;
2) in spagnolo fico si dice "higuera";
3) in luglio e agosto, quando uno spagnolo andava dal fruttivendolo chiedeva un chilo di higueras e andava tutto bene;
4) quando però, in settembre, mese nel quale si trovano sia fichi normali che fichi d'India, il fruttivendolo si chinava verso il cesto di fichi normali, l'acquirente andaluso esclamava "chumbas!" con tale veemenza che il vicino acquirente milanese si mise a credere che quella parola fosse un'esclamazione generica;
5) la sparizione della s finale e l'introduzione della i dopo la b, che trasformarono chumbas in ciumbia costituisce un processo di modificazione ben noto ai lessicologi;
6) forse all'inizio qualche milanese scoprì che "chumba" stava per bastarda, ma poi, vista l'ambiguità della parola fico, il popolino incolto immaginò che significasse fica (o figa) e l'adottò definitivamente come esclamazione (fica!), forse meno elegante di perdindirindina, ma altrettanto efficace
Ed è così che nacque ciumbia.
Vabbè, non è che sia proprio sicuro sicuro che le cose siano andate così, però ammetterai che la cosa è plausibile. E finché qualcuno non mi darà un'altra spiegazione io mi tengo questa.

venerdì 25 agosto 2017

Esclamazioni (e qualche insulto)


Mio padre, quando si stupiva, diceva "ciumbia!" Purtroppo non solo quella parola è molto meno usata oggi, ma non riesco nemmeno a trovarne un'etimologia credibile su internet.
Quindi lancio un appello al mondo del web: qualcuno sa da dove viene ciumbia?
"Cribbio!", quello lo so, è una variante di Cristo, un po' come in Toscana si dice Maremma (maiala) invece di Madonna. Così come so che il bolognese "socc'mel", talvolta trasformato in "soccia" costituisce un pacato, ancorché provocante, invito a una fellatio e che "urca!" non ha niente a che fare con l'orca (per Linneo "Orcinus orca"), ma con l'"hulk" germanico-olandese che significa nave (forse riprendendo l'esclamazione stupita di chi improvvisamente e inaspettatamente scorgeva un vascello all'orizzonte).
Ma "ostrega"? Perché i veneziani ce l'avevano con le ostriche? E perché "accidenti" è diventato "accipicchia"?
E poi c'è "mizzica" (o miezzeca), che pare derivi dal latino "mencla", forma volgare di "mentula", che è quella cosa che abbiamo noi maschietti e non hanno le nostre amichette. È ovvio che "mizzica" è cugina di "minchia", dalla quale derivano i meno volgari "michiata" e "minchione" (quest'ultimo presente anche nel "Giornalino di Gian Burrasca di Vamba, il che è tutto dire). Peraltro in Sicilia la "minchia di re" è un pesce, il "Coris julis", comunemente noto come donzella, che i napoletani chiamano schiettamente "Cazzo di re." Notiamo anche che un gioco di 97 carte, in passato popolare a Firenze, ma oggi in disuso, si chiamava "Le Minchiate."
"Sorbole" viene dal frutto del sorbo, la sorba, che è acido, tant'è che Dante lo oppone alla dolcezza del fico, scrivendo "ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi / si disconvien fruttare al dolce fico" (Inferno, XV, 65-65).
Facendo una piccola ricerca ho anche trovato che "mannaggia" viene da "mal n'aggia", ovvero male ne abbia, una specie di maledizione.
C'è poi la strana espressione "che togo!", presente non solo nel sassarese, ma anche in varie regioni italiane, che significa che bello, o che lusso, ma che non so se si riferisca al paese dell'Africa Occidentale stretto tra il Ghana e il Benin, all'ammiraglio giapponese Togo Heihachiro (1848-1934), o a che altro.
"Poffarbacco" è un'elaborazione di "perbacco" (per Bacco!), che, come "perdiana", se la prende con un dio della grecia antica evitando così di prendersela con Dio tout court. In poffarbacco troviamo il verbo "poffare", contrazione di può fare.
Sempre per evitare di dire "per Dio!" è nato "perdinci!", con le sue varianti perdina, perdicoli e perdindirindina, anche se sospetto che quest'ultimo lemma abbia un'etimologia un po' più complessa, della quale, ahimé, non ho trovato traccia.
Per tornare a mio padre, quando si arrabbiava per davvero usava un'espressione che non ho mai sentito altrove e della quale, benché fosse per me intrisa di mistero, non ho mai osato chiedergli l'origine: "La Taide putta!" Col tempo, ho finito per scoprire che Taide era la prostituta protagonista dell'Eunuchus, commedia di Terenzio, citata più tardi sia da Cicerone che da Dante e infine da Borges. Tanto per essere completi (e per aggiungere dettagli ancora più inutili a questo pedante sfoggio di inutilità), ecco qualche informazione supplementare su Taide: il soldato Trasone, che la amava come e quanto il giovane Fedria, le regalò una schiava di nome Panfila. Il fratello di Fedria, Chèrea si innamorò della schiava e si travestì da eunuco per incontrarla e fare porcherie con lei. Trasone, per motivi troppo lunghi da spiegare, avrebbe voluto riprendersi Panfila, ma quando venne fuori che lei era in realtà una cittadina ateniese, venne liberata e sposò Chèrea. A questo punto Taide si mise a convivere con Fedria e vissero tutti a lungo felici e contenti.
Ma si sa, quando ci si mette a cercare cose del genere si finisce sembre con l'imbattersi in Umberto Eco. Ho trovato il testo di una conferenza che il tuttologo milanese avrebbe dovuto tenere al Festival della Comunicazione di Camogli, ma che fu annullata causa pioggia. Il testo è però disponibile su internet e si conclude con una gustosa lista non di esclamazioni, ma di insulti, molti dei quali sempre meno usati. E con questa lista concludo anch'io:
pistola dell’ostrega, papaciugo, imbolsito, crapapelata, piffero, marocchino, pivellone, ciulandario, morlacco, badalucco, pischimpirola, tarabuso, balengu, piciu, cacasotto, malmostoso, lavativo, magnasapone, tonto, allocco, vaterclòs, caprone, magnavongole, zanzibar, bidone, ciocco, bartolomeo, mona, merlo, dibensò, spaccamerda, tapiro, belinone, tamarro, burino, lucco, lingera, bernardo, lasagnone, vincenzo, babbiassso e/o babbione, grand e gross ciula e baloss, saletabacchi, fregnone, lenza, scricchianespuli, cagone, giocondo, asinone, impiastro, ciarlatano, cecè, salame, testadirapa, farfallone, tanghero, cazzone, magnafregna, pulcinella, zozzone, scassapalle, mangiapaneatradimento, gonzo, bestione, buzzicone, cacacammisa, sfrappolato, puzzone, coatto, gandùla, pagnufli, cichinisio, brighella, tombino, pituano, pirla, pisquano, carampana, farlocco, flanellone, ambroeus, bigàtt, flippato, fricchettone, gabolista, gaglioffo, bietolone, gadano, fighetta, imbranato, balordo, piattola, impagliato, asparagio, babbuino, casinaro, bagolone, cucuzzaro, accattone, barabba, loffio, tappo, caporale, toni, macaco, baluba, pappone, pizipinturro, polentone, bonga, quaquaraquà, tarpàno, radeschi, peracottaro, ciculaté, mandruccone, paraculo, fanigottone, scamorza, scricio, mezzasega, rocchettée, pataccaro, pinguino, margniflone, mortodesonno, sbragone, mortadella, peracottaro, scorreggione, pappamolla, furfantello, scioccherello, stolto, sventato e biricchino.





domenica 20 agosto 2017

Incominciamo dall'inizio

La Via Lattea vista dal Grand Canyon

Allora, incominciamo dall'inizio.

All'inizio non c'era niente. O magari c'era qualcosa, anzi probabilmente c'era qualcosa, ma siccome nessuno ne sa niente diciamo pure che all'inizio non c'era niente. Poi c'è stata una roba tipo oscillazione quantistica e bang! Anzi, big bang. E circa 13,8 miliardi di anni fa è venuto fuori l'Universo, che si è messo a fare un sacco di cose rapidissime e caldissime. Poi si è dato una calmata.

Adesso c'erano delle polveri, che si sono messe a girare e a formare delle stelle e delle galassie e degli ammassi di galassie e dei super-ammassi di galassie. Di quelle cose lì l'Universo ne ha fatte un sacco, tant'è vero che oggi c'è chi dice che di galassie ce ne siano 200 miliardi e chi dice che ce ne siano 2.000. E comunque l'Universo continua a farne di nuove, mentre ne distrugge altre, facendole scontrare come macchinine del luna-park.

Comunque sia, dopo un po' più di 9 miliardi di anni di lavoro, l'Universo ha tirato fuori il Sole. E già che c'era ha tirato fuori anche i pianeti del Sistema Solare mettendo insieme delle polveri che passavano da quelle parti.

Sono passati altri 5 miliardi di anni e poi, sempre da quelle polveri, è venuta fuori la Terra, che però non funzionava molto bene. Per fortuna qualche centinaia di migliaia di anni dopo è arrivato un pianeta vagante che si chiamava Theia e che ha dato una tale botta alla Terra che non solo l'ha inclinata come si deve, ma le ha anche strappato via tanta di quella polvere e tante di quelle rocce che tutta quella roba lì ha finito per formare la Luna, il che è una bella cosa.

Sulla Terra c'erano vulcani dappertutto e a forza di sputare fuori cose varie che non aveva voglia di tenersi in pancia, la Terra si è ritrovata con intorno una bella atmosfera piena di vapore acqueo che, condensandosi, ha creato gli oceani. E così, circa 3,5 miliardi di anni fa, negli oceani è nata la vita terrestre. Dico terrestre perché mi stupirei molto se su nessun altro tra i miliardi di miliardi di pianeti che ci sono in giro non ci fossero altre vite non terrestri. Ma andiamo avanti.

Le prime forme di vita terrestri non erano un granché: degli sputacchini di batteri sottomarini che non erano cosa di cui vantarsi. Però, metti insieme due batteri oggi, mettine insieme quattro domani, prima sono nate le cellule e poi i pesci.

Intanto dall'acqua usciva un supercontinente che si chiamava Rodinia, anche se non c'era in giro nessuno per chiamarlo così, che però poi si divideva in piccoli continenti separati, che però separati non stavano bene e si sono riuniti di nuovo per formare prima la Pannotia e poi la Pangea. Ma, com'è come non è, la Pangea si è divisa di nuovo e 180 piccoli milioncini di anni fa ha finito per formare i nonni dei continenti di oggi.

Intanto, a forza di sputare fuori lapilli e magma, la maggior parte dei vulcani si sono calmati e la temperatura è scesa fino a trasformare tutta la Terra in una specie di palla di neve. Finché la palla di neve si è sciolta e un pesce, non si sa bene quale, ha dato un'occhiata fuori dall'acqua e ha visto che c'erano delle piante. Gli sono piaciute e lui ha deciso di vivere all'aria aperta e di imparare a respirare. Allora si è fabbricato dei polmoni. Poi ha chiamato vari amici e i pesci — non tutti, ce ne sono che non ne hanno voluto sapere di vivere in mezzo ai gerani e alle betulle — i pesci sono venuti fuori in massa e hanno incominciato a trasformarsi in animali piccolini e poi sempre più grossi. A forza di giocare a io sono più grosso di te sono nati i dinosauri.

È passato un altro sacco di tempo. I dinosauri se la spassavano e non avevano paura di niente, tutt'al più si ammazzavano e si mangiavano un po' tra di loro.

Ma a questo punto è successo il patatrac. Una sessantacinquina di milioni di anni fa, dalle parti dello Yucatan messicano — se vogliamo essere precisi, dalle parti del villaggio di Chicxulub — bang! Dal cielo è caduto un sasso. Dico un sasso perché rispetto al pianeta vagante che aveva colpito la Terra qualche miliardo di anni prima non era cosa: misurava tra 5 e 15 chilometri, roba da poco. Però quella roba da poco è arrivata a una tale velocità che ha comunque sollevato un gran polverone incandescente. Col tempo la polvere si è raffreddata e si è messa a girare intorno alla Terra fino a formare una nuvola omogenea e così densa che per vari anni i raggi del Sole non passavano più. Risultato: più del 90% delle specie animali e vegetali sono andate kaputt.

Tra i sopravvissuti però c'erano dei mammiferini di poco conto che, col passare dei secoli e dei millenni, si sono divertiti a diversificarsi fino a diventare un po' formichine e un po' mammut, con tutte le cose che ci sono in mezzo. Tutte, meno noi uomini, donne e deputati, che non esistevamo ancora.

In realtà è solo 4,5 milioni di anni fa, o poco più, che una scimmia dell'Africa orientale ha trovato che era più comodo camminare su due zampe invece che su quattro. Lei non lo sapeva, ma era un Australopithecus anamensis. Ma i suoi pro-pro-pro-ecc.nipoti si sono estinti in qualche centinaio di migliaia di anni, lasciando il posto a delle scimmie che magari non erano più carine, però erano più intelligenti.

Ormai l'avrai capito, è sempre un po' la stessa storia: gli australopitechi si sono trasformati, i loro discendenti si sono trasformati a loro volta, e via così fino a 2 o 300 mila anni fa, quando è venuto fuori l'Homo sapiens, che molto sapiens non era ancora, però lo era un po' di più dei suoi antenati.

Questo sapiens ci ha messo un po' prima di andare a curiosare fuori dall'Etiopia e dai paesi vicini, a occhio e croce tra 150 e 200.000 anni. Poi però, una volta partito non si è più fermato. 50.000 anni fa è arrivato in Australia e 40.000 anni fa in Europa. Il che è strano, visto che l'Australia è molto più lontana dall'Etiopia dell'Europa, ma si vede che al sapiens interessava andare verso est, forse per vedere dove sorgeva il sole.

Comunque sia, una volta arrivato in Europa si è trovato bene. Finché è arrivata una glaciazione. Faceva un freddo cane. Ghiaccio dappertutto. Lui allora è scappato verso il Medio Oriente e già che c'era ha fondato la civiltà. Poi però, quando i ghiacci si sono ritirati, tra 15 e 20.000 anni fa, è tornato indietro ed è andato a fare il bagno a Saint-Tropez, ma anche a Napoli e persino a Lisbona. Senza dimenticare il fatto che altri sapiens non ne avevano voluto sapere di andarsene dall'Africa e avevano finito col popolare tutto il loro continente.

Di uomini ormai ce n'erano un po' dappertutto, dall'Irlanda allo Sri Lanka, passando dall'Estonia e dalle steppe russe. Ed è proprio da quelle steppe che 5.000 anni fa sono sbucati gli Yamnaya, che erano molto alti. E infatti è a loro che dobbiamo di essere in media più alti dei sardi, visto che in Sardegna gli Yamnaya non ci sono mai andati — e non hanno mai saputo cosa si perdevano.

Ma ormai tutti se ne andavano in giro da una parte all'altra. Così, per esempio, pare che molti irlandesi discendano dagli iberi, mentre molti celti hanno antenati francesi, o belgi.

Ormai lo studio dei marcatori genetici dimostra ampiamente che in ognuno di noi c'è sangue che viene da varie parti del mondo. L'unica eccezione è quella degli aborigeni australiani che, avendo vissuto per decine di migliaia di anni da soli, hanno mantenuto una certa omogeneità genetica.

Tutto questo per dire che chi si ostina a parlare di "razze" umane è un imbecille. Esattamente come chi dice a questo o a quello di starsene a casa sua.

Come dici? No, io Salvini non l'ho nominato.