Robert Zimmermann
Avevo incominciato a buttar giù questo post la settimana scorsa, poi mi sono dimenticato di pubblicarlo. Lo faccio ora, ché tanto la stupidità è cosa sempre attuale.
Maureen Dowd è giornalista. Maureen Dowd ha pubblicato un articolo sul New York Times un paio di giorni fa, intitolato Blowin' in the Idiot Wind. Il titolo è un mix dei titoli di due canzoni di Bob Dylan, Blowin' in the Wind e Idiot wind. Il refrain di Idiot wind finisce con queste parole: You're an idiot, babe, / It's a wonder that you still know how to breath (sei un 'idiota, baby, è un miracolo che tu sappia ancora come si fa a respirare). Non so se la leggendaria preveggenza di Bob Dylan l'abbia portato a scrivere queste parole ben 37 anni fa in onore di Maureen Dowd — che allora lavorava per il Washington Star — ma avrebbe potuto.
Di cosa parla l'eccellente Maureen? Dei concerti del grande Bob in Cina in questi ultimi giorni. E cosa ci dice l'informata Maureen? Che Dylan ha accettato la censura imposta dal governo cinese rinunciando a cantare le sue “iconiche canzoni rivoluzionarie” come Blowin' in the Wind e The Times They Are a-Changin'.
Se la rossocapelluta Maureen si fosse presa la briga di informarsi un po' meglio prima di disinformarci e di suscitare commenti e altri articoli in una serie di altri quotidiani americani ed europei, magari anche Federico Rampini, corrispondente americano di Repubblica, ci avrebbe risparmiato le scemenze del breve video che pubblica sul sito del suo giornale (http://tv.repubblica.it/copertina/bob-dylan-sotto-accusa-per-i-concerti-in-cina/66038?video=&ref=HRESS-14).
Bob Dylan ha un sito ufficiale. Sul sito ci sono le date dei suoi concerti. Ogni data di concerto già avvenuto dà la possibilità di cliccare su Set List e di ottenere la lista delle canzoni cantate in quel
dato concerto. Una semplice verifica mostra che effettivamente Dylan non ha cantato Blowin' in the Wind e The Times They Are a-Changin' né a Pechino né a Shanghai. Senonché il sito ci propone un altro: Archive dates.
Io ho cliccato e ho dato un'occhiata. L'ultimo concerto del 2010 Dylan l'ha dato a Mashantucket, nel Connecticut e, oh sorpresa!, neanche lì ha cantato le due canzoni “iconiche”. E non le aveva cantate nemmeno il 21 agosto a Monterey, California, il 25 marzo a Tokyo, il 31 marzo 2009 a Hannover, il 16 agosto 2008 a Atlantic City, New Jersey e, oh scandalo!, neppure il 15 luglio 1994 a Vienna!
Perbacco! Chi avrebbe mai immaginato che la potenza dei censori cinesi avrebbe potuto andare dal Connecticut alla California e dal Giappone alla Germania? Maureen, mi sa che hai perso l'occasione di denunciare qualcosa di veramente scandaloso! Pensa: se l'avessi fatto magari ti avrebbero dato il Pulitzer e magari anche Federico Rampini ci avrebbe fatto su un bel commento...
Il bello con Bob Dylan è che non lo trovi mai dove te lo aspetteresti. Fin dall'inizio, una cinquantina d'anni fa, il “profeta della sua generazione” sembra essersi divertito a spiazzare tutti. Te lo aspettavi in stile folk e lui cantava con un gruppo rock al festival di Newport (1965) suscitando la collera di Pete Seeger, papa del folk americano, che annaspava cercando un'ascia con cui tagliare i cavi elettrici. Te lo aspettavi rock e lui pubblicava un LP intitolato Self Portrait nel quale cantava soprattutto canzoni non scritte da lui, tra le quali una versione di Blue Moon in perfetto stile crooner (roba da far schiattare d'invidia Dean Martin e Nat King Cole), una di The Boxer di Simon & Garfunkel e una di Early Morning Rain di Gordon Lightfoot. Per non parlare del duetto con Johnny Cash sull'LP Nashville Skyline, o della ripresa di Can't Help Falling in Love di Elvis Presley su un LP sobriamente intitolato Dylan.
È proprio questa una delle cose che ho sempre apprezzato in Dylan, questa sua eterna voglia di cambiare, di provare cose nuove, di non rimanere incastrato in uno di quei cassetti nei quali i critici amano mettere chiunque abbia un'attività pubblica. Oh, certo, Dylan negli anni ha anche messo in commercio qualche LP al limite dell'inascoltabile, come i due o tre in stile gospel. Ma non importa. Nessuno è mai riuscito ad appiccicargli un'etichetta sulla fronte. Ed è probabilmente questo che Maureen Dowd e tutti quelli che come lei si erigono a difensori di non so quale purezza musicoetica non sopportano.