Da
tre settimane sto scrivendo come un matto, anche sei o otto ore al
giorno. Erano alcuni anni che avevo in cantiere un libro, ma non
riuscivo a finirlo. Sapevo di averne scritto non più di un terzo, ma
non ce la facevo ad andare avanti. In settembre sono andato a fare
una piccola tournée negli Stati Uniti e in Canada con il mio
racconto sulla fisica. Mentre ero là ho letto l'autobiografia
dell'attore americano Alan Alda e la lettura di quel libro, combinata
con lo stato di eccitazione e di felicità nel quale quella piccola
tournée mi aveva messo, ha provocato un clic inatteso. E mi sono
rimesso a scrivere.
Da
anni ormai scrivevo solo al computer e mi ero convinto che quel modo
di scrivere fosse ottimale, anche più creativo della scrittura a
mano. Il fatto di poter correggere immediatamente il testo, di
poterne tagliare paragrafi interi e aggiungerne altri con qualche
clic sulla tastiera non mi sembrava solo un modo più rapido di
comporre un testo, mi dava anche l'impressione di una maggiore
libertà.
Poi
a New York mi sono comprato alcune matite, delle Palomino Blackwing e
delle Blackwing 602 (vedi il mio precedente post) e quando mi è
venuta voglia di mettermi a scrivere l'ho fatto a matita. In casa
avevo un quaderno cartonato con le pagine bianche, senza righe, che
mi era stato regalato alcuni anni fa quando avevo partecipato a un
festival a Rotterdam. L'ho preso e ho incominciato a scrivere. Che
l'abbia fatto a matita non importa. In realtà amo le penne
stilografiche. Ne possiedo tre: una Montblanc Classica che mi ero
comprato il giorno del mio primo divorzio, una Meisterstuck Le Grand
che mi è stata regalata dalla mia seconda ex-suocera e una Pelikan
M120N, esatta riproduzione di quella che avevo alle medie, trovata su internet un paio di anni fa. Nonostante abbia sempre amato
scrivere con una penna, ormai con quelle tre scrivevo solo le
lista della spesa e qualche rarissima lettera.
La
Palomino mi ha attirato per il mito che la circonda. È
la matita con la quale Steinbeck e Kerouac hanno scritto i loro
romanzi e Bernstein e Quincy Jones le loro musiche. Così ho voluto
provarla. Mi sono subito reso conto che preferivo la 602 a quella
senza numero, che è troppo morbida. In tre settimane ne ho già
consumate tre.
Ma
la cosa che mi ha davvero sorpreso è come la scrittura cambi
scrivendo a mano. Sarà
perché al computer scrivo con due dita, usandone un paio d'altre
solo per inserire degli
spazi e andare a capo, ma fin dai primi giorni ho avuto l'impressione
di scrivere più rapidamente. Il che ovviamente non è vero. Ciò che
succede in realtà è che scrivendo a mano ti passano per la testa
più cose ed è quell'affollarsi di pensieri che ti dà l'impressione
di una maggiore velocità.
Come
indicato in uno studio di Pam. A. Mueller, docente di psicologia
sociale a Princeton, e Daniel M. Oppenheimer, suo collega dell'UCLA
(University of California, Los Angeles) (The Pen is Mightier Than the Keyboard: Advantages of Longhand Over Laptop Note Taking) scrivere a mano fa entrare
in gioco funzioni del cervello che restano assopite scrivendo su una
tastiera. Osservando due gruppi di studenti che prendevano note
durante gli stessi corsi universitari, i due studiosi hanno notato
che quelli che scrivevano a mano imparavano di più e meglio degli
altri, anche se in realtà scrivevano un numero inferiore di parole.
O piuttosto proprio
perché
scrivevano meno parole. Mentre quelli che scrivevano su un computer
riuscivano a scrivere verbatim, il processo di scrittura manuale
permetteva — o obbligava — gli altri a elaborare delle sintesi
che non lasciavano spazio alle cose superflue. In altre parole,
mentre i primi si limitavano a trascrivere meccanicamente ciò che
ascoltavano, i secondi mettevano in atto un processo creativo di
sintesi che era già di per sé parte integrante
dell'apprendimento.
Ritrovare
uno strumento di scrittura manuale per comporre un testo coerente
invece di una semplice lista della spesa è stata una sorpresa che mi
ha permesso anche di riscoprire un secondo processo creativo, che
entra in gioco quando ricopio il testo al computer. In quei momenti,
quando rileggo e imparo a memoria, anche se solo per i pochi istanti
della trascrizione, una frase intera, mi rendo conto di tutta una
serie di errori e imprecisioni che mi sfuggono quando scrivo
direttamente al computer.
Lo
studio di Mueller e Oppenheimer sostiene
anche che più grande è il processo di codificazione del
l'informazione, maggiori sono i benefici per l'apprendimento. Nella
mia breve esperienza trisettimanale ho notato che scrivere a mano e
poi trascrivere al computer mi porta a produrre frasi più chiare e
più armoniose. Non so quanto questo dipenda dal fatto di scrivere a
mano e quanto dalla trascrizione al computer, credo un po' da
entrambe le cose. Il risultato mi sembra comunque più soddisfacente
di quello ottenuto muovendo le dita su una tastiera.
Ormai
nella maggior parte delle scuole elementari degli Stati Uniti
imparare a scrivere a mano in lettere minuscole non è nemmeno più
obbligatorio e molti americani sanno scrivere solo in stampatello. Il
che è una cosa molto diversa perché non permette di vedere le
parole come blocchi aventi ognuno un senso compiuto, ma come semplici
sequenze di lettere, un po' come quando scrivi al computer.
Se
trovi tutto questo un po' passatista e nostalgico posso dirti solo
una cosa: la prossima volta che avrai qualche pagina da scrivere
prova a farlo a mano e vedrai la differenza. Poi magari fammi sapere.