mercoledì 6 febbraio 2013

Dell'estero

L'estero

Ho sempre detestato la parola “estero”. Me la ricordo come una litania nella mia infanzia e adolescenza: “all'estero non è così”, “si sta meglio all'estero”, “all'estero lo sanno”. Come se noi italiani fossimo sempre stati un angolo di ignoranza e sottosviluppo in un mondo ben più colto, intelligente, raffinato e “moderno” (altra parola che detesto).
Questa mattina è un articolo sulla prima pagina di Repubblica che mi ha irritato. L'articolo incomincia così:
Non è vero che il mondo è piccolo, non sempre. Non per i gay. Negli stessi giorni, nello stesso mondo, accadono cose opposte e lontanissime. E stanno accadendo tutte insieme. Tranne che in Italia, dove pure è in corso una campagna elettorale dove di tanto si parla, e si sparla, meno che di diritti civili, messi ai margini del dibattito per evitare, specie a sinistra, crepe nelle coalizioni”.
Ma è proprio vero che nel mondo stanno “accadendo tutte insieme” cose tanto meravigliose?
Ho cliccato world gay rights, mi si è aperta una pagina Wikipedia intitolata LGTB rights by country or territory, e ho fatto qualche conto.
La pagina prende in considerazione 239 paesi o territori, intendendo per territori posti come l'Isola di Ascensione (britannica), le Samoa Americane (statunitensi) , o Saint-Pierre e Miquelon (francese), che, pur dipendendo da un paese lontano dispongono di una serie di leggi puramente locali.
Ora, su questi 239 paesi o territori, ce ne sono 80 nei quali ogni forma di omosessualità è semplicemente illegale e 189 che non accordano alcun diritto alle coppie omosessuali.
Limitandoci all'Europa, su 52 paesi o territori (come l'Isola di Man, la Groenlandia, o Gibilterra), mentre solo Cipro Nord considera illegale l'omosessualità maschile (non la femminile), 32 non accordano alcun diritto alle coppie omosessuali.
Quindi, visto che su 239 paesi o territori del mondo solo 50 riconoscono dei diritti alle coppie omosessuali, mi spieghi dove stiano “accadendo tutte insieme” quel popò di cose di cui il giornalista di Repubblica ci parla?
La realtà, ahimé (e sottolineo ahimé) è ben diversa: In Uganda si parla di pena di morte per gli omosessuali; in Russia è appena stata passata una legge ancora più restrittiva delle precedenti; nel Sudan, in Mauritania, in Nigeria, in Somalia, in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, nello Yemen e in Iran la pena di morte è tuttora in vigore.
Non mi fraintendere: questo post non parla di omosessualità. Parla di quell'insopportabile provincialismo che tanto spesso ci porta a pensare che “all'estero” si stia meglio che da noi.
Quel provincialismo altro non è che una forma d'infantilismo, quel modo di pensare del bambino piccolo che vede sé stesso da una parte e il resto del mondo dall'altra, come due cose diverse, anzi come le sole due cose che esistano al mondo. È quel vittimismo così prettamente italiano che ci spinge a credere che altrove si stia meglio e che è una delle due facce di quella medaglia la cui altra faccia è il vizio francese o statunitense di pensare che altrove si stia peggio.
Fino a quando non accetteremo di essere unum inter pares, di avere altrettanti pregi e difetti di qualsiasi altro popolo del mondo, e magari di avere più pregi di qualche altro popolo e di averne meno di qualche altro, continueremo a starcene qui a piagnucolare sulla nostra sorte come bambini capricciosi e viziati, incapaci di diventare adulti. Ed è così che continueremo a permettere l'eterna clonazione di una classe politica che continuerà a far appello ai nostri istinti più che ai nostri ragionamenti, trattandoci per quel che siamo: degli irriducibili provinciali incapaci di guardare al di là del nostro ombelico senza lasciarci sopraffare da sentimenti d'inferiorità.