Miles Davis
Siccome mi piacciono le liste ho
incominciato a stendere quella dei cantanti e musicisti che ho
sentito dal vivo nella mia vita.
Almeno quelli di cui mi ricordavo.
Almeno quelli di cui mi ricordavo e che
valevano la pena di essere inseriti nella lista. E sono arrivato a
poco più di cento nomi.
Poi mi sono accorto che molti erano
morti. Molti. E ho fatto una seconda lista, la LMMSV, Lista dei
Musicisti Morti che ho Sentito dal Vivo, che per una lista è un bel titolo.
Il primo nome
(ovviamente li avevo messi in ordine alfabetico) mi ha spiazzato:
Joséphine Baker. Ma davvero conoscevo uno che aveva visto Joséphine
Baker cantare dal vivo e quel qualcuno ero io? Ho avuto un po' la
stessa sensazione del giorno in cui incontrai qualcuno che aveva
conosciuto personalmente Cézanne. Ovviamente quel qualcuno era più
anzianotto di me e l'incontro avvenne una quarantina d'anni fa.
Però...
Si chiamava
Monsieur Ripert. Aveva più di novant'anni e, anche se non c'entra
niente, era il padre della suocera di Cacharel. Da bambino, a
Aix-en-Provence, disegnava bene e voleva imparare a disegnare meglio.
"C'è uno un po' strano che va in giro per la campagna a
dipingere", gli avevano detto. Lui era andato a trovarlo e
Cézanne lo aveva accettato come portatore di pennelli e colori "a
condizione che stesse zitto". Era stato zitto.
Josephine Baker
l'ho vista in scena al Teatro Lirico di Milano alla fine degli anni
'60. Aveva più o meno la mia età adesso, il che ai miei occhi di
allora ne faceva una vecchia. Si è presentata con un vestito di lamé
attillatissimo, di quelli da diva hollywoodiana. Verso la fine del
concerto ha fatto un numero straordinario, che ho poi sempre considerato come una grande lezione di teatro. Io ero in
quinta, perché conoscevo bene il direttore di scena. Finita una
canzone e presi gli applausi, lei si è girata dalla mia parte, ha
arcuato il corpo in una posa estremamente sensuale, ha alzato la mano
destra all'altezza degli occhi, come per ripararsi dalla luce, mentre
con la sinistra teneva il microfono, e ha cantato una canzone di
Sergio Endrigo, in italiano, senza il minimo movimento. La cosa
straordinaria è che, mentre dalla sala il pubblico vedeva quel corpo
dall'apparenza ancora perfetta tutto teso in una posa da svenimento, io avevo
di fianco a me un macchinista che teneva verticalmente una cantinella
in cima alla quale c'era un cartello con tutto il testo della canzone
scritto a grossi caratteri, che lei leggeva. Meravigliosa.
Cinque altri ormai
morti li ho visti al festival dell'isola di Wight nel '70:
Richie Havens
Alvin Lee (dei Ten
Years After)
Keith Moon (degli
Who)
Jim Morrison (dei
Doors)
Miles Davis.
A proposito di
Miles Davis, quando qualche anno fa ho raccontato al pianista jazz Stefano Onorati
che ero presente al concerto di Miles all'isola di Wight, lui mi ha detto "Posso
toccarti? Voglio poter dire che ho toccato uno che c'era". Gli ho teso l'avambraccio.
Un altro nome che
spicca nella mia lista è quello di Ivan Graziani. Erano i primi anni
'60, ero in piena adolescenza. In una piazza di Bellaria, dove
passavo le vacanze in famiglia, c'erano due grossi caffè, uno di
fronte all'altro: fuori dal primo, dopo cena cantava Gianni Morandi,
ancora sconosciuto e che passava ore a giocare a flipper alla sala giochi. L'altro caffè, la Gelateria Nuovo Fiore,
ospitava invece, sempre all'aperto, il caffè concerto di fine
pomeriggio. Per un paio d'anni il gruppo musicale fu un trio,
l'Anonima Sound, capeggiata appunto da Ivan Graziani. Facevano una
musica "strana", elaborata, non tanto strana da non essere
fruibile da tutti, ma certo non piattamente commerciale.
Prima
suonavano per un po', poi chiedevano se tra il pubblico c'era
qualcuno che volesse cantare. Era una specie di karaoke ante
litteram, al quale sia io che
mia sorella partecipavamo volentieri (lei vinse anche un concorso).
Quindi posso dire di avere cantato accompagnato da Ivan Graziani.
Il che
mi fa venire in mente che posso anche dire di avere cantato sotto la
direzione di Luigi Nono. Era passato qualche anno, ero alla scuola
del Piccolo Teatro. Un giorno ci fu chiesto se ci interessava andare
a lavorare un po' con Nono, che stava preparando quello che sarebbe
poi diventato uno dei suoi lavori più noti, Non consumiamo
Marx. Passai una settimana negli
studi RAI di Corso Sempione, a Milano, con sei o sette dei miei
compagni di corso, a improvvisare vocalizzi a partire da slogan del
Maggio '68 francese.
Aggiungo, per
dovere di cronaca (ahahahahah) che una volta ho anche cantato
accompagnato da Ludovico Einaudi, ma siccome quello che lui fa oggi è
interessante quanto un porro cotto nell'acqua senza sale non andrò
oltre.
Ho
visto anche Ray Charles, a Vancouver, nel '75, in un ristorante con
palco per l'orchestra. Camminando per strada con la mia prima moglie
avevo notato un piccolo manifesto in una vetrina ed ero subito andato
a informarmi. Per caso ero capitato nel locale proprio nel momento in
cui il padrone stava uscendo. Gli avevo chiesto il prezzo d'ingresso,
ma l'ingresso senza cena non era previsto e la cena costava un
caccazilione. Forse impietosito dalla mia aria misera, il padrone
aveva accettato di darci un tavolo in cambio del prezzo di una sola
consumazione alcolica. Quella sera, mentre ascoltavo the
genius tra i rumori di coltelli, forchette, piatti, bicchieri e masticazioni varie, ho capito quanto i jazzisti americani, vere star in
Europa, siano spesso considerati semplici entertainers
in Nord-America.
Altri grandi
jazzisti morti che ho sentito sono:
Count Basie
Dave Brubeck
Ella Fitzgerald
Dizzy Gillespie
Lionel Hampton
Coleman Hawkins
Gerry Mulligan
Oscar Peterson
Max Roach.
C'è di peggio.
Anche qualche
cantantucolo ora defunto l'ho sentito:
Barbara
Léo Ferré
Bob Hite (dei
Canned Heat)
Nina Simone.
Se poi a questi
nomi aggiungo Ravi Shankar e Frank Zappa, due splendidi fuori
categoria, posso dire di aver assistito, anche limitandomi ai sotterrati,
a qualche bel concerto in vita mia.
Ma davvero dovrei
rinunciare a far sbavare qualche amico limitandomi ai concerti dei
defunti? Via, non siamo meschini e finiamo con una lista
approssimativa e che mescola tutti i generi dei concerti più
memorabili ai quali ho assistito, anche se chi suonava e/o cantava
continua tuttora a passeggiare in questa valle di lacrime:
Joan Baez
Vladimir Ashkenazy
Stefano Bollani
Chico Buarque
Hariprasad
Chaurasia
Leonard Cohen
Ornette Coleman
Paolo Conte
Chick Corea
i Dik Dik
Bob Dylan
Paolo Fresu
Bill Frisell
Jan Garbarek
Gilberto Gil
Juliette Gréco
Trilok Gurtu
Dave Holland
John Lee Hooker
Ahmad Jamal
Keith Jarret
Pandit Jasraj
i Jethro Tull
Elton John (chissa
perché...)
Pat Metheny
Shiv Kumar Sharma
John McLaughlin
Jacques Morelenbaum
i Moody Blues
Maria João Pires
Maurizio Pollini
i Primitives (!)
i Procol Harum
Joshua Redman
i Rokes (!!)
Omar Sosa
Nanni Svampa
Ralph Towner
Rokia Traoré
Gaetano Veloso
Muddy Waters
Tony Joe White
Big Joe Williams.
Quanto son belle le liste!