venerdì 12 settembre 2014

Morti che ho sentito

Miles Davis
Siccome mi piacciono le liste ho incominciato a stendere quella dei cantanti e musicisti che ho sentito dal vivo nella mia vita.
Almeno quelli di cui mi ricordavo.
Almeno quelli di cui mi ricordavo e che valevano la pena di essere inseriti nella lista. E sono arrivato a poco più di cento nomi.
Poi mi sono accorto che molti erano morti. Molti. E ho fatto una seconda lista, la LMMSV, Lista dei Musicisti Morti che ho Sentito dal Vivo, che per una lista è un bel titolo.
Il primo nome (ovviamente li avevo messi in ordine alfabetico) mi ha spiazzato: Joséphine Baker. Ma davvero conoscevo uno che aveva visto Joséphine Baker cantare dal vivo e quel qualcuno ero io? Ho avuto un po' la stessa sensazione del giorno in cui incontrai qualcuno che aveva conosciuto personalmente Cézanne. Ovviamente quel qualcuno era più anzianotto di me e l'incontro avvenne una quarantina d'anni fa. Però...
Si chiamava Monsieur Ripert. Aveva più di novant'anni e, anche se non c'entra niente, era il padre della suocera di Cacharel. Da bambino, a Aix-en-Provence, disegnava bene e voleva imparare a disegnare meglio. "C'è uno un po' strano che va in giro per la campagna a dipingere", gli avevano detto. Lui era andato a trovarlo e Cézanne lo aveva accettato come portatore di pennelli e colori "a condizione che stesse zitto". Era stato zitto.
Josephine Baker l'ho vista in scena al Teatro Lirico di Milano alla fine degli anni '60. Aveva più o meno la mia età adesso, il che ai miei occhi di allora ne faceva una vecchia. Si è presentata con un vestito di lamé attillatissimo, di quelli da diva hollywoodiana. Verso la fine del concerto ha fatto un numero straordinario, che ho poi sempre considerato come una grande lezione di teatro. Io ero in quinta, perché conoscevo bene il direttore di scena. Finita una canzone e presi gli applausi, lei si è girata dalla mia parte, ha arcuato il corpo in una posa estremamente sensuale, ha alzato la mano destra all'altezza degli occhi, come per ripararsi dalla luce, mentre con la sinistra teneva il microfono, e ha cantato una canzone di Sergio Endrigo, in italiano, senza il minimo movimento. La cosa straordinaria è che, mentre dalla sala il pubblico vedeva quel corpo dall'apparenza ancora perfetta tutto teso in una posa da svenimento, io avevo di fianco a me un macchinista che teneva verticalmente una cantinella in cima alla quale c'era un cartello con tutto il testo della canzone scritto a grossi caratteri, che lei leggeva. Meravigliosa.

Cinque altri ormai morti li ho visti al festival dell'isola di Wight nel '70:
Richie Havens
Alvin Lee (dei Ten Years After)
Keith Moon (degli Who)
Jim Morrison (dei Doors)
Miles Davis.

A proposito di Miles Davis, quando qualche anno fa ho raccontato al pianista jazz Stefano Onorati che ero presente al concerto di Miles all'isola di Wight, lui mi ha detto "Posso toccarti? Voglio poter dire che ho toccato uno che c'era". Gli ho teso l'avambraccio.

Un altro nome che spicca nella mia lista è quello di Ivan Graziani. Erano i primi anni '60, ero in piena adolescenza. In una piazza di Bellaria, dove passavo le vacanze in famiglia, c'erano due grossi caffè, uno di fronte all'altro: fuori dal primo, dopo cena cantava Gianni Morandi, ancora sconosciuto e che passava ore a giocare a flipper alla sala giochi. L'altro caffè, la Gelateria Nuovo Fiore, ospitava invece, sempre all'aperto, il caffè concerto di fine pomeriggio. Per un paio d'anni il gruppo musicale fu un trio, l'Anonima Sound, capeggiata appunto da Ivan Graziani. Facevano una musica "strana", elaborata, non tanto strana da non essere fruibile da tutti, ma certo non piattamente commerciale.
Prima suonavano per un po', poi chiedevano se tra il pubblico c'era qualcuno che volesse cantare. Era una specie di karaoke ante litteram, al quale sia io che mia sorella partecipavamo volentieri (lei vinse anche un concorso). Quindi posso dire di avere cantato accompagnato da Ivan Graziani.

Il che mi fa venire in mente che posso anche dire di avere cantato sotto la direzione di Luigi Nono. Era passato qualche anno, ero alla scuola del Piccolo Teatro. Un giorno ci fu chiesto se ci interessava andare a lavorare un po' con Nono, che stava preparando quello che sarebbe poi diventato uno dei suoi lavori più noti, Non consumiamo Marx. Passai una settimana negli studi RAI di Corso Sempione, a Milano, con sei o sette dei miei compagni di corso, a improvvisare vocalizzi a partire da slogan del Maggio '68 francese.

Aggiungo, per dovere di cronaca (ahahahahah) che una volta ho anche cantato accompagnato da Ludovico Einaudi, ma siccome quello che lui fa oggi è interessante quanto un porro cotto nell'acqua senza sale non andrò oltre.

Ho visto anche Ray Charles, a Vancouver, nel '75, in un ristorante con palco per l'orchestra. Camminando per strada con la mia prima moglie avevo notato un piccolo manifesto in una vetrina ed ero subito andato a informarmi. Per caso ero capitato nel locale proprio nel momento in cui il padrone stava uscendo. Gli avevo chiesto il prezzo d'ingresso, ma l'ingresso senza cena non era previsto e la cena costava un caccazilione. Forse impietosito dalla mia aria misera, il padrone aveva accettato di darci un tavolo in cambio del prezzo di una sola consumazione alcolica. Quella sera, mentre ascoltavo the genius tra i rumori di coltelli, forchette, piatti, bicchieri e masticazioni varie, ho capito quanto i jazzisti americani, vere star in Europa, siano spesso considerati semplici entertainers in Nord-America.

Altri grandi jazzisti morti che ho sentito sono:
Count Basie
Dave Brubeck
Ella Fitzgerald
Dizzy Gillespie
Lionel Hampton
Coleman Hawkins
Gerry Mulligan
Oscar Peterson
Max Roach.

C'è di peggio.

Anche qualche cantantucolo ora defunto l'ho sentito:
Barbara
Léo Ferré
Bob Hite (dei Canned Heat)
Nina Simone.

Se poi a questi nomi aggiungo Ravi Shankar e Frank Zappa, due splendidi fuori categoria, posso dire di aver assistito, anche limitandomi ai sotterrati, a qualche bel concerto in vita mia.

Ma davvero dovrei rinunciare a far sbavare qualche amico limitandomi ai concerti dei defunti? Via, non siamo meschini e finiamo con una lista approssimativa e che mescola tutti i generi dei concerti più memorabili ai quali ho assistito, anche se chi suonava e/o cantava continua tuttora a passeggiare in questa valle di lacrime:
Joan Baez
Vladimir Ashkenazy
Stefano Bollani
Chico Buarque
Hariprasad Chaurasia
Leonard Cohen
Ornette Coleman
Paolo Conte
Chick Corea
i Dik Dik
Bob Dylan
Paolo Fresu
Bill Frisell
Jan Garbarek
Gilberto Gil
Juliette Gréco
Trilok Gurtu
Dave Holland
John Lee Hooker
Ahmad Jamal
Keith Jarret
Pandit Jasraj
i Jethro Tull
Elton John (chissa perché...)
Pat Metheny
Shiv Kumar Sharma
John McLaughlin
Jacques Morelenbaum
i Moody Blues
Maria João Pires
Maurizio Pollini
i Primitives (!)
i Procol Harum
Joshua Redman
i Rokes (!!)
Omar Sosa
Nanni Svampa
Ralph Towner
Rokia Traoré
Gaetano Veloso
Muddy Waters
Tony Joe White
Big Joe Williams.

Quanto son belle le liste!