Ubu e io, anni '80
Ritrovo
in mezzo a scartoffie dimenticate un foglio di carta con su scritte a
matita le date della mia prima tournée teatrale extraeuropea. Correva
l'anno 1986.
20/10
– Surabaya
22/10
– Balikpapan (Borneo)
24/10
– Giacarta
28/10
– Bangkok
31/10
/ 2/11 – Saigon (x3)
8/11
– Kuala Lumpur
12/11
– Singapore
17/11
– Rangoon
Avevamo
preso un aereo da Parigi a Copenhagen e da lì a Giacarta, dove
eravamo rimasti due o tre giorni visitando templi e musei. Poi altro
aereo per Surabaya (sì, quella del Surabaya Johnny
di Brecht/Weill). Il mio
primo giro in rickshaw, la mia prima pagoda, la mia prima moschea.
Nessun ricordo dello spettacolo.
L'indomani,
piccolo bimotore verso l'isola del Borneo, con atterraggio su una
pista in terra battuta. Montaggio e spettacolo con un'umidità e una
temperatura pazzesche, 1° a sud dell'equatore. Dormiamo
in tre nella lussuosa Country House del
villaggio Elf (o forse Total) e ognuno di noi ha un cameriere a sua
disposizione esclusiva. Siesta in amaca, con whisky & soda al
risveglio. Cena francese con il capo dell'Elf (o Total) e un ottimo camembert, che mangiato al Borneo fa molto strano, ma non importa. Altro giorno libero,
gita in barca a motore lungo un fiume che si infila nella giungla.
Alberi pieni di scimmie e di orchidee parassite,
coloratissime (le orchidee, non le scimmie). Ogni tanto una
capanna, con bambini seminudi
che salutano con la mano, tipo Regina Elisabetta. Commetto l'errore di restare forse un'ora a testa nuda e la mia pelata si trasforma in una specie di carta geografica di un arcipelago di isole rosse che diventereanno marroni già dall'indomani.
Di nuovo a Giacarta. Altri
due giorni liberi.
Altro spettacolo in una sala senza aria condizionata, da morire.
Altro giorno libero,
musei, mercati, poi
via verso Bangkok.
Anche
qui due giorni liberi.
Pagode, templi, mercato sull'acqua, aperitivo all'hotel Oriental,
dove le suite hanno nomi di
scrittori che ci hanno abitato (Conrad, Hugo, Greene, Kipling, ecc.). Inquinamento,
rumore, folla, ogni genere e tipo di prodotti taroccati. Mi compro una
camicia e il venditore mi chiede che nome di marca deve cucire nel
colletto, oppure sul taschino. Grazie, va bene anche senza.
1l
29, aereo per Saigon, o Ho-Chi-Minh, come preferisci, per un'intera
settimana. Incredibile balletto di decine, forse centinaia di
migliaia di biciclette (rimpiazzate qualche anno dopo da motorini cinesi), poche macchine,
foto di Juliette Gréco sul muro del ristorante dell'albergo, polizia
dappertutto, rickshaw, venditori ambulanti, bonzi, mercati
affollatissimi, angoscia di vecchio militante contro la guerra in Vietnam. Gita organizzata al mare di Vung Tau,
ragazzi che cercano di parlarci ma che vengono subito allontanati dai
nostri “accompagnatori” (in realtà commissari politici),
gigantesca sbronza di vodka. Incomincio
a chiedermi se sono un marionettista o una rock-star. In aeroporto facciamo il check-in al banco dell'Air France, poi andiamo a sederci in sala d'aspetto. Arriva uno dell'Air France, ci chiede i biglietti, c'è un problema?, non si preoccupi, torno subito, e complimenti per lo spettacolo di ieri sera. Torna, ci ridà i biglietti. Al momento dell'imbarco verifico, scopro che i biglietti sono cambiati, viaggeremo in prima classe. Urca. E merci, Air France.
Kuala
Lumpur, Malesia. Grattacieli in costruzione dappertutto,
spettacolo e poi cena con il Viceré (manco
sapevo che avessero un re, in Malesia). Malesi, cinesi, indiani, incroci, meticciamenti, le donne più belle del mondo, torcicollo assicurato. Lunga serata, da night-club
a night-club con la limousine del Principe Abdul, accolti ovunque
come VIP. Donne sempre più belle, Abdul che mi dice "Massimo, sèrviti pure...", ma non ce la faccio proprio a farmi pagare una ragazza da un principe malese. Regent
Hotel,
con il letto più largo in cui abbia mai dormito. Risveglio, doccia,
poi giù in accappatoio fino alla piscina del decimo piano, qualche
tuffo, prima colazione ai bordi della piscina, per
l'uovo alla coque quattro minuti, grazie.
Visita al museo del durian, che è il frutto più puzzolente del
mondo — tipo formaggio iperstagionato in barili di ammoniaca, ma peggio —, però i malesi lo adorano.
Tre
o quattro giorni a Singapore, città-Stato pulitissima e ubuesca.
Severamente vietato attraversare fuori dalle striscie, vietato far
cadere cenere di sigaretta sul marciapiede, vietato tutto, anche se
poi il tassista ti offre prostitute o, se preferisci, bambini. Altro
hotel di superlusso, con giardino incredibile. Questa non è più una
tournée teatrale, è un viaggio da milionari interamente pagato coi
soldi dei contribuenti francesi. Infatti non mi
ricordo nemmeno
dello
spettacolo.
Negozi
e negozi e negozi di elettronica duty-free, mi compro un walkman e una cassetta del quartetto La Morte e la fanciulla di Schubert. Singapore è così deprimente che la sera, al ristorante dell'hotel,
ordino una bottiglia di Borgogna (Gevrey-Chambertin, se non sbaglio),
anche se mi costa un monte e mezzo. Fanculo.
Ultima tappa, una settimana a Rangoon, Birmania.
L'aereo per arrivarci è piccolo e siccome noi —
io,
il
mio assistente Daniel
e altre due compagnie di teatro di figura —
abbiamo in tutto 18 o 19 casse con dentro il nostro materiale, all'ultimo
momento gli operai della compagnia aerea birmana smontano una dozzina di sedili e
caricano le casse in cabina. Per i dodici viaggiatori messi a terra
che problema c'è? Nessuno: partiranno con il prossimo aereo, tra una
settimana. Mi
vergogno come un cane.
Altro
spettacolo con temperatura e umidità disumane. Intervista mattutina
nei locali del Daily
Worker,
quotidiano inglese situato all'interno del palazzo del Ministero
degli Interni, così
è più comodo da sorvegliare.
Lussuosissimo pranzo nel migliore ristorante della città in
compagnia del fottutissimo Ministro della Cultura. Impossibile
e semplicemente vietato uscire dall'hotel senza scorta. È per il
nostro bene, ci dicono, è
pericoloso andare in giro da soli.
Visita della grande pagoda di Shwedagon (meraviglia!), accompagati
da soldati che non esitano a colpire con il manico del fucile
chiunque cerchi di avvicinarsi. Ultimo giorno, dobbiamo partire per
l'aeroporto alle 11 del mattino, riesco a sgattaiolare fuori poco
dopo le 5, me ne vado in giro da solo per la città, torno alla
grande pagoda, compro una statuetta di legno di sandalo, torno in
albergo verso le 10, ci sono poliziotti e militari nel panico, mi
cercano da ore, ma, signori miei, sono un invitato ufficiale, non
potete
farmi niente, andate a farvi fottere.
Aereo
per Singapore, poi da lì a Bangkok. Sei ore di attesa. Da Bangkok a
Parigi, da Parigi a Roma, da Roma a Palermo con due ore di ritardo,
in
tutto 22
ore di viaggio. Ma non ci posso fare niente: domani ho uno spettacolo
nel teatrino di Mimmo Cuticchio.
Bei
tempi.