Una cosa qualunque
Molti
anni fa mi svegliai da un pisolino schiacciato in treno con una
parola in testa. Di primo acchito non seppi se quella parola l'avessi
inventata, o se il mio cervello, avendola sentita chissà dove e
chissà quando, avesse poi deciso di metterla in uno di quei suoi
ordinatissimi cassetti dal quale il mio pisolino ferroviario l'aveva, per qulche oscuro motivo della psiche, tirata fuori. Ebbi così
paura di dimenticarla che me la scrissi subito su un fogliettino
trovato in tasca, forse sullo stesso biglietto del treno, e dovetti
poi aspettare di arrivare a casa per sapere se la parola esistesse
oppure no.
Esisteva.
La parola era perequazione.
Stamattina
mi sono svegliato verso le 6 con un'altra parola in testa e questa
volta non ho avuto bisogno di scomodare i discendenti del Senatore Treccani per
sapere che quella parola non esiste.
Anche
se è un peccato che non esista, perchè dice qualcosa che
nessun'altra parola dice. La parola è cosità.
Che
cos'è la cosità di qualcosa? Mi pare ovvio: la cosità di una cosa
è l'insieme degli elementi materiali che fanno di una data cosa la
cosa che è, ad esclusione di tutti gli elementi immateriali,
affettivi, culturali, ecc. Lo stesso vale per le cose animate, dal
batterio in su, che appartenengano al regno vegetale, come una foglia
di rosmarino o una sequoia californiana, oppure al regno animale,
come un moscerino o un'olgettina.
Lo
so, la nozione di cosità può apparirti strana, ma pensaci un
istante. Anzi, no: guardati attorno e scegli un oggetto qualsiasi.
Adesso guardalo pensando a cosa mai potrebbe essere la sua cosità.
L'hai
fatto? Allora sono sicuro che hai perfettamente capito. È così
evidente!
Adesso
guardati la mano. Una qualsiasi, destra o sinistra, non importa.
L'importante è che tu tenga in mente l'idea di cosità.
Non
è lampante?
Benvenuto
nel mondo della cositologìa,
scienza così indispensabile che era ora che qualcuno la inventasse.
Fatto
questo, non mi sono però fermato. Come avrei potuto? È ovvio che
altri concetti sono stranamente assenti dal nostro pur nutrito
vocabolario italiano che, almeno nella versione Treccani comprende
circa 800.000 lemmi, anche se poi ne usiamo solo 7.000 nel linguaggio
corrente (250 se siamo olgettine).
Prendiamo
per esempio la cositopatìa,
ovvero quella sottile disfunzione psicologica che spinge chi ne è
affetto a considerare le cose, inanimate e animate, solo sotto
l'angolo della loro cosità, trascurandone tutti gli altri aspetti.
Es.: per un cositopata, una pala dipinta da Piero della Francesca è
un pezzo di legno ricoperto da pigmenti colorati, mentre Carlo Rubbia
è un insieme di materie organiche semoventi.
Nota
bene: mai confondere cositopatìa e cositofilìa!
Mentre la cositopatia è la malattia che impedisce di vedere al di là
della cosità delle cose, la cositofilia è definibile come l'eccessivo
attaccamento a quella stessa cosità. Comportamenti tipici del
cositofilo sono il collezionismo, il feticismo, lo shopping
compulsivo, l'accumulo di oggetti inanimati (o, se animati, ridotti
allo stato di cose —
vedi olgettine),
l'attraversamento col rosso di un trafficatissimo incrocio urbano
provocato dall'incontrollabile ammirazione per una Flavia Coupé
Pininfarina del '64 che passa di lì per caso (con conseguemente
spetasciamento corporeo da parte di un tram), ecc. Ovviamente in caso
di cositofilia acuta è consigliabile rivolgersi a uno specialista di
malattie cositologiche.
Al
contrario, esiste la cositofobìa,
altra malattia che può diventare grave se non curata. Cositofobi
sono gli eremiti, gli anacoreti, gli asceti, i cenobiti, i monaci di
clausura e tutti coloro che celano la loro paura delle cose (e/o della
loro cosità) dietro paraventi di nobili princìpi, cadendo in uno
stato di perenne cositopatìa.
Altro
concetto fondamentale è il cositismo,
ovvero quella scuola di pensiero che attribuisce alla cosità un
valore trascendente e pseudo-scientifico, fino a farne un'ideologia.
Il cositismo, alla stessa stregua di tutti gli -ismi (comunismo,
fascismo, spiritualismo, ecc.) può diventare estremamente pericoloso
quando viene eretto a verità assoluta (cosciente, ma il più delle
volte incosciente), oppure, il che è ancora peggio, a dottrina.
Basti pensare alla base ideologica del capitalismo moderno, che altro
non è che una sorta di estremizzazione del cositismo, tendente a far
credere a noi tutti che l'importante nella vita è acquistare,
possedere, accumulare e consumare cose alla cosità delle quali
vengono attribuite qualità trascendentali (il che costituisce un
ossimoro tanto ovvio quanto fuorviante).
Più
lieve dal punto di vista patologico è la cositomanìa,
affezione blanda, ma che, se non tenuta sotto controllo, rischia poi
sempre di trasformarsi in cositopatia. Dicesi cositomaniaco colui che
si circonda di piccole cose inutili che lo attraggono per la loro
cosità, indipendentemente da ogni considerazione estetica o
utilitaria. Il cositomaniaco non cerca un'affermazione sociale, né
un'intima sicurezza, né tantomeno una soddisfazione estetica
nell'accumulo di cose: le accumula semplicemente perché è incapace
di non accumularle. Nota bene: il cositomaniaco non sempre può dirsi
affetto da cositopatia, visto che talvolta riesce a vedere al di là
della cosità delle cose. Ma per lui non è la cosità che conta,
bensì la cosa.
Mi
accorgo però che, pur avendo citato la cositologia, non ne ho ancora dato
una definizione soddisfacente. E allora eccoècquà: dicesi
cositologia la scienza che studia la cosità delle cose attraverso
l'esame delle loro strutture atomiche, del loro aspetto, della loro
consistenza e di tutti gli aspetti materiali che le definiscono.
E
va bene. È chiaro che potrei andare avanti parlando di scuole di
pensiero cositista, o esaminando gli elementi cositisti della
filosofia platonica o dell'esoterismo ebraico. Ma non ne sento il bisogno. So che ora che ti ho messo nel cervello l'idea di cosità non te ne sbarazzerai così facilmente. Anzi, già ti stai chiedendo come parlarne ad altre persone e già ti chiedi come tradurre cosità per quel tuo amico francese (chosité), per quella tua collega guatemalteca (cosidad), o per la colf filippina che paghi in nero e che parla solo inglese (thingness).
E poi, per dirti tutta la verità,
sono ormai quasi le 9 e non vorrei che le mie due bariste preferite,
Natàlia e Fabiola (giuro che è vero) incominciassero a preoccuparsi
della mia assenza. Quindi ti saluto e vado a farmi il mio solito caffé
mattutino.