Sangue umano (400x)
Un amico ha pubblicato sulla sua pagina Facebook due brevi testi, che riproduco qui. Il primo è di una certa Lorella Presotto.
"Gentile signora Kyenge,
mi scuso, ma non riesco a chiamarla Ministro, non per razzismo come molti possano essere indotti a pensare, ma per criterio.
Non posso chiamare Ministro chi si dichiara a metà tra il mio paese ed un altro, mentre ha giurato fedeltà alla mia Costituzione.
Non accetto che lei parli a nome mio e dei miei concittadini definendoci "meticci". Io sono di generazioni italiana, nel mio albero genealogico ci sono persone che hanno dato la vita per questo paese, ho una cultura, la mia, quella del mio popolo, che amo e che non voglio cambiare con nessun altra.
Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini.
Io e il mio paese siamo tutt'uno. Lei ben sapendo di non appartenere completamente a questo paese ha espresso un giuramento sulla mia Carta , offendendola, perché lei stessa ha dichiarato di non sentirsi completamente italiana.
Non avrebbe dovuto farlo gentile signora Kyenge, solo per rispetto verso la mia gente che ha sempre accolto tutti con amore e solidarietà. Oggi lei forte dei poteri che le sono stati dati, e non dal popolo italiano, tuona possentemente che serve una nuova legge in materia di immigrazione; imperativamente lei afferma che serve il riconoscimento dello ius soli... ma forse le è sconosciuta quella parte del diritto millenario, conquistato con il sacrificio di molte vite umane, per cui non è sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza.
mi scuso, ma non riesco a chiamarla Ministro, non per razzismo come molti possano essere indotti a pensare, ma per criterio.
Non posso chiamare Ministro chi si dichiara a metà tra il mio paese ed un altro, mentre ha giurato fedeltà alla mia Costituzione.
Non accetto che lei parli a nome mio e dei miei concittadini definendoci "meticci". Io sono di generazioni italiana, nel mio albero genealogico ci sono persone che hanno dato la vita per questo paese, ho una cultura, la mia, quella del mio popolo, che amo e che non voglio cambiare con nessun altra.
Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini.
Io e il mio paese siamo tutt'uno. Lei ben sapendo di non appartenere completamente a questo paese ha espresso un giuramento sulla mia Carta , offendendola, perché lei stessa ha dichiarato di non sentirsi completamente italiana.
Non avrebbe dovuto farlo gentile signora Kyenge, solo per rispetto verso la mia gente che ha sempre accolto tutti con amore e solidarietà. Oggi lei forte dei poteri che le sono stati dati, e non dal popolo italiano, tuona possentemente che serve una nuova legge in materia di immigrazione; imperativamente lei afferma che serve il riconoscimento dello ius soli... ma forse le è sconosciuta quella parte del diritto millenario, conquistato con il sacrificio di molte vite umane, per cui non è sufficiente risiedere in un paese per averne di diritto cittadinanza.
Lei pretende
diritti, senza offrire solidarietà, senza obblighi, anzi lei pretende
che quel principio giuridico che dice "ove vi è un diritto vi è sempre
un obbligo" di colpo venga smembrato dotando una parte di soli diritti
ed un'altra di soli obblighi.
Io non ci sto signora Kyenge. Lei non mi rappresenta e non mi rappresenterà mai. Io non l'ho votata signora Kyenge; io amo la mia cultura, le mie tradizioni e non mi interessa che vengano integrate da altre, posso accettare di conoscerle, apprezzarle e rispettarle, ma pretendo la stessa contropartita.
Non si rispetta un popolo imponendogli un'invasione indiscriminata; non si può chiamare etica una sbilanciamento a favore di una singola parte.
Ci pensi signora Kyenge, le sue dichiarazioni hanno gettato un'ombra sulla storia di questo paese, lei non potrà essere di aiuto per gli italiani, tanto meno per gli immigrati."
Io non ci sto signora Kyenge. Lei non mi rappresenta e non mi rappresenterà mai. Io non l'ho votata signora Kyenge; io amo la mia cultura, le mie tradizioni e non mi interessa che vengano integrate da altre, posso accettare di conoscerle, apprezzarle e rispettarle, ma pretendo la stessa contropartita.
Non si rispetta un popolo imponendogli un'invasione indiscriminata; non si può chiamare etica una sbilanciamento a favore di una singola parte.
Ci pensi signora Kyenge, le sue dichiarazioni hanno gettato un'ombra sulla storia di questo paese, lei non potrà essere di aiuto per gli italiani, tanto meno per gli immigrati."
Il secondo testo, sotto forma di post scriptum, è di Stefano Davidson.
"Gentile
Signora Kyenge, io ho vissuto in Kenya ed ho avuto numerose esperienze
in altri Paesi Africani (nord, centro e sud). In nessuno di essi ho mai
trovato un centesimo della disponibilità e della tolleranza nei
confronti del "msungu" italiano che gli immigrati di tutto il mondo in
un modo o nell'altro trovano in Italia a partire dall'atteggiamento nei
loro confronti tenuto dalle istituzioni. Questo mio intervento al
termine della lettera soprascritta vuole unicamente sottolineare come
ciò che la gran parte di coloro che arrivano in Italia e pretendono sia
dal nostro Paese che dal nostro popolo, a casa loro spesso non lo
trovano riservato nemmeno per loro stessi, figuriamoci per chi nei loro
Paesi arriva per lavoro o per aprire un'attività.
Ovviamente non entro nei particolari per evitare alla lettera di diventare chilometrica e di assumere toni esageratamente polemici."
Ovviamente non entro nei particolari per evitare alla lettera di diventare chilometrica e di assumere toni esageratamente polemici."
Poiché, una volta tanto, quanto precede è scritto in un italiano corretto e in maniera relativamente pacata, ho voluto cercare di rispondere sullo stesso tono.
Cari Lorella Presotto e Stefano
Davidson,
anch'io ho avuto numerose esperienze
lavorative in varie parti dell'Africa e anch'io mi sono sentito
chiamare msungu, toubab,
o mundele, cioè bianco, a seconda dei Paesi. Avendo
vissuto più di trent'anni (la maggior parte della mia vita adulta)
in Francia mi sono spesso sentito chiamare rital
(italiano), o macaronì,
e non è raro che mia moglie, sarda, mi chiami ciuccianebbia.
Sono italiano, anche se ho un quarto di sangue tedesco. Intorno ai
trent'anni ho preso la cittadinanza francese, perdendo l'italiana,
che ho recuperato tre anni fa, sempre mantenendo la francese. Ho
quattro nipoti: due hanno sangue per metà francese, per un quarto
americano, per tre sedicesimi italiano e per un sedicesimo tedesco;
gli altri due hanno sangue per metà indiano, per un quarto francese,
per tre sedicesimi italiano e per un sedicesimo tedesco. Questi
ultimi due, visti con occhi europei, sono somaticamente chiaramente
indiani, mentre visti con occhi indiani sono altrettanto
automaticamente europei.
Culturalmente è tutta un'altra storia:
i primi due sono di sicuro (per il momento) più francesi che
americani, italiani o tedeschi; gli altri due sono decisamente
franco-indiani, più che italiani o tedeschi. Ma nessuno può dire
oggi cosa saranno tra trenta o quarant'anni.
Tanto per citare due esempi, il grande
poeta russo Puskin era a metà eritreo, mentre la nonna di Alexandre
Dumas era una schiava nera che i padroni chiamavano la
femme du mas, ovvero la donna della masseria. Altri due facili
esempi sono quelli di due Segretari di Stato americani, Zbigniew
Brzeziński,
polacco, che diventò americano a trent'anni e Henry Kissinger, ebreo
ashenazita di nazionalità tedesca, che lo diventò a venti.
Negli
anni, non ho mai conosciuto nessuno che, avendo preso una seconda
nazionalità, oppure cambiato nazionalità, si sia mai scordato di
quella d'origine. Che la ministra Kyenge si dichiari a metà tra il
nostro paese e un altro, per riprendere la frase usata da Lorella, mi
sembra la cosa più naturale del mondo. Il contrario mi sembrerebbe
estremamente stupido, se non sospetto. Peraltro nella mia famiglia
c'è anche un altro indiano, che fu adottato a otto anni dai genitori
italiani e che ovviamente si considera sia italiano che indiano.
Non
vedo che problema ci possa essere con Cécile Kyenge. È italiana?
Sì, perché ha un passaporto italiano, oltre a vivere e lavorare in
Italia, aver sposato un italiano e avere figlie italiane. È
congolese? Sì, perché è di genitori congolesi e perché è in
Congo che ha passato infanzia e adolescenza.
E
allora? Dovrei forse essere più infastidito dalla sua pelle nera che
dai capelli biondi di Josefa Idem (che vinse una medaglia d'oro e una
di bronzo ai campionati mondiali per la Nazionale italiana due anni
prima di diventare cittadina italiana), o dall'accento tedesco di
vari altri campioni olimpionici e mondiali, o di certi uomini
politici di origine altoatesina? Dov'è la linea di demarcazione?
Cosa rende “uguali” un pastore della Basilicata e un
cardiochirugo piemontese (o viceversa)? Cosa rende “diversi” il
Grande Rabbino di Roma e Camillo Benso Conte di Cavour, che era a
metà clavinista ginevrino? Tra l'altro mi viene in mente che una
ventina d'anni fa il Cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, era un
ebreo ashenazita, mentre l'ex Presidente Sarkozy è figlio di Pál
István Ernő Sárközy de Nagy-Bócsa, aristocratico ungherese
naturalizzato.
Oso
sperare che il problema non sia quello del colore della pelle. Ma,
ripeto, dov'è la linea di demarcazione? Lo sono i genitori? I nonni?
I bisnonni?
Mi
pare di capire che Stefano si sia spesso sentito rifiutato, come
bianco, in Africa. Perdinci! Ma davvero credevi che il razzismo fosse
un'esclusività europea? Posso assicurarti che bigotti, cretini e
ignoranti ne ho incontrati in tutte le parti del mondo, Africa
compresa. Ho visto le reazioni dei passanti quando mi sono trovato ad
andare in giro per Dehli con degli amici del Mali. Ho sentito dei
mauritani parlarmi con disprezzo dei senegalesi, degli zulù che
dicevano del male degli xhosa, degli amara che dicevano peste e corna
degli oromo, dei dominicani che detestavano gli haitiani e dei
thailandesi che disprezzavano i laotiani. E allora? Erano le stesse
bassezze dei lombardi della mia infanzia che chiamavano terroni
tutti quelli che venivano dal sud di Roma (o di Firenze...).
Oggi
abbiamo un ministro italo-congolese, o congoleso-italiana, come
volete. Abbiamo avuto tre Presidenti della Repubblica sardi (Segni,
Saragat e Cossiga). Provate a chiedere a un sardo se si sente più
italiano o più sardo: nove volte su dieci la risposta sarà “più
sardo”. Cosa è meglio? Avere una ministra nata e cresciuta in
Congo o un ministro come l'italianissimo Umberto Bossi, che dichiarò
“il tricolore lo uso per pulirmi il culo”?
Scrive
Lorella: “Sono stanca di sentirmi straniera a casa mia; di dovermi
giustificare per le mie tradizioni; di dover continuamente
sopportare, tollerare che l'ultimo arrivato, che nemmeno possiede una
goccia del mio sangue, mi venga ad impartire ordini”. Posso solo
dire che Cécile Kyenge possiede il 100% del mio sangue, perché
apparteniamo entrambi alla specie umana; che il sangue dei cittadini
italiani è, secondo le regioni, pieno di sangue degli etruschi
venuti dall'Asia, dei fenici venuti dal medioriente, o dei berberi
venuti dall'Africa del nord; che non vedo in cosa le differenze
culturali tra me e un altro possano spingermi a “giustificarmi per
le mie tradizioni”.
Posso
solo dire che Cécile Kyenge possiede il 100% del mio sangue, perché
apparteniamo entrambi alla specie umana; che il "nostro" sangue italiano rigurgita, a seconda delle regioni, di globuli bianchi e rossi provenienti da etruschi venuti dall'Asia, da fenici venuti dal
medioriente, o da berberi venuti dall'Africa del nord; che non vedo
in cosa le differenze culturali tra me e un altro possano spingermi
a “giustificarmi per le mie tradizioni”; che gli ordini non li accetto da chiunque non
abbia diritto di darmene e che fino ad oggi mai un immigrato me ne ha
dati, mentre so di centinaia di migliaia di italiani che ne hanno
dati a milioni di etiopi, eritrei, somali e libici.
Credo
abbia ragione Lilian Thuram, l'ex-calciatore del Parma, quando dice
che “neri si diventa”. Lo si diventa quando si scopre che gli
altri ti appiccicano sulla fronte quell'etichetta lì.
Tutt'altro
è ciò che uno decide di diventare. Cécile Kyenge ha deciso di
diventare italiana e questo diritto le è stato riconosciuto dalle
nostre leggi. L'assenza di accordi di binazionalità tra Italia e
Repubblica Democratica del Congo le ha fatto perdere la sua
nazionalità di origine. Cambiare la propria nazionalità significa
aderire al nuovo Paese di cui si vuol far parte. Perdere una
nazionalità significa sentirsi amputato di un diritto (lo so per
esperienza). Rifiutare la dignità della piena nazionalità e del
diritto di esercitarla in tutti i suoi aspetti a qualcuno che prima
ne aveva un'altra, non solo mi pare profondamente errato, ma mi fa
dubitare delle ragioni di chi si proclama fedele a una Costituzione
di cui poi dimentica lo spirito e la lettera. Sentir parlare di
“invasione indiscriminata” come lo fa Lorella a proposito
dell'arrivo di stranieri in Italia mi imbarazza, come italiano,
quando so che la metà della popolazione argentina è di origine
italiana e che noi italiani siamo partiti a milioni verso la
Germania, la Svizzera o gli Stati Uniti nell'ultimo secolo, spesso
non chiedendo di meglio che ottenere le cittadinanze locali. Pochi
popoli europei (irlandesi a parte) hanno “invaso” il mondo quanto
il nostro. Frank Sinatra (figlio di Natalia Della e Antonino Martino
Sinatra), Joe DiMaggio (nato Giuseppe Paolo DiMaggio), Rudy Giuliani
(figlio di Angelo Giuliani e Elena D'avanzo), Fiorello LaGuardia, Ann
Bancroft (nata Anna Maria Luisa Italiano), Madonna (nata Madonna
Louise Ciccone), Dean Martin (nato Dino Paul Crocetti), Enrico Fermi,
Frank Capra (nato Francesco Rosario Capra): tutti italiani emigrati,
diventati poi americani, come milioni d'altri. Perdio!, l'unico
sopravvissuto alla battaglia di Little Big Horn si chiamava Giovanni
Martino ed era nato a Sala Consilina, in provincia di Salerno!
Mi
imbarazza anche ciò che dice Stefano: “la gran parte di coloro che
arrivano in Italia e pretendono sia dal nostro Paese che dal nostro
popolo, a casa loro spesso non lo trovano riservato nemmeno per loro
stessi, figuriamoci per chi nei loro Paesi arriva per lavoro o per
aprire un'attività”. Sembri scordarti che il Congo è una dittatura de facto con ampie parti del territorio nazionale in
guerra civile.
Vuoi che ci mettiamo sullo stesso piano?
Mio
padre, nato Rudolph Augustin Schuster, era italiano. Come Cécile
Kyenge.