Non essere impaziente: il significato dell'immagine lo scoprirai leggendo
Tipica
prima colazione. Ho il computer aperto e ascolto France
Inter, la radio pubblica
francese. Mentre addento le mie fette di pane con burro di
arachidi e marmellata
sorseggiando tè indiano, sfoglio le
prime pagine di vari quotidiani italiani e stranieri,
leggiucchiandomi qualche mezzo articolo. Poi guardo se qualcuno che
non si chiami Amazon o Zalando mi ha scritto, nel qual caso leggo la
posta, e infine vado su Facebook. Lì, oltre a trovare cosette varie
postate da amici in giro per il mondo — in particolare
link verso altri articoli di altri giornali — vedo anche
(troppe) pubblicità, (troppe) fesserie e qualche segnalazione più o
meno interessante da gruppi e/o compagnie e istituzioni che seguo.
Tra queste c'è TED, che organizza conferenze spesso interessanti, ma
che certe volte, come stamattina, mi manda a sua volta dei link verso
altri articoli.
L'articolo
che mi viene segnalato oggi
è intitolato Lo strano comitato che in Islanda approva o
rifiuta i nomi dei neonati. Non
so come reagiresti tu, ma davanti a un titolo del genere io non
resisto: leggo.
Scopro
così che nell'esotica,
ancorché gelida, Islanda i
tamarri
di servizio non possono
chiamare il figlio Elvis o la figlia Deborah con l'h finale. Devono
scegliere tra le 1.888 possibilità di nomi maschili e le 1.991 di
nomi femminili approvate dal Mannanafnanefnd,
il Comitato dei Nomi di
Persona, autorità suprema che è lì per assicurarsi che nessun
islandese si possa chiamare Elvis o Deborah
con l'h finale.
Incuriosito,
vado su Google e scrivo icelandic names.
Mi si apre allora una pagina un po' generica, nordicnames.de,
il cui suffisso de mi
indica chiaramente che si tratta di una roba tedesca, anche
se per fortuna il sito è in inglese.
Sulla sinistra della pagina c'è una lista di bottoni cliccabili che
riguardano via via i nomi danesi, faroesi (cioè delle Isole Fær
Øer), finlandesi, groenlandesi, islandesi, norvegesi, sami (cioè
lapponi) e svedesi. C'è poi un ultimo bottone, Altri nomi
nordici, cliccando sul quale
scopro altre otto eterogenee possibilità: nomi vichinghi, nomi di
neonati nordici, statistiche dei nomi nordici, cognomi nordici,
vecchi soprannomi norvegesi, nomi di Astrid Lingren (che è l'autrice
di Pippi Calzelunghe), nomi IKEA e infine premi nobel nordici.
Turbato dall'aspetto un po' confuso di questa pagina, decido di
rimandare a più tardi il probabilmente affascinante studio dei nomi
IKEA e torno alla pagina precedente, dove clicco risolutamente sui
nomi islandesi. Eccomi su una
nuova pagina. Potendo scegliere tra nomi maschili e nomi femminili,
scelgo i secondi e da lì vado direttamente alla lettera D. Qual'è
il primo nome islandese che mi appare? Debora! Sì, vabbè, senza l'h
finale, ma pur sempre Debora!
Ohibò,
mi dico, vuoi vedere che Debora è un nome islandese? Clicco su
Debora. Anzi, esito un istante perché non c'è solo Debora, c'è
anche Debóra. Cosa devo fare? Dò un'occhiata rapida al secondo e
scopro che Debóra è solo la forma islandese di Debora.
Uff, l'ho scampata bella.
Clicco
su Debora. E leggo: forma nordica dell'ebraico דְּבוֹרָה,
(Deborah) = ape.
Basito
dal fatto che un personaggio biblico abbia portato lo stesso nome del
noto semovente a tre ruote della veneranda ditta Piaggio, non resisto
alla tentazione di cercare Deborah su Wikipedia. Dopo tutto, mi dico
donabbondianamente, Deborah, chi era costei?
Prima
di tutto scopro che quel nome, che diventerà Δεββωρα
(Debbora)
in greco e Debbora in latino, ha lo stesso significato di Melissa,
che però viene dal greco μέλισσα
(mèlissa), a sua
volta derivato da μέλι
(mèli), miele, dal
quale derivano anche Pamela e Mellito, che però hanno origini molto
diverse, visto che Pamela è un nome inventato alla fine del '500
dallo scrittore inglese Philip Sidney a partire dai lemmi greci παν
(pan, "tutto")
e μελι (meli,
"miele") per significare “tutta dolcezza.”
Poi vedo che Debora
significa “colei che dà miele”, il
che è una bella cosa. Vedo
anche che ben due personaggi biblici si chiamavano Deborah, una
profetessa e una serva di Rebecca, che come tutti sappiamo era la
moglie d'Isacco nonché la madre di Giacobbe.
Sconvolto
dal fatto che i membri del pur onorabile Mannanafnanefnd
possano considerare Debora, o
comunque Debóra, come
nome tradizionale islandese, decido coraggiosamente di cercare Elvis.
E lo trovo! Anche Elvis è considerato islandese, tant'è che fa
proprio Elvis al nominativo, all'accusativo e al dativo, mentre
diventa Elvisar al genitivo. Echecacchio!
Voglio
saperne di più. Scopro che l'etimologia di Elvis è incerta. C'è
chi lo fa derivare dall'antico norvegese Alviss, onnisciente,
derivato a sua volta dal germanico alla
(intero) e dall'antico norvegese viss,
saggio; c'è però chi lo fa derivare dall'inglese Elwin,
che verrebbe a sua volta da
Ælfwine, che deriverebbe o
dal protonorvegese albiz (elfo,
essere soprannaturale)
e dal germanico winiz
(amico), oppure dal più
recente Æðelwine, dal germanico adal
(nobile), unito al già citato winiz.
Piacevolmente
sorpreso da queste scoperte che arricchiscono la mia cultura generale
di elementi così indispensabili, torno alla lista generale dei nomi
islandesi e tanto per curiosità do un'occhiata a quelli che
incominciano per A. Fermi tutti! Trovo Akira!
Ma
come Akira? Ma Akira non era il nome di Kurosawa? Vuoi vedere che ho
sempre confuso il cinema giapponese con quello islandese?
Clicco
su Akira e vedo che viene proprio dal giapponese 昭/明
(akira,
luminoso), oppure da 亮
(akira,
chiaro), che è un po' la stessa cosa, ma non importa. Vedo anche che
il venerabile Mannanafnanefnd
l'ha accettato come nomle
islandese… femminile (!) il 29 novembre del 2013. Incuriosito, vado
sul sito del Mannanafnanefnd,
dove lo trovo effettivamente,
tra Agneta e Alanta, ma senza nessuna spiegazione.
A
questo punto sono molto turbato. Perché mai Akira è diventato un
nome islandese? Perché è diventato femminile?
Cerco
Akira su Wikipedia.
Pare che in giapponese sia sia maschile che femminile. Scopro anche
che Akira è un cantante, attore e ballerino del gruppo pop Exile,
che è il titolo di un manga cyberpunk di Katsuhiro Ōtomo, di un
videogioco della Nintendo e di una classe di astronavi in Star
Trek. Con rammarico, scopro poi
che il nome Akira è adespoto.
E
secondo te cosa fa uno quando scopre un nome adespoto? Si precipita
sul vocabolario Treccani per vedere cosa cacchio voglia dirte
adespoto:
adèspoto
(raro adèspota)
agg. [dal gr. ἀδέσποτος «senza padrone», comp. di ἀ-
priv. e δεσπότης «padrone»], letter. – Propr., senza
padrone, e quindi senza nome di autore, anonimo: codice,
frammento
adespoto.
A
questo punto dalla quantità
e dalla qualità delle cose che ho imparato in una sola mattina.
La
mia
prima colazione è finita da un bel po'. Mi sono anche fumato una
sigaretta e poi mi sono pure pappato una (succosa) pera. Sono quasi
le 9, cioè tardissimo. Sento
l'imperioso bisogno di agire. Mò vado
a farmi una doccia e a strigliarmi la dentizione, poi
andrò a comprarmi il giornale con il quale, come ogni mattina, mi
siederò al mio caffè
preferito sorseggiando
l'espresso preparato da Marilena.
Noi pensionati abbiamo vite
trepidanti.